”La Cina ieri e oggi” |
18 Gen 2017 | |||
CONVIVIALE DEL 18 GENNAIO 2017 Le immagini di Enzo Pifferi in un viaggio nel tempo
Nell'immagine di Carlo Pozzoni: Enzo Pifferi con Fulvia Bianchi Longo
Un saluto, prima di dare la parola al relatore, a Victoria Colombo, argentina di Bolivar con un nonno italiano, che trascorre lo “scambio breve” da Barbara Minghetti, dopo l’esperienza della figlia Camilla in Argentina. Enzo Pifferi ci porta poi, con le sue straordinarie immagini, in Cina, più precisamente nella Cina del 1979: cielo azzurro e migliaia di biciclette. Mentre scorrono le fotografie, ci racconta delle difficoltà di lasciare Pechino (aveva dovuto consegnare il passaporto in cambio di un permesso di tre mesi), soprattutto nell’incertezza di trovare, altrove, dove poter dormire e mangiare. Già salire sul treno era difficoltoso (pagò una guardia per far strada), soprattutto con un bagaglio di 25 chili di pellicole. Guardie rosse e biciclette ovunque, nelle immagini; nessuna automobile né grattacieli, nemmeno a Pechino o Shangai, case piccole di un piano, i cinesi con lo stesso vestito, la pubblicità per il controllo delle nascite, le donne con i piedi piccoli. E acqua calda da bere a ogni angolo di strada. La vita scorreva sui canali in modo movimentato e per il turista c’era grande rispetto e massima sicurezza. Era proibito accedere alla Grande muraglia: riuscì a farlo saltando clandestinamente su un carro e poi facendosi guidare da uno studente. Una realtà di disagio e spesso crudeltà (una bambina abbandonata in un fossato), che però ha prodotto una civiltà evoluta, dal punto di vista economico, come quella odierna. Davvero belle le immagini delle campagne, dei terrazzamenti per le coltivazioni di riso, degli spaghetti che asciugano stesi come panni al sole, del pescatore con il cormorano e del cibo da strada, del risciò-ambulanza e di un funerale. Aneddoti, anche raccapriccianti, sul cibo, di cui, dopo un mese, non sopportava più l’odore; la sopravvivenza legata a un sacco di mele rubato. E una foto con il fratello dell’ultimo Imperatore, al quale donò una canna da pesca con mulinello. Poi, a distanza di qualche anno, tornò in Cina, già a frontiere chiuse e le immagini sono diverse. Enzo è riuscito a rappresentare, essendone partecipe e rischiando la vita, il concentramento di studenti che poi sfociò nella drammaticità degli avvenimenti di Piazza Tienanmen: dieci giorni di calma assoluta prima dell’arrivo dei militari, con ragazzi che scrivono, leggono, distribuiscono fogli ciclostilati, erigono una statua con la “dea della libertà”. Poi la tragedia della repressione, disperazione, corpi feriti, morti (100.000 furono i caduti, smaltiti nei forni crematori), tutto in una notte. Sarebbe potuto essere un libro con un reportage straordinario, ma si rifiutò di pubblicarlo per timore che la polizia cinese identificasse, nelle immagini, i dimostranti. Per questo ebbe il riconoscimento della “Grolla d’oro” a Saint-Vincent e fu chiamato in numerose trasmissioni televisive. Poi le foto più recenti, risalgono a otto anni fa: una Cina irriconoscibile, rispetto a prima, grattacieli costruiti lavorando ininterrottamente giorno e notte per sette giorni la settimana, pulizia assoluta nelle strade (c’è persino il divieto di fumare), il villaggio di pescatori di Pudong trasformato in una metropoli: ora il mondo è in mano ai Cinesi. Enzo non ha mai avuto problemi, in nessuna parte del mondo in cui è andato: il segreto è forse stato il sorriso, o forse l’abitudine a sopravvivere acquisita in collegio. Angela Corengia
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