Il vocabolario dialettale della Famiglia Comasca
01 Giu 2016

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CONVIVIALE DEL 1° GIUGNO 2016


Il presidente Alberto Longatti e Carlo Bassi presentano l'ultima pubblicazione dell'Associazione


Nell'immagine: Adriano Giudici, Carlo Bassi, Laura Bordoli, Alberto Longatti, Michele Tomaselli e Rita De Maria



Alberto Longatti è un cardine della storia e della vita della Città: “sarà per l’età”, lui dice, quando ricorda di essere socio della Canottieri Lario dal 1949, dell’Associazione Carducci dal 1947, fondatore del nostro club quarant’anni fa e della Famiglia comasca nel 1969.

L’ultima “fatica” della storica Associazione è la cura e stampa del “Vocabolario dialettale”, di cui ha seguito la gestazione sin dall’inizio. La traduzione dialettale presenta difficoltà impreviste, coinvolge diverse professionalità, scava nei meccanismi dell’apprendimento delle lingue, segue l’evoluzione delle parole – e dei costumi - nel tempo. È fondamentale entrare nel mondo e nel pensiero di chi viveva in passato, andare a scoprire le influenze delle “invasioni” straniere, selezionare accuratamente le parole del dialetto cittadino, diverso da quello lariano che spesso ha radici diverse.

Già Piero Collina e Libero Locatelli avevano curato un piccolo vocabolario sulla scorta di reminiscenze familiari, senza alcuna pretesa scientifica. Il presidente Piercesare Bordoli fu il primo a ipotizzare un vocabolario “serio” e creò un gruppo per la traduzione dall’italiano al dialetto. Ma ne rimase deluso per le difficoltà, perché le parole non sempre sono confrontabili. Quando Carlo Bassi, cultore del dialetto, gli sottopose una raccolta di detti lariani e comaschi, Bordoli prese la palla al balzo e gli chiese di curare la realizzazione di un vocabolario. Bassi, con pazienza certosina e grande passione, iniziò con una grammatica, pubblicata nel 2014. Poi il vocabolario, che ha tutte le caratteristiche di un testo scientifico, dedicato a Bordoli che non ha potuto vederne la pubblicazione. È uno strumento che sarà affinato e aggiornato, che consente di capire il modo di vivere di coloro che ci hanno preceduto, i costumi, gli usi, le tradizioni da difendere e trasferire. Ci stimola a trovare le nostre radici, non in una lingua morta ma solo “superata”, lasciando comunque tracce nel presente.

È poi Carlo Bassi a parlare della sua “creatura”, presentata il 3 maggio. Un percorso all’indietro, perché mentre i nostri vecchi volevano insegnare ai figli l’italiano, qui si vanno a cercare voci dialettali anche arcaiche, idiomi, modi di dire, senza trascurare la parlata dialettale odierna. È stato un lavoro lungo, fatto di passione, ricerca, studio e grande pazienza. Un po’ complicato dal fatto che non esiste una letteratura comasca, come quella milanese per esempio; ha quindi dovuto analizzare anche altri testi per avere un quadro completo ed esauriente, per evidenziare differenze - non solo fonetiche - tra i dialetti, di cui ci fa curiosi esempi.

A Capsoni, che apre gli interventi, precisa che tra il dialetto di Como e quello di Chiasso ci sono parecchie differenze; per assurdo è più simile a quello del Mendrisiotto. Anche tra i quartieri comaschi c’erano diversità inspiegabili, come testimonia anche Collina.

Si scopre, su un’osservazione di Mantero, una scarsa considerazione delle donne nella parlata dialettale, perché non esiste – e non se ne conosce il perché - il plurale femminile.

Un lavoro enorme, che Longatti vede come l’inizio di uno studio approfondito del dialetto comasco: nella seconda edizione già si terrà conto delle segnalazioni che la Famiglia Comasca sta raccogliendo.

Un grande ringraziamento, in conclusione, a Carlo Bassi e alla Famiglia Comasca, che tiene viva la tradizione comasca, ne diffonde la conoscenza e valorizza, attraverso la sua attività, il patrimonio culturale e sociale di Como.

Angela Corengia

 

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