“Togo-Benin: dopo quarant’anni è vero amore”
15 Feb 2017

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CONVIVIALE DEL 15 FEBBRAIO 2015


La relazione di Augusto Panini sulla "sua Africa"

 

Nell'immagine: Augusto Panini con Fulvia Bianchi Longo


Grazie a WhatsApp, durante questo mio viaggio ho avuto modo di condividere alcune immagini dei momenti più significativi, oltre che con la mia famiglia, anche con alcuni amici.

Ovviamente non ho dimenticato il mio Club ed ho inviato alcuni scatti a Fulvia, la quale mi ha risposto ringraziandomi per aver condiviso con lei le mie sensazioni.

Ed è questo che stasera vorrei fare, non semplicemente raccontarvi un viaggio come ho spesso fatto in passato, ma farvi partecipi delle emozioni vissute, un viaggio speciale, una specie di sfida con me stesso per dimostrare che ero ancora nelle condizioni di poter fare un viaggio in Africa di quasi un mese, itinerante e con tutte le precarietà costituite dal fatto che i villaggi e le città che avremmo visitato non potevano offrire alcun confort, date le modalità del viaggio stesso.

Alla fine di agosto, il mio amico foto reporter Bruno Zanzottera, che avete conosciuto quando abbiamo presentato il documentario sul Gioco delle Perle, mi ha chiesto se ero disponibile ad accompagnare lui ed una giovane giornalista in Benin e Togo per due reportage.

Uno era dedicato all’attività delle suore salesiane di don Bosco nella città di Cotonou, l’altro sul rito vudu del culto dei gemelli nella città sacra di Oudja, sempre in Benin.

La richiesta era motivata dal fatto che io in Benin ero di casa, infatti sono arrivato in questo paese, allora Repubblica Popolare Marxista Leninista del Benin R.P.B., nel 1977, esattamente quarant’anni fa, trentenne e pieno di entusiasmo!

Con l’Africa e gli africani è stato amore a prima vista, malgrado le difficoltà climatiche ed il modus operandi degli africani, che certamente poco si concilia con l’efficienza ed il pragmatismo lombardo. Ma l’intesa fu da subito perfetta, contrariamente a mio fratello che dopo quel viaggio non ha più messo piede in Africa.

Io invece tornavo spesso e condividevo la loro vita professionale e privata e coinvolgevo spesso anche la mia famiglia.

L’idea di questo viaggio mi affascinava, anche se gli argomenti non mi entusiasmavano, perché avevano luogo in due città e non in villaggi, città sicuramente non attraenti e con soluzioni alberghiere a cinque stelle, e non era il nostro caso, dato il budget ridottissimo dei miei compagni di viaggio, oppure di fortuna, dove il termine fortuna è poco condivisibile! E il problema “fortuna” si proponeva quasi ogni sera, dovendo spesso cambiare location e a settant’anni condividere la stessa stanza con persone estranee mi preoccupava!

Per convincere me stesso e colmare i tempi vuoti che intercorrevano tra una cerimonia e l’altra, ho proposto di andare a trovare un sacerdote vudu di un nuovo culto vudu-Visnu nel nord del Togo, grande scultore di opere sacre, che avevo visto a Parigi nel corso della preparazione della grande mostra L’Afrique des Routes al Musée du Quai Branly.

LE SUORE SALESIANE DI DON BOSCO (Suor Tiziana Borsani)

Il mercato di Dantokpa, a Cotonou, è il cuore pulsante della capitale del Benin: luogo per eccellenza di scambi commerciali e culturali, è spesso citato dalle guide turistiche come ‘attrazione’ da non perdere. Il grande mercato è però anche uno dei punti di convergenza di un drammatico fenomeno che in Benin ha raggiunto dimensioni allarmanti: il traffico e lo sfruttamento dei minori, soprattutto bambine. Origine della tratta è una tradizione che è degenerata nel tempo e che, in lingua fon, viene chiamata ‘vidomegòn’: ossia affidare i figli a parenti o ad altre famiglie per farli studiare in città. La maggior parte delle volte i bambini finiscono però per essere sfruttati e, nel peggiore dei casi, abusati e maltrattati dai ‘tutori’. A combattere contro questo traffico ci sono le Suore Salesiane di Don Bosco, che setacciano quotidianamente il mercato nel tentativo di liberare dalle sue perverse leggi le migliaia di ragazzine che ogni giorno vendono ogni sorta di prodotti reggendo enormi cesti sul capo. Volto a reinserire le ragazze nella società, l’intervento delle suore è capillare. I progetti avviati sono numerosi: dal centro di ascolto nel cuore del mercato al foyer di accoglienza dove le bambine possono dormire, dalla Maison de l’Espérance con i suoi corsi professionalizzanti alle lezioni di alfabetizzazione.

I GEMELLI NATI MORTI

Nella zona d’Africa compresa tra Nigeria e Benin, in particolare tra le popolazioni Fon, Ewé e Yoruba, vi è il più alto tasso mondiale di parti gemellari naturali. In molte altre parti d’Africa, una madre che concepiva due gemelli veniva accusata di aver avuto rapporti con gli spiriti e quindi assassinata assieme ai figli. Ma in questa regione affacciata sul Golfo di Guinea la nascita dei gemelli rappresenta un evento estremamente favorevole e fortunato. Qui si è sviluppato un vero e proprio culto sincretistico dei gemelli, a cui vengono dedicati altari e fatte offerte. In caso di decesso di uno o di entrambi, la madre realizza delle statuette a immagine dei piccoli scomparsi. Di loro non si dice che siano morti, ma ‘partiti nella foresta’. Spesso vengono identificati con le scimmie che frequentano i boschi sacri alle divinità vudu. Le madri tengono le statuette come fossero veri e propri figli, lavandole, nutrendole e parlando con loro come se fossero ancora presenti nella realtà familiare.

IL RITO MAMI WATA- VISNU

In Benin il Vudu è religione di stato, e i suoi sacerdoti tenuti in grande considerazione, in quanto funzionari locali del potere centrale. Alla Gendarmerie viene affidato il compito dell’ordine pubblico, ai sacerdoti dei vari conventi l’incombenza di risolvere problemi nell’ambito della famiglia, del lavoro e della sanità. Praticano la cabala, la divinazione, la medicina tradizionale e fungono da consultorio familiare.

Ives Ougussu è uno di questi, la cui fama ha raggiunto la Francia essendo considerato un consigliere ad alto livello ed un eccellente scultore.

Il suo tempio venera Mami-Wata, il corrispondente della nostra Vergine Maria.

Durante il nostro primo incontro avevamo manifestato il desiderio di poter fare un servizio fotografico su di lui e un filmato su un rito propiziatorio. Da una dritta ricevuta a Parigi sapevo il debole della Mami-Wata per le collane di perle di vetro e quindi donando un paio di queste collane siamo riusciti nel nostro intento.

Purtroppo per mancanza di tempo non ho potuto sottopormi a uno speciale rituale che mi avrebbe permesso di emulare le gesta del nostro ospite, che - a sessantaquattro anni - conta al suo attivo otto mogli presenti, l’ultima di vent’anni, e ventiquattro figli.

Mi sono ripromesso di ritornare presto con moooolto più tempo a disposizione.

Augusto Panini

 

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