Impressioni di vita in città

 

CONVIVIALE DEL 23 SETTEMBRE 2015

Il punto di vista privilegiato del dottor Bruno Corda – Prefetto di Como – e del dottor Michelangelo Barbato – Questore di Como

 

Il presidente Bordoli ha chiesto agli ospiti una relazione “non istituzionale”: uno sguardo – da un punto di vista privilegiato – su quello che sono oggi la città e i suoi cittadini.

Il primo a prendere la parola, dopo la lettura del curriculum, è il Questore dottor Barbato, che dichiara di conoscere Como da trent’anni, perché la visitò da turista. Una cosa non è cambiata da allora: la difficoltà di trovare parcheggio!

Como è una città privilegiata, qui si vive bene; il Comasco è diverso dagli altri Lombardi, perché – pur italiano - sente l’influenza della Svizzera. La prima percezione, per chi viene da fuori, è quella di freddezza, che subito tuttavia muta attraverso l’approfondimento della conoscenza. Il Comasco è riservato, laborioso, attento; ha un’inventiva fuori dal comune (seta e arredo ne fanno il numero uno al mondo), l’eccellenza è legata all’umiltà che si limita alla soddisfazione di aver fatto un buon lavoro. La storia è caratterizzata da significativi ed unici elementi di pregio (i Maestri Comacini, il Razionalismo), che ne fanno un polo d’attrazione turistico fondato sulla cultura, oltre che sulle bellezze dei luoghi. “Da una buona società si impara”, dice il dottor Barbato, che ammette di essere diventato un po’ comasco: schivo, si rimbocca le maniche con umiltà, assorbendo la laboriosità del territorio e il senso estetico favorito dai luoghi e dalla cultura. Il suo compito è “produrre sicurezza” per servire i cittadini e lo svolge cercando soluzioni attraverso il dialogo. Da napoletano conclude: “Io speriamo che me la cavo”.

È poi la volta del prefetto Dottor Corda, che già conosciamo, che dichiara di “sentirsi a casa” a Como. Questore e Prefetto lavorano sulla coesione sociale e devono conoscere bene il territorio. La carica del Prefetto è breve (mediamente tre anni, che servono per conoscere, programmare e fare) e l’esperienza si porta poi negli incarichi successivi. È la sua terza sede di lavoro e ha individuato, attraverso gli ambienti che frequenta, i tre “gruppi” che la costituiscono: l’alto lago, la città e la Brianza. Il giudizio che i comaschi hanno di sé (cinici) è quello che ci raccontiamo noi; in realtà siamo sì riservati, ma con una profondità di rapporti che presuppone la conoscenza dell’interlocutore. Autodifesa e circospezione non ci impediscono di instaurare legami in maniera completa.

Il nostro territorio, per via della bellezza dei luoghi, si “vende” da solo, ma non è più sufficiente, perché l’utenza è cambiata, è più esigente. Non possiamo permetterci la riservatezza di chi “vale per quello che è”, perché limita un’adeguata promozione delle nostre eccellenze, ora conosciute solo dagli addetti ai lavori. È necessario forzare un po’ il nostro riserbo, fare un salto di qualità soprattutto sul fronte della comunicazione. Gli standard qualitativi del territorio devono essere come quelli che si trovano altrove, perché non basta più la bellezza dei luoghi e i turisti non ci devono infastidire, come spesso accade. Sotto il profilo economico si rilevano indici superiori rispetto ad altre provincie, che vanno sostenuti con migliori relazioni esterne. I Cittadini comaschi sentono il bisogno di confrontarsi con le Istituzioni, il che non è poi così scontato; hanno voglia di capire e di partecipare alle decisioni. Il dottor Corda, concludendo la relazione, trova una similitudine con i Sardi, suoi conterranei, che sanno essere o molto amici o molto nemici.

È Bordoli ad aprire gli interventi, facendo rilevare l’affinità delle due esperienze così come sono state esposte e soprattutto l’integrazione con il nostro territorio e la volontà di dialogare, cosa che deve essere alimentata anche dal Rotary.

Il dottor Corda risponde poi ad Ambrosoli circa la prossima riunione con Lecco: è un’ipotesi non remota, che ritorna al passato se pur con qualche modifica. Di Lecco il dottor Corda sa poco (solo quello che si apprende dai media); la sua impressione è che sia un territorio più complicato, con espressioni di chi “si sente ai margini”, ma ciò non preclude la possibilità di potersi rapportare adeguatamente con lo stesso. Non teme la vastità della Sede (Cagliari è molto più vasta di Como e Lecco unite) e auspica di poter trovare, nell’eventualità, la stessa accoglienza e voglia di collaborazione.

A Roncoroni, sul problema della sicurezza, il Questore ricorda che Como è al quarantasettesimo posto per vivibilità e al ventisettesimo per la sicurezza, con buoni risultati sotto il profilo della prevenzione. Sull’immigrazione: c’è sintonia perfetta con la Svizzera e la sicurezza sul nostro territorio è garantita; le situazioni si affrontano giornalmente con la collaborazione dei cittadini (che fanno segnalazioni non anonime) e il dialogo costante con le Istituzioni.

Il Prefetto risponde invece a Capsoni: il Lungolago è ferita aperta per tutti, anche se non compete direttamente alla Prefettura - che viene comunque costantemente informata dal Sindaco. Ha fiducia nell’Amministrazione comunale e ritiene che la direzione presa sia quella corretta; i tempi sono quelli dettati dall’iter procedurale.

Sull’immigrazione: è un fenomeno complicato, perché scappano dalla guerra e dalla fame e non ci si può sottrarre dall’accoglienza, almeno temporanea. La scelta della Prefettura è di suddividere in piccole comunità i migranti, cercando di inserirli poi nel territorio che deve riconoscerli come parte integrante. È l’unico sistema che abbiamo per governare l’emergenza, il rifiuto all’ospitalità creerebbe problemi non indifferenti; in molti casi i cittadini, dapprima restii, si sono ricreduti. Non ci sono stati casi che abbiano minato la sicurezza; c’è un costante monitoraggio di Prefettura e Forze dell’ordine. Como ha una tradizione da confermare: deve essere accogliente, non solo con i vicini di casa.

Due relazioni interessanti, di “non comaschi” d’origine che amano la nostra Città, della quale ogni giorno si occupano con passione e grande impegno, che ringraziamo.

Angela Corengia

 

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