La tenacia delle donne nel combattere l’abuso sui minori
16 Ott 2013


CONVIVIALE DEL 16 OTTOBRE 2013

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Le relazioni dell’Avvocato Nuccia Quattrone e della giornalista Katia Trinca Colonel, coautrice del libro “Mio figlio e il parroco”

Nell'immagine: Patrizia Dugoni, Nuccia Quattrone, Katia Trinca Colonel e Roberta Peverelli



Nella breve presentazione da parte della Presidente Roberta Peverelli che ha accolto, dopo aver letto il libro, la proposta della socia Dugoni per la seconda serata al “femminile”, Roberta ha sottolineato la drammaticità della tematica e la grande sofferenza e tenacia della madre del ragazzino abusato, nell‘affrontare la difficile e pesante situazione che ha coinvolto il figlio e tutta la sua famiglia.
INTRODUZIONE di Patrizia Dugoni
Avendo pensato, nello spirito rotariano all’importanza della partecipazione attiva e all’idea di un coinvolgimento al femminile, che anche Roberta ha fatto suo per questo anno di presidenza, ho accolto, con piacere, il suo invito per la gestione di questa serata. Pertanto,sempre nello spirito rotariano di apertura al contesto esterno, ho pensato di dare spazio evoce a una storia scritta da donne, storia dove l’impegno attivo e sociale delle donne è stato di particolare rilevanza. Penso che sia decisamente importante la voce femminile persconfiggere il silenzio che mantiene viva la sottomissione, l’arroganza, la violenza, l’abuso sulle donne e sui minori. Solo dando voce e parole alla sofferenza diventa possibile rompere la catena che impedisce la sconfitta della violenza in tutte le sue forme.
Ecco perché questa sera ho invitato la giornalista Katia Trinca Colonel e l’Avvocato Nuccia Quattrone, che sono qui a portarci la loro esperienza di professioniste e donne in prima linea, per parlarci dell’impegno, anche di altre donne (ma anche di uomini) che non hanno avuto paura di parlare e di ribellarsi all’omertà e al silenzio. Perché, come ha detto il regista greco Alexandros Avranos che, con il suo film “Miss Violence”, alla Mostra di Venezia, ha vinto il Leone d’argento e l’attore protagonista, la Coppa Volpi: “il mio film è dalla parte delle donne. Ciò che metto in scena vorrei spingesse alla ribellione, individuale e sociale, verso gli orrori che si consumano dietro le porte chiuse, in tutto il mondo”… Impegno sociale, ribellione, ma anche tanta sofferenza sono i contenuti del libro che è servito loro per parlare e cominciare ad aprire queste porte, perché altri minori non debbano subire il dramma dell’abuso e altre madri non debbano soffrire per i loro figli violati.

È poi intervenuta l’Avvocato Nuccia Quattrone la quale ha raccontato la sua esperienza come avvocato che si occupa in prima linea di violenza. Ha ricordato quando un giorno una mamma disperata aveva bussato alla sua porta per raccontarle cosa stava accadendo al proprio figlio preadolescente. Il ragazzino si era confidato con i compagni di scuola raccontando loro dei sui rapporti con il parroco del paese. I compagni credendo alle sue parole si sono fatti quindi portavoce di questa storia registrando, per paura di non essere creduti dagli adulti, le confidenze del loro compagno. La registrazione era poi stata consegnata alle insegnanti che prontamente avviseranno la madre. La signora incredula e frastornata chiederà aiuto e consiglio all’avvocato. Insieme, coinvolgendo anche il padre, decideranno di sporgere denuncia. L’Avvocato N. Quattrone spiega quindi che l’iter della denuncia fu molto impegnativo, la madre dopo un primo momento di prostrazione diventerà, però, “una tigre” pronta a tutto, per difendere il proprio figlio. La signora che era ed è molto credente, per parlare con il ragazzo e capire se effettivamente i suoi racconti erano veri, chiese aiuto ad un sacerdote, padre spirituale e confessore della loro famiglia. Il sacerdote ascolterà così dalla voce del ragazzo, che si aprirà a lui con sincerità e spontaneità, tutto il racconto di questa vicenda. Il sacerdote credendo inequivocabilmente alle parole del ragazzo, supporterà la famiglia e il ragazzo, per tutto il tempo della denuncia, delle indagini e del processo. L’avvocato si rivolgerà così al dott. Nessi, il quale con molta serietà aveva precisato che se il fatto fosse stato reale avrebbe portato avanti fino in fondo la denuncia, diversamente avrebbe archiviato il tutto, sottolineando che “non voleva fare del male a nessuno”. Nel frattempo, anche il ragazzo, che in origine non era consapevole della gravità della situazione, comincerà a rendersi conto dell’accaduto. L’avvocato precisa che tutto l’iter fu una “vera gogna mediatica per il ragazzo e la sua famiglia”. Per tale motivo, il processo, che in origine era a porte chiuse, in quanto il ragazzo era minorenne, poi divenne a porte aperte, per dare modo ai giornalisti di rendersi conto personalmente ed oggettivamente dei fatti. Infatti il sacerdote coinvolto aveva fatto di tutto per coprire le prove, il ragazzo e la madre erano diventati colpevoli di aver accusato un sacerdote bravo e dedito alla sua parrocchia. Il processo durò a lungo, la Curia purtroppo aveva avvisato il sacerdote che, così, aveva potuto coprire le prove. Ma alla fine la verità ha prevalso sulla menzogna. Il collegio della Corte d’Appello composto da tre giudici donne, è andato fino in fondo nella condanna. Solo l’anno scorso, precisa sempre l’Avv. Quattrone, è arrivata la conferma dalla Corte di Cassazione con l’interdizione di questo sacerdote, che era stato trasferito dalla sua parrocchia in un’altra con lo stesso incarico, dai luoghi pubblici frequentati dai minori. La madre non ha mai mollato, non si mai fatta intimorire sostenendo costantemente il figlio fino in fondo. L’avvocato continua precisando che l’esempio di questa madre ci dice che non dobbiamo avere vergogna, non dobbiamo avere paura, non dobbiamo chiuder gli occhi, ma bisogna parlare per i nostri figli perché l’abusatore è sconosciuto agli occhi dei più ma, proprio per questo, bisogna avere la forza di parlare e di denunciare. Interviene quindi la giornalista Katia Trinca Colonel spiegando che in origine sapeva molto poco di questo caso. Quando però la madre le aveva chiesto di scrivere questa storia non si era tirata indietro, anche perché la signora le aveva precisato che il libro doveva essere la storia di una madre che affronta un dramma così grande, lei sentiva il dovere di parlare per sé, per il proprio figlio e per le altre madri. Il figlio avrebbe parlato quando, e se, avrebbe desiderato e deciso di farlo. I nomi dei personaggi sono stati tutti cambiati per tutelare il ragazzo già troppo provato. La giornalista racconta che in un primo momento era lei a scrivere ascoltando il racconto della signora, ma questo era troppo straziante per cui sarà poi la signora a scrivere personalmente, dando voce così alla sua rabbia e alla sua sofferenza, trasformandole in parola scritta. La giornalista riprenderà via via il racconto riaggiustando questi scritti. Il libro non è lungo ma tratta diversi aspetti. Quello psicologico di una madre che travolta da un tale dramma deve comunque continuare a fare la madre. Quello processuale che porterà a rivivere il dramma del ragazzo e della madre che si fida e affida il proprio figlio a chi dovrebbe proteggerlo ed aiutarlo a crescere, ma in realtà dalle carte processuali e dalle intercettazioni si renderà conto della capacità manipolativa di questa persona. Quello degli abitanti del paese che hanno fatto fronte comune contro questa famiglia, difendendo il parroco accusando, invece, il ragazzo.
La curia che non ha saputo o potuto ascoltare questa madre che ha continuato, nonostante tutto a mantenere intatta la sua fede.
La giornalista precisa che a gennaio 2014 ci sarà una interpellanza dell’ONU sulla problematica dell’abuso sui minori. Precisa inoltre che ci vuole coraggio per affrontare problematiche di questo tipo, soprattutto quando chi è coinvolto è il proprio figlio ed il dolore è indescrivibile. Questa madre ha voluto essere una voce per dare voce a tutte quelle mamme che non devono avere paura di proteggere i propri figli. La scrittura è stato il mezzo che questa madre ha trovato per dare voce alla sua sofferenza e coraggio alle altre madri.
Interviene il Vice Sindaco Silvia Magni ringraziando per l’occasione offertale dal club, sottolinea quanto sia importante parlare a più livelli della problematica dell’abuso. Nel caso esposto dal libro la comunità ha giudicato prima ancora di conoscere i fatti. È invece importante non lasciare sole le persone coinvolte. Quando si parla della sofferenze delle persone occorre avere il massimo rispetto. Occorre pertanto costruire una rete sociale fatta di solidarietà, conforto e collaborazione.
Interviene poi Anna Maspero la quale si chiede se non fosse stato un parroco cosa sarebbe potuto accadere. La giornalista ricorda che ci sono ora più situazioni di denuncia e che i pedofili sono nascosti anche in altri ambiti. L’avvocato precisa che purtroppo questa persona ha approfittato dell’abito per condizionare soggetti deboli come può essere un ragazzino. Filippo Arcioni precisa che gli abusi non avvengono solo negli oratori e che l’attuale Vescovo è intervenuto diversamente dal Vescovo di allora in un altro episodio successo più recentemente. Ricorda un’altra brutta storia dove era coinvolto il segretario di una scuola. L’avvocato N. Quattrone precisa che in genere se si tratta di un sacerdote è più difficile essere creduti e che nella storia raccontata il primo accusatore del ragazzo è stata la Curia che non ha sospeso, in via cautelare, il parroco dal suo incarico, ma lo ha mandato a dirigere un’altra parrocchia.
Baj parla del potere millenario della Chiesa, al suo interno persone malate possono usare un forte carisma per commettere questi atti, negli Stati Uniti sono stati pagati risarcimenti alle vittime di abusi sessuali. L’Avv. Quattrone precisa che anche in Italia sta avvenendo qualcosa del genere, a Bolzano c’è stata una sentenza dove curia e parrocchia sono stati condannati in primo grado al risarcimento economico della vittima di violenza.
Patrizia chiude sottolineando che il problema di fondo è la grande sofferenza che genera tutto ciò. L’abusatore e il pedofilo può essere chiunque, il vicino di casa, lo zio, il nonno, a volte anche il padre, non è mai una persona sconosciuta alla vittima. Purtroppo lavorando in un ambiente di grande sofferenza, ma anche di grande umanità, come il carcere, storie di questo tipo sono all’ordine del giorno. Le statistiche precisano che il trenta per cento dei soggetti abusati riesce a venirne fuori, se aiutato, grazie anche alla propria resilienza; il trenta percento si trova da adulto in gravi situazioni di devianza; il restante trenta per cento vira in patologie, più o meno gravi. Per questo è necessario parlarne, per spezzare questa catena di sofferenza, non dimenticando che spesso l’abusatore è stato a sua volta abusato, trasformandosi così da vittima in carnefice. Per questo è importante avere il coraggio di parlare sempre e comunque, solo così è possibile dare voce al dolore evitando che si trasformi in altro dolore.
Patrizia Dugoni

 

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