Franco Molteni presenta i suoi libri
05 Mar 2014

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CONVIVIALE DEL 5 MARZO 2014


Emozioni e stati d'animo degli artisti interpretati dall'autore

 

Nell'immagine: Franco Molteni, Roberta Peverelli e Enzo Pifferi



L’introduzione alla conviviale di oggi è affidata a Enzo Pifferi il quale ricorda che, quando Franco Molteni andò da lui per chiedergli di presentare il suo primo libro “L’uomo che doveva comprare Cuba”, cercò di dissuaderlo, facendogli presente che sono molti gli scrittori che non trovano alcun successo letterario, ma dal momento che insisteva, accettò. Quel libro è ora alla seconda edizione. Per questo motivo, quando Molteni si presentò con il suo secondo volume “Le antenne della farfalla”, Pifferi si guardò bene dall’eccepire alcunché e acconsentì immediatamente.
Questo per dimostrare che anche chi ha fatto per molti anni un lavoro completamente diverso e forse anche meno creativo, può scoprirsi scrittore ed artista di qualità.
Le prime parole di Franco Molteni sono proprio per l’amico Pifferi al quale rivolge un ringraziamento perché, a suo avviso, conoscere l’editore di un libro è un grande vantaggio per uno scrittore, al contrario abituato ad interfacciarsi unicamente con l’editor. “Sono 42 anni che faccio l’imprenditore – ricorda - e da 10 anni scrivo libri, prima scrivevo solo per le mie figlie”.
Il suo approccio all’arte è effettivamente affascinate. Se anche la storia di un romanzo è inventata, benché verosimile, sono le emozioni che l’autore trasmette che devono essere sincere, perché solo in questo modo sarà in grado di “essere percepito” da chi lo legge. Si crea in questo modo un legame impalpabile ma solidissimo tra l’artista ed il suo pubblico, una relazione che, se ad una prima vista può risultare incomprensibile, con un maggior approfondimento diventa chiarissima. Per spiegare questa sua teoria, racconta di una sua visita al Museo di Vincenzo Vela a Ligornetto nel corso della quale , tra le tante opere di diverso genere presenti,  venne particolarmente colpito da un altorilievo intitolato “Le vittime del lavoro”, risalente ai primi anni Ottanta del XIX. Un’opera che, scoprì in seguito, non era stata commissionata a Vincenzo Vela, bensì realizzata dall’autore rispondendo un bisogno personale, la cui sincerità era immediatamente riconoscibile dallo spettatore.
E’ quindi questo rapporto intimo e sottilissimo a costituire, di fatto, l’elemento fondamentale da cui scaturisce il suo interesse per opere di grandi pittori, opere che quando sente il bisogno di riproporre, non costituiscono fedeli riproduzioni degli originali, bensì interpretazioni degli stessi, immagini filtrate e mediate dalla sensibilità dello stesso Molteni.
Vengono così mostrate le immagini di alcuni quadri a olio, particolarmente graditi alla figlia, acquerelli dipinti dopo aver visitato il Museo di Taipei. Un’acquaforte ispirata a celebre “Pasto frugale” di Picasso del 1904, dove la mestizia delle due figure rappresentate diventa la vera protagonista dell’opera.
E ancora, la copia di un disegno di Van Gogh che riproduce una donna incinta, che il grande artista olandese aveva incontrato un inverno, dopo che lei era stata abbandonata dall’uomo di cui portava il figlio in grembo e che aveva posato per lui come modella. Ebbene, di lei Van Gogh scrisse “La vita ha ferito Sien, la sofferenza e le avversità l’hanno segnata. Lei è stata messa alla prova e di conseguenza trovo più in lei che in tutto un insieme di donne che non siano state messe alla prova dalla vita”.
La rivisitazione del “Cristo di San Giovanni della Croce” di Dalì, dove l’effetto spettacolare è dato dalla prospettiva insolita nella quale viene messo il Cristo, come visto dagli occhi di Dio, dall’alto verso il basso, la riproduzione del celeberrimo “Cristo morto” di Mantegna, anch’essa opera non commissionata. E poi paesaggi comaschi realizzati in sanguigna, ognuno dei quali con un proprio carattere specifico colto da Molteni e restituito, come fosse un messaggio, a chi lo guarda.
Veronica Airoldi

 

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