“L'autismo oggi" e il progetto del Gruppo Lario del Rotary
28 Feb 2018

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RIUNIONE DEL 28 FEBBRAIO 2018


L'esperienza del dottor Massimo Molteni, direttore dell'Istituto scientifico E. Medea de "La nostra Famiglia" di Bosisio Parini


Nell'immagine: Marco Missaglia, Massimo Molteni e Michele Tomaselli

 

Michele Tomaselli, dopo aver ricordato i brillanti successi di Roberta Di Febo e Salvatore Amura citati in apertura, cede la parola a Marco Missaglia, del R.C. Erba, promotore del “progetto autismo” cui anche il nostro club ha partecipato. Missaglia riassume l’attività, giunta ormai al terzo anno, di promozione di corsi di formazione per insegnanti delle scuole dell’infanzia e primarie per l’individuazione precoce di bambini con disturbi dello spettro autistico. È un problema sempre più presente, c’è la collaborazione del Provveditorato per gli aspetti organizzativi e gli insegnanti aderiscono con grande partecipazione (ne sono già stati formati circa 600 e altri 450 hanno risposto per i prossimi corsi). Cede quindi la parola, introducendolo, al relatore, il dottor Massimo Molteni, direttore sanitario dell’istituto Eugenio Medea, la sezione scientifica de “La Nostra famiglia” di Bosisio Parini, un’eccellenza lombarda specializzata in psichiatria infantile.

L’autismo non è una malattia: le persone con autismo hanno deficit d’attenzione, di comunicazione, di comportamento, conseguenti a problemi neurobiologici complessi, di cui si sa ancora poco; la ricerca, affascinante sotto il profilo scientifico, parte dall’osservazione quotidiana. È un fenomeno non raro (in Italia né è colpito 1 bambino ogni 100/120) e la difficoltà di raccolta dei dati è costituita proprio dalla molteplicità di situazioni, non catalogabili. Quello che si è accertato è che colpisce maggiormente i maschi (il rapporto è di 4/5 a 1) e chi ha un figlio autistico, ha maggiori probabilità di averne altri.

Non esiste cura, il loro modo di essere li accompagnerà per tutta la vita: il problema è sanitario, ma soprattutto sociale. Concentrandosi nelle fasi iniziali della vita, si possono costruire premesse perché gli autistici riescano a vivere nella complessità delle relazioni il più a lungo possibile.

Chi ne è soggetto non è in grado di collegare tra loro le informazioni che i bambini di solito decodificano dall’ambiente, o lo fa in maniera scoordinata; sta nella realtà in modo disordinato, non armonicamente, con diversi gradi di ipersensibilità che possono provocare apprendimenti rigidi, ripetitivi. Tutto ciò costituisce un problema che colpisce con modalità diverse e difficilmente integrabili nel contesto sociale, che prevede un mondo tutto connesso e flessibile. Gli autistici hanno anche altre caratteristiche o patologie, con un’intelligenza più o meno viva (alcuni sono veri e propri geni o hanno abilità straordinarie); non più del 40% ha un problema di natura cognitiva. Talvolta, non riuscendo ad esprimersi, diventano aggressivi e ciò comporta ulteriore isolamento. Intervenire nei primi anni di vita (attorno ai 24/30 mesi), con una diagnosi precoce, diventa importante per capire come poter comunicare.

L’equipe del dottor Molteni vede un nuovo caso al giorno (250 l’anno). Le famiglie vivono drammi emotivi e hanno molte difficoltà a gestire le situazioni che si vengono a creare, soprattutto di tipo assistenziale. La formazione richiede continui aggiornamenti, gli operatori sono pochi e ancora meno le risorse: il bambino viene seguito mediamente 8 ore al giorno (contro le 15/17 all’estero), per 50 settimane, per un minimo di 2/3 anni: in termini economici un investimento notevole. La Regione garantisce assistenza sino a 6 anni, perché poi i bambini dovrebbero iniziare ad essere integrati nella scuola, in teoria sino a 18 anni. La situazione è quindi drammatica: non possiamo pensare a una società che escluda chi non ce la fa.

Tomaselli apre gli interventi, rilevando come anche in questo caso “l’Inclusione” sia fondamentale e necessaria.

A Carli Moretti e Tagliabue, Molteni chiarisce che gli autistici con riconosciuta causa genetica sono solo il 16%; l’esame è comunque pressoché impossibile, perché vanno analizzati oltre 2000 geni. Studi di epigenetica dimostrano che fattori ambientali possono modulare il gene, ma è complicato avere risultati attendibili per l’autismo, perché le teorie sono molte ma non dimostrate. Sono stati identificati e definiti certi comportamenti che non si conoscevano, ma tutto procede con molta prudenza.

Caminiti pone l’accento sull’importanza di una diagnosi precoce, che si scontra con i tempi della sanità: chiede quale possa essere una soluzione che porti a una via differenziale. Molteni rileva che la sensibilità nei confronti dell’autismo è cresciuta molto, si stanno sperimentando soluzioni che consentano ai pediatri di avere una sorta di livello di rischio nel bambino e, attraverso una app, di segnalarlo al servizio sanitario, che provvede a visitare nel giro di una settimana. Il colloquio con pediatra e genitori deve poi essere costante, lo screening va inserito nel sistema informativo, la necessità di assistenza non è solo limitata al bambino ma va estesa alla famiglia.

Laura Casati, nostra ex segretaria con un figlio di 28 anni con sindrome di Asperger, fa osservare come le cose non siano, in questi anni, cambiate, soprattutto per quanto concerne le informazioni alle famiglie. Rileva come gli insegnanti di sostegno siano spesso incapaci di gestire un bambino autistico e dopo le elementari ci sia praticamente il vuoto. Il terrore dei genitori è il futuro dei propri figli, il “dopo di noi”.

Concorda Molteni sulla necessità di seguire i bambini con continuità; l’interesse per i corsi per insegnanti attivati in questi anni è elevatissimo, il che fa ben sperare sulla loro adeguata preparazione; ma l’equipe va poi modificata in funzione dell’età e servono attività di formazione per identificare le abilità per un collocamento in ambito lavorativo. Va cambiata la mentalità riferita alla “produttività”, che – ridotta per gli autistici – deve essere riferita al gruppo di lavoro che li include. Naturalmente vanno trovate soluzioni per l’età adulta.

La consigliera regionale Daniela Maroni osserva che la Regione ha fatto molto, stanziando finanziamenti considerevoli, anche per l’inserimento nel mondo del lavoro. Purtroppo molte aziende preferiscono pagare multe anziché asssumere un autistico, bisogna abbattere quindi pregiudizi e barriere mentali.

A Bianchi Longo Molteni conferma l’importanza dello sport in qualsiasi forma di disabilità, in particolare per gli autistici che non hanno handicap motori; proprio per questo, come sottolinea Laura Casati, andrebbero integrati con i “normali”.

Un argomento, (lo sport che include), che prossimamente, anticipa Tomaselli in chiusura, verrà discusso anche nel nostro club.

Angela Corengia

 

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