Ritroviamo la fede, in Dio e nell’uomo
27 Mar 2013
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CONVIVIALE DEL 27 MARZO 2013
Le riflessioni per la Pasqua di Don Giovanni Meroni
Nell'immagine: Don Giovanni Meroni e Giacomo Colombo


Torna a trovarci, in occasione della Pasqua, Don Giovanni Meroni, che ricordiamo officiante della cerimonia funebre di Pupi Brenna e Peppo Pierpaoli (proprio di quest’ultimo ricorre oggi il sesto anniversario dalla morte).
Don Giovanni esordisce con una battuta: la Chiesa è sempre un po’ più avanti della politica, in soli 31 giorni ha risolto il problema della nomina di un nuovo Pontefice.
La Pasqua invita a riflettere sulla salvezza, ma prima ancora di essere salvati dobbiamo “appartenere”. Oggi la Chiesa vive un momento di particolare euforia, con le novità introdotte da Papa Francesco che sembrano renderlo più simile a noi; ma quando saranno affrontati i temi fondanti della religione cattolica (aborto, matrimonio tra gay ecc.) come reagiremo? Al di là di questo speciale periodo, che non è normale perché non sono normali due Papi contemporaneamente, cosa sta facendo la Chiesa e qual è la nostra testimonianza nelle scelte di fede?
Si parla sempre di situazioni di affanno e di solitudine, presenti anche all’interno della Chiesa. E sembra non cambiare niente nella nostra fede, di Pasqua in Pasqua, perché c’è sempre sofferenza morale. L’ultimo discorso di Papa Benedetto riportava al senso della fedeltà, Papa Francesco ha parlato di speranza e misericordia: li accomuna una sola condizione, perché anche il perdono, oltre alla fede, ha fondamento quando è “appartenenza”. Molti hanno parlato, riferendosi al pontificato di Benedetto XVI, di una Chiesa vacante per otto anni; ma Benedetto ci ha lasciato testimonianze importanti, che sono entrate a far parte di quelle dei Padri della Chiesa.
Noi continuiamo a porci delle domande perché siamo partiti da valori forti, segno di “appartenenza”. Il messaggio che Benedetto ci ha lasciato (“salire sul monte della fede per ritrovare speranza”) deve guidarci attraverso i dubbi continui, ricordando che non possiamo perdere la nostra identità per rincorrere il mondo. Le solitudini, il disagio, si vincono anche con un dialogo continuo, che fa sentire chi ne ha bisogno partecipe della vita degli altri.
Se le Chiese sono vuote non è colpa della gente, ma spesso dei Sacerdoti che non riescono più a motivare i fedeli, a farli sentire “appartenenti” al grande progetto di Dio, mettendo in disparte l’Io. Cita dal libro di Ermanno Olmi “Lettera a una chiesa che ha dimenticato Gesù”: “Di quale Chiesa faccio parte, se anch’io in certi momenti non riesco a riconoscermi negli uomini e neppure in me stesso?” Dubbio che deve rafforzare il percorso verso la fede, per ritrovare il Gesù che abbiamo dimenticato.
Si fa fatica a seguire i pensieri di Don Giovanni, perché ogni frase sembra scollegata dalle altre; in realtà lui stesso ammette che non vuole fare una “predica coerente”, ma lasciare spunti su cui riflettere e da cui partire per cercare di darci risposte.
E’ Di Febo ad aprire gli interventi, facendo rilevare come la Chiesa non sia più un punto di riferimento, con regole ormai non condivisibili perché lontane dal mondo attuale (negare la Comunione ai divorziati, per esempio) e non comuni a tutti; auspica che il nuovo Papa possa riportarla più vicino alla gente. Replica Don Giovanni: certi principi, quelli fondamentali, non possono essere modificati per inseguire gli attuali costumi, perché dettati dal Vangelo; soprattutto non si possono citare particolari situazioni per criticare genericamente comportamenti che magari non sono univoci, nell’ambito stesso della Chiesa. Del resto anche la società reagisce in modo schizofrenico rispetto a talune scelte: Giovanni Paolo II fu elogiato per l’avvicinamento all’Islam, la Chiesa cattolica si apriva finalmente ad altre fedi, accettando di parlare una lingua comune con chi comunque crede in un proprio Dio.  Ma dopo l’11 settembre venne criticato, come se fosse in discussione il principio del dialogo.
Secondo Carli Moretti la Chiesa è diventata troppo “Stato” e non è più gestita seguendo le regole del Vangelo. Don Meroni condivide in parte la critica, perchè non ci sono solo mele marce. Le regole sono rimaste inalterate, vanno solo rispettate. Ricorda che Benedetto XVI ha chiesto le dimissioni di 70 Vescovi + 1, perché non li riteneva più identificabili con la Chiesa. E’ quindi questo il percorso da seguire, adeguare la Chiesa ai tempi togliendo chi non segue le regole.  Non è, quindi, la mancanza della parola di Gesù, anche se – ribadisce – dopo il perdono (che non può essere tolleranza) si chiede di non peccare più.
La battuta di Pomentale “Se Dio è eterno e non può sbagliare, perché ci sono due Testamenti?” merita il sorriso compiaciuto di Don Giovanni, che si accomiata lasciandoci un’immagine per questa Pasqua, con il motto “Fedeltà è il nome che ha l’amore nel tempo.”
Buona pasqua a tutti!

Angela Corengia

 

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