Un'ambulanza per Kalongo e la presentazione del libro "Lessons from Kalongo"
27 Gen 2016

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CONVIVIALE DEL 27 GENNAIO 2016


Il service dei Rotary comaschi illustrato da Roberto Ambrosoli e il libro su kalongo scritto da Marta Guggiari


Nell'immagine: Giuseppe Monti, presidente del RC Como, Roberto Ambrosoli, Marta Guggiari ed Emilio Bordoli



Giunge a conclusione, dopo un iter molto complesso che ha avuto inizio sotto la presidenza Colombo (e finanziato poi anche nell’anno di Peverelli), il service per l’acquisto di un’ambulanza destinata all’Ospedale di Kalongo, tramite il matching grant con il R.C. Como, quello locale di Gulu e la Rotary Foundation.

È Roberto Ambrosoli, prima di presentare la nipote Marta Guggiari, che è quindi pronipote dello “Zio Giuseppe”, a ricordare brevemente come nasce l’ospedale di Kalongo in Uganda. Padre Ambrosoli, dopo la laurea in medicina e la specializzazione in malattie tropicali a Londra, pronuncia i Voti e nel 1957, come Missionario, nel piccolo villaggio di Kalongo al nord dell’Uganda apre un dispensario, che diventa presto punto di riferimento sanitario per una vasta zona. La grande capacità professionale, affiancata da un’abilità imprenditoriale non comune, fa sì che il piccolo centro divenga un Ospedale vero e proprio, con una scuola di Ostetricia. Nel 1987, con la guerra civile, l’Ospedale è costretto a chiudere; Padre Ambrosoli, sfiancato anche dalla tensione di dover spostare i suoi ammalati e le studentesse e non poterli più assistere a Kalongo, muore.

L’Ospedale riapre, dopo due anni, sotto la guida di padre Egidio Tocalli; alcune ONG sostengono l’attività dei Missionari per qualche anno, ma quando i fondi per i loro progetti si esauriscono anche queste lasciano l’Uganda. Grazie alla Fondazione, nata proprio per supportare l’Ospedale, l’attività continua, con scarsi aiuti governativi e grande generosità dei benefattori italiani. Roberto fornisce poi qualche dato sull’assistenza riferibile al periodo 2014/2015: tra tutti, oltre 26.000 ricoveri e oltre 25.000 vaccinazioni.

Da Como sono state donate già due ambulanze, l’ultima dal Rotary Como nel 2008, che tuttavia è andata distrutta in un incidente recente. È questo un mezzo indispensabile per un territorio così vasto e privo di strutture sanitarie; ora si concretizza la possibilità di acquistarne un altro (mancano solo 9.000 dollari), che è stato già ordinato. I ringraziamenti di Roberto vanno a tutti i soci – del Como e del Baradello - che si sono adoperati per la realizzazione di questo progetto, in particolare Ferrara, Colombo, Peverelli, Roncoroni e Arcioni.

È poi la volta di Marta Guggiari, una laurea in comunicazione e la voglia di mettersi in gioco come volontaria in Uganda. Durante la sua permanenza a Kalongo tiene un blog, una sorta di diario seguito da circa 20.000 contatti. Da qui il libro che presenta questa sera “Lessons from Kalongo”, il cui ricavato sarà interamente devoluto all’Ospedale.

Scorrono le immagini che commentano il suo racconto, tra cui l’ambulanza - prima e dopo l’incidente – sulla quale più volte è salita per raggiungere, con il personale sanitario, le donne dove partoriscono. Il piccolo villaggio di Kalongo viene descritto come “luogo magico”, adagiato sotto una collina e a 6 ore dal centro abitato più vicino. È ancora un po’ provata dall’esperienza recente, che le ha lasciato ricordi emozionanti: “Donare è sempre la soluzione giusta”, dice, “ve lo consiglio”.

A Kalongo Marta ha tenuto corsi per l’uso del computer a persone che non l’avevano mai visto; c’è qualche problema di collegamento a internet, ma ora lo sanno usare e si stupiscono ancora perché possono fare domande e ottenere risposte. Ci legge, infine, un racconto inedito, scritto per l’occasione, riportato di seguito (Lesson n. 41). rotary_baradello_16_kalongo1

Termina Roberto, ricordando che è in corso la causa di beatificazione di Padre Ambrosoli (Papa Francesco l’ha già dichiarato Venerabile), anche se questo immagina che non lo farebbe felice. Per l’Italia non sarà in grande evento, ma è atteso con ansia in Africa, dove ancora è molto amato.

Un unico intervento di Gandolfi, che rileva quanto importante sia poter donare il proprio tempo per queste cause, prima della chiusura di Monti, presidente del RC Como: una serata emozionante e coinvolgente, che ha visto tutti i presenti attenti e in silenzio.

Siamo davvero felici di poter concorrere a questo progetto, vicini alla Fondazione Ambrosoli.

E siamo felici anche di accogliere il “rientro” di Giovanni Agterberg, che ha definitivamente lasciato le Canarie per ristabilirsi in Italia.

Angela Corengia

 

 

Lesson n. 41 – Delle esperienze, ricordane i colori

La terra. Mi manca la terra. Quella terra rossa che là a Kalongo poco sopportavo. L’avevo dappertutto, mi si infilava dovunque, era diventata parte di me. Piedi rossi, unghie rosse, capelli rossi. Mi soffiavo il naso, rosso. Tossivo, rosso. Appena penso a Kalongo è la prima cosa che mi viene in mente.

No, non è vero. C’era anche il blu. Il blu di un cielo così grande, e così costante, che regalava colore ad un luogo per lo più marrone. Marroni le capanne, marrone il fango, marrone la paglia che è invecchiata sui tetti.

E poi c’era il giallo, dell’Africa nera quando è secca, e il verde, dell’Africa nera quando piove.

Ho visto tanto nero. Pelle nera e occhi neri. I bambini lì, quelli appena appena nati, sono grigi. Poi prendono colore e piano piano la pelle decide di farsi scura, sempre di più, come la pelle della mamma. Le mamme sono nere ma non così tanto, perché indossano abiti di tutte le fantasie e colori. rotary_baradello_16_kalongo2

Ma più di tutto c’era il bianco. Il bianco dei sorrisi dei bambini, e delle mie studentesse. Quel bianco che è più bianco perché circondato di nero. Quanti sorrisi ho visto. Ho visto sicuramente più bianco che nero.

Bianco poi come i padri comboniani. Bianchi di pelle ma soprattutto di capelli. Bianca la parola che portano all’Africa, perché pura e buona. Bianca l’ambulanza, che corre nella savana a salvare chi non riesce a raggiungere l’ospedale. E poi bianca ero io, in mezzo a tutti questi colori. Bianca perché bionda, sana, fortunata, orgogliosa. Bianca era la pagina che cercavo di riempire di parole ogni giorno, per raccontare questo posto così meraviglioso e difficile.

Poi c’era il colore trasparente, che non è un colore ma io l’ho visto, esiste. E’ il colore degli occhi di chi ha fede in Dio. Padre Ambrosoli, e tutti i padri comboniani che ho conosciuto a Kalongo, avevano gli occhi proprio di questo colore trasparente. Credo avessero anche l’anima, trasparente. Trasparente come la compassione e il non giudizio.

E poi c’era un trasparente diverso ma non meno toccante, che è quello del nulla emotivo. Quello che ho visto spesso nel viso e nello sguardo di molte persone. A volte erano davvero trasparenti, nel senso che dentro non vedevi nulla. Andavo dalle mamme che avevano appena partorito e non capivo mai se erano felici, emozionate, o se stavano male. Anche qui da noi ho conosciuto la trasparenza del nulla emotivo, ma non mi ha mai fatto paura come là, nella povertà.

Ma vorrei tornare al rosso, perché purtroppo non è solo il colore della terra africana. E’ il colore del dolore, della malattia, dell’aids, della malaria. E’ il colore della paura dopo 30 anni di guerre civili. E’ il colore con la lunghezza d’onda più ampia di tutti i colori visibili. E’ un colore forte, che purtroppo resiste. E’ rosso come un segnale di pericolo: in Uganda un bambino su 9 non ce la fa prima dei 5 anni. E non ce la fa neanche una donna ogni 300 parti.

Io ho sempre pensato che il rosso fosse il colore della vita. Della nascita. Dell’inizio.

Lo è. Ma lì, lo è un po’ meno. Ma stasera, grazie al vostro aiuto, lo è un po’ di più.

Marta

 

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