L’antimafia in Provincia di Como
08 Nov 2017

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RIUNIONE DEL L’8 NOVEMBRE 2017


La relazione del dottor Bruno Corda – Prefetto di Como


Nell'immagine: Michele Tomaselli con il prefetto di Como dottor Bruno Corda



La notizia del riconoscimento ad Alfredo Caminiti da parte di Regione Lombardia per il progetto “Salva un bambino” (v. in apertura), dà l’occasione a Tomaselli di aggiornare sui progetti in corso: Free4life, “Inclusioni” in Cometa, “Lavorare e respirare” di Mario Paterlini, alberi e Giardino sulle mura. Alcune citazioni di Falcone, Borsellino, Riina, Impastato, introducono il nostro socio onorario Bruno Corda.

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L’argomento “mafia” sembra sfuggire alla cultura del nord, come se non ci riguardasse. Negli anni 60/70, le organizzazioni criminali che rapinavano e spacciavano droga erano vissute come estranee alla società civile. Sentenze e inchieste importanti più recenti hanno poi portato alla ribalta il fenomeno, che è ben presente sul nostro territorio da tempo. Le attività di contrasto demandate al Prefetto hanno portato, negli ultimi 4 anni, a 15 interdittività (esclusione di imprenditori sospettati di attività mafiose) sul nostro territorio e, per Expo, a 100 interdizioni. In Provincia sono stati confiscati 31 beni (aziende agricole ma non solo) e consegnati ai Comuni e altri da destinare, la Commissione Antimafia si è occupata anche di Como. Nel 2016 in Provincia solo 4 denunce per usura (in Lombardia 42, 7 a Milano), poche perché non vengono segnalate; 70 per estorsione. Non si può quindi negare l’esistenza della mafia sul nostro territorio, se non per un tentativo di “rimozione” perché è lontana dalla nostra mentalità.

La mafia offre servizi che lo Stato e gli Enti locali non svolgono per inefficienza: le attività di “recupero crediti” sono più veloci di una causa, si basano su intimidazioni. Lo stato di crisi delle aziende è spesso risolto con il ricorso a finanziamenti illegali, in assenza d’interventi del sistema bancario. Questo “aiuto” fa identificare il mafioso a un socio che da una mano temporaneamente, per superare un momento di difficoltà; l’imprenditore pensa di poterlo scaricare quando non serve più, ma in realtà l’obiettivo dell’usurante è di accaparrarsi l’azienda. Tutto ciò consente al sistema mafioso di riciclare il denaro proveniente da droghe e attività illegali e, in seconda battuta, di avere il dominio del territorio. Alla base c’è una sorta di rapporto amicale, che fa privilegiare i piccoli centri di Provincia, al nord ricchi; c’è una logica commerciale che fa accettare i mafiosi come persone perbene.

Un aspetto sociale preoccupante è la reazione della popolazione: non ci sono state denunce, né dagli imprenditori né dai cittadini. Il passaggio di proprietà di alcuni bar in piazza a Cantù, per favorire lo smercio della droga, è in qualche modo passato inosservato, così come il ragazzo che ha girato con una lupara in mano. Più che paura sembra indifferenza, che agevola la penetrazione della mafia nel territorio: se il sopruso non mi riguarda direttamente, lo ignoro. Ma siamo pronti a criticare chi si comporta allo stesso modo al sud, condanniamo l’omertà.

Vanno sviluppati anticorpi, primo tra tutti la legalità, partendo da piccoli comportamenti, perché sul piano della sicurezza ci sentiamo forti. Quotidianamente si adottano condotte di inciviltà, per difesa individuale di privilegi, che vengono sottovalutate (saltare la fila, parcheggiare negli spazi destinati ai disabili ecc.) e lentamente rischiano di diventare consuetudine. E non si deve trascurare il problema “mafia”, il territorio deve reagire in tutti i settori, segnalando i campanelli d’allarme e collaborando con il sistema delle indagini. L’apporto dei cittadini è fondamentale, un valore aggiunto per contrastare il fenomeno; bisogna essere coscienti che, anche dietro persone insospettabili, ci possano essere soggetti mafiosi. Un messaggio rivolto anche al nostro club che va diffuso il più possibile per la difesa della legalità e del territorio.

Apre gli interventi Minghetti, quasi sorpresa della conferma di questo mondo parallelo: ritiene che sia necessaria una rivoluzione culturale, partendo dai bambini. Concorda il relatore, si deve lavorare nelle scuole ma soprattutto in famiglia. Oggi passa il criterio che ai giovani si debba risparmiare tutto e questo inculca l’idea che si possa risolvere un problema deviando; in questo modo vengono giustificati tutti i comportamenti, mentre c’è un solo messaggio da diffondere: la strada diritta. Una tutela eccessiva porta a condotte devianti e causa problemi agli insegnanti, che devono subire le recriminazioni dei genitori.

Dopo un intervento di Di Febo, con una testimonianza personale che rafforza l’idea di alzare il livello di attenzione sui giovani per inculcare il senso del rispetto, a Bordoli Corda precisa che la cooperazione internazionale serve, perché è complicato avere la tracciabilità di quello che succede altrove, soprattutto in Paesi con norme che rendono difficili i rapporti di collaborazione. Gli investimenti immobiliari importanti, in particolare nel settore del turismo, se compiuti con denaro contante di provenienza illecita, sfuggono: è necessario che il sistema bancario vigili costantemente e intercetti le falle.

Botto osserva, pur affermando il suo disaccordo, che i sistemi che si sostituiscono allo Stato (es. il recupero dei crediti) sono comprensibili, perché alla base c’è sfiducia e disperazione. Corda afferma che il discorso è pericoloso, è proprio la giustificazione di una situazione di debolezza che rafforza l’intervento mafioso. Lo sforzo per contrastare il fenomeno deve essere corale, tutti devono fare la loro parte. Lo stato di diritto deve dare garanzie, ma non ci sarà mai giustizia veloce tanto quanto quella mafiosa, quindi bisogna tenere duro invocando la legalità, non ci si può fare giustizia da soli. Oggi c’è una mancanza di fiducia nei confronti di tutto, soprattutto su questioni economiche e sanitarie (es. vaccini). Perché domina l’idea d’inefficienza a beneficio di una convinzione generalista spesso superficiale, che va contrastata.

A Corengia, che rileva come appaia incomprensibile il ricorso al sistema mafioso da parte dell’imprenditore (dovrebbe conoscerne gli effetti), Corda risponde che c’è un aspetto psicologico che rafforza questo comportamento: l’usurato è convinto che l’usurante sia un benefattore (la prova è che sono scarse le denunce per usura). In preda alla disperazione, non vuole perdere quello che ha ed è certo di avere calcolato tutti i rischi e di poterne poi uscire bene: “io sono più furbo, ho scelto le persone migliori, non dei delinquenti”.

Al giornalista Quadroni de La Provincia, Corda chiarisce che lo “stato di salute” della Città è buono, non ci sono tanti fenomeni. È forte l’attenzione sugli appalti in tutti quei settori in cui possono manifestarsi interessi mafiosi; funzionano i sistemi per il controllo della storia delle aziende e delle persone, quindi, pur se convinto che non si possa mai abbassare la guardia, è sufficientemente tranquillo.

A Tomaselli, che si chiede se esista un momento di passaggio generazionale che ha mutato gli atteggiamenti dei genitori (i nostri non ci difendevano, oggi noi appoggiamo i ragazzi), Corda risponde con una battuta di Troisi da “Ricomincio da tre”: la rovina dei giovani è iniziata con minigonna e cappelloni. Altro non saprebbe rispondere, se non che coincida con quel momento storico nel quale è stato messo in discussione il sistema autoritario che poi, poco a poco, ha messo in crisi tutto, dalla religione alla scienza. E Collina, insegnante da sempre, conferma questa tesi: è iniziato un mutamento radicale con i genitori che avevano vissuto il sessantotto.

A una domanda di Panini, Corda risponde che le norme antimafia non sono del tutto efficaci: il sistema della SCIA rende le procedure più veloci, ma i controlli, se ci sono, sono fatti a posteriori. Si sacrifica l’acquisizione d’informazioni per la necessità di velocizzare la legittimità; la white list, gestita dalla Prefettura, elenca aziende non soggette a tentativi di infiltrazioni mafiose che operano nei settori maggiormente a rischio. Il sistema è accessibile e segnala un alert, talvolta però a posteriori. Gli Enti locali devono fare di più, sfruttando queste possibilità.

Dobbiamo davvero ringraziare il dottor Corda, che riesce sempre a coinvolgerci con le sue relazioni fluide e dettagliate dai contenuti importanti, che ci aiutano a capire e ci spronano a essere cittadini migliori.

Angela Corengia

 

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Luogo: sospeso
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