La seta per riparare il corpo umano
19 Set 2018

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CONVIVIALE DEL 19 SETTEMBRE 2018


Antonio Alessandrino presenta la sua start-up: “Silk Biomaterials "

 

Nell'immagine: Antonio Alessandrino con Angela Corengia


Antonio Alessandrino è uno dei tanti giovani (anche se lui smentisce, “ho già 42 anni, tra i più vecchi di ComoNext”) che nello stimolante incubatore di Lomazzo ha attivato la sua start-up.

La sua esposizione è brillante e dinamica: a 18 anni, dopo un incidente a una caviglia, avrebbe dovuto sottoporsi, a giudizio del traumatologo, a due interventi a distanza di un anno su entrambe le caviglie. Non fu mai operato, perché da allora cominciò a pensare come risolvere il problema diversamente. Così abbandona l’idea di affiancare il padre nello studio di commercialista e si iscrive a Ingegneria dei materiali al Politecnico di Milano. Affascinato dalle possibili applicazioni della tela di ragno, devia, per la tesi, sulla seta per la “riparazione” dei legamenti crociati. Il filo di seta è stato poi al centro del dottorato.  

Dopo l’esperienza, come ricercatore, nella “Stazione sperimentale della seta”, collabora con due aziende in settori diversi, prima di fondare, nel 2014 la “Silk Biomaterials” a ComoNext.

Il suo progetto vuole arrivare agli investitori, quindi serve prima di tutto un team credibile. Oltre a un Bio-scienziato – il dottor Giuliano Freddi -, “arruola” per il settore amministrativo il dottor Gabriele Grecchi – MBA – e l’ingegnere gestionale Lorenzo Sala, esperto di percorsi di certificazione biomedicale. Si passa poi alla definizione della tecnologia per la trasformazione della “materia prima”, la fibroina di seta, che ha proprietà chimiche di aderenza alle cellule, stimolandone le reazioni. Infine va identificato il mercato, con un’attenta analisi di tutte le applicazioni. Nella chirurgia cardiovascolare non esistono protesi sintetiche, si deve procedere quindi con auto-trapianti. Dirottare un chirurgo sulla fibroina di seta è complicato, perché se non funziona il paziente muore. Alessandrino opta quindi per le arterie periferiche degli arti, dove già in casi estremi si deve amputare senza mettere in pericolo la vita del paziente.

Tendini e legamenti sono più complicati, perché ogni applicazione deve essere specifica; i nervi periferici sono invece un’altra buona possibilità di utilizzo, partendo da quelli digitali che saranno a breve sperimentati in Svizzera sull’uomo. Le applicazioni scelte hanno molti vantaggi, compresa la voglia di sperimentare di medici e pazienti: per questo sono stati identificati questi due mercati per la ricerca di investitori, con una raccolta di fondi lusinghiera (oltre 7 mil. di euro) e partner come la Fondazione Veronesi. Fondamentale la qualità: per proporre i progetti si è ottenuta la certificazione per ogni fase della filiera.

Sono stati acquisiti macchinari per circa 600.000 euro, per effettuare direttamente all’interno dell’azienda molti passaggi, dimezzando i tempi di un normale centro di ricerca ; l’allestimento è durato sei mesi.

Le slide mostrano quindi i “prodotti”: tubicini, apparentemente di tessuto, delle protesi vascolari, che – innestate – simulano l’arteria naturale, sono in grado di dilatarsi e contrarsi e ne favoriscono la ricostruzione, sino a che la seta poi viene riassorbita. Le sperimentazioni svolte al Mario Negri di Bergamo ed in un centro di ricerca specializzato in Francia, hanno dato esiti positivi, senza alcuna stimolazione di risposte immunitarie.

Il nervo periferico ha la medesima struttura, con un’aggiunta per aumentare la resistenza a compressione senza intaccare l'elasticità: nelle sperimentazioni, in due settimane si è rigenerato il nervo e a sei mesi si riprende la capacità di movimenti volontari con gli stessi risultati di un trapianto autologo e con la medesima forza.

Ora si stanno studiando altre applicazioni: fibre per farmaci chemioterapici “mirati”, innestate in fase chirurgica per il tumore alla vescica, che consentono un rilascio graduale del farmaco; peptidi che stimolano la rigenerazione dell’osso (per i denti ad esempio); ancora: altre per protesi ortopediche (anca) con possibilità di rilascio di antibiotici e quella da cui Antonio è partito, il legamento crociato.

Agli interventi, Alessandrino replica che i fondi raccolti consentono di proseguire la sperimentazione, per poi passare al processo pre-produttivo che necessiterà tuttavia di altre risorse. L’obiettivo finale è cedere i brevetti, con varie formule che prevedono anche la quotazione in borsa.

Le altre tecnologie in fase di sviluppo seguono la medesima procedura, stanno per esempio iniziando applicazioni per la cuffia dei rotatori.

Tutta la sperimentazione è esterna, con centri specializzati in Francia e Svizzera. In italia tutto è un po’ più complicato dagli iter burocratici.

Non ci sono sinergie con il grafene, perché il carbonio, testato, non da risultati soddisfacenti, provocando anche differenziazioni nel DNA. Il Goretex non è funzionale per i tessuti, contrariamente alla seta che ne stimola la rigenerazione prima che la fibroina “sparisca” senza necessità di rimozione.

La fase sperimentale sull’uomo, che inizierà entro l’anno per i nervi periferici, durerà anche meno di quindici mesi e sarà poi necessario uno studio clinico ulteriore.

In Cina la start-up ha depositato un brevetto; la loro ricerca (per quel che si sa) è buona per i vasi sanguigni; più avanti il Giappone. Il maggiore concorrente per Silk Biomaterials è un centro nella zona di Boston con sessanta ricercatori ed enormi risorse finanziarie.

Davvero coinvolgente la relazione di Alessandrino, che ci travolge, oltre che per l’interesse dell’argomento, con le sue capacità comunicative e l’entusiasmo.

Si è parlato di giovani e di futuro, un futuro anche per l’innovativa applicazione di un materiale, la seta, che ha fatto la storia dell’industria comasca.

Angela Corengia

 

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