L'attività dell'Agenzia per i beni sequestrati alla mafia
17 Gen 2013
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CONVIVIALE DEL 17 GENNAIO 2013
La relazione del responsabile della sede di Milano dell'Agenzia, Dottor Nunzio Trabace
Nell'immagine: Giorgio Carcano, Giacomo Colombo e il Dottor Nunzio Trabace


Si riprende dopo una vacanza lunghissima, in serale, di giovedì e in una sede non consueta: sarà per questo che i nostri soci presenti alla Sala Bianca del Teatro Sociale, in interclub con gli amici del RC Como, sono pochi.

Giorgio Carcano presenta il relatore della serata Dottor Nunzio Trabace (che molti conoscono perché fu Capo di Gabinetto alla Questura di Como), responsabile della sede di Milano dell’Agenzia per i beni sequestrati e confiscali alla criminalità organizzata.

L’Agenzia è una delle iniziatve più recenti nella lotta alla mafia, perché fu istituita - in seguito a un grave attentato – da un Consiglio dei Ministri che si tenne a Reggio Calabria il 28 gennaio 2010.

Le nuove norme andavano a integrare quelle esistenti relative ai beni sequestrati, introducendo forme procedurali che consentissero processi più fluidi e soprattutto conferendo poteri all’Agenzia sin dal primo grado dell’iter che porta poi alla confisca. Dopo aver delineato la struttura organizzativa dell’Ente, che ha un direttore, un consiglio,  il collegio dei revisori ed è presente sul territorio con diverse sedi che fanno capo alle Prefetture, Trabace ne illustra l’attività, che si avvale di personale di elevato livello professionale che ha avuto una formazione ad hoc. Importante è la rete di collaborazioni con altri Enti e istituzioni, che rende più efficace l’aggressione dei patrimoni.

Le slides  accompagnano con i grafici i “numeri” dell’ultima rilevazione statistica, aggiornata al novembre 2012: 12.670 i beni confiscati, di cui circa 11.000 immobili ed il resto aziende; la Sicilia è la Regione più interessata ma anche la Lombardia è tra i primi territori dove si trovano i beni (4° per gli immobili, 3° per le aziende). I dati evidenziano un numero pressochè identico di confische al nord e al sud.

Per quanto concerne la destinazione, gli immobili sono in parte mantenuti nel patrimonio dello stato o conferiti agli enti locali e – se non utilizzati direttamente entro un anno – vengono concessi in locazione. Molti dei beni confiscati non possono essere destinati perché gravati da vincoli, o occupati o intestati a società; in provincia di Como gli immobili sono 53 e una decina le aziende. Uno dei problemi maggiori è quello di rendere disponibili i beni, il che richiede risorse non indifferenti. Lo stato di fatto all’atto del sequestro è il più delle volte disastroso, perché prima di “abbandonare” i beni la criminalità li danneggia in modo da renderli inutilizzabili se non affrontando oneri elevati. Per le aziende, se non cedibili rapidamente, per dare continuità all’attività si cercano soluzioni anche temporanee di locazione, garantendo in questo modo anche l’occupazione; spesso vengono concesse a Cooperative di lavoro, affiancate da figure professionalmente competenti. Purtroppo l’iter processuale comporta un periodo di circa 9 anni dal sequestro alla confisca, il che non agevola il mantenimento in bonis delle attività imprenditoriali. Va anche rilevato che le aziende detenute dalla criminalità organizzata vivono, prima del sequestro, in condizioni diverse rispetto a quelle analoghe: intimidazioni ai concorrenti, lavoro nero, evasione fiscale e grandi mezzi finanziari le pongono sul mercato in una posizione “privilegiata”, che diviene insostenibile dopo il sequestro con il rientro nella legalità e il venir meno degli apporti derivanti dal riciclaggio. Per queste difficoltà, cui si aggiunge la crisi economica nazionale, anche aziende “collocate” non sono state in grado di proseguire. Si rende quindi necessario un’attività selettiva prima dei sequestri, per focalizzare gli interventi su attività che possano essere rilanciate mantenendo quote di mercato accettabili. Importanti le sinergie con associazioni che operano nel mondo del lavoro, perché l’occupazione non sia più un mezzo di potere dell’organizzazione criminale (un “favore”) ma diventi un diritto e per agevolare il riassorbimento delle maestranze nelle aziende del territorio, magari con una riqualificazione per accedere a lavori diversi. Quello che si tende a sottolineare è che il personale delle aziende confiscate non è dipendente pubblico, quindi l’Agenzia non ha alcun obbligo di riassumerlo nelle strutture statali. Le ultime immagini si riferiscono ad attività ricollocate con successo (Aziende agricole, complessi alberghieri), ma Trabace evidenzia che il sequestro raggiunge il proprio obiettivo nel momento in cui sottrae beni che vengono gestiti in maniera illegale (con utili che rientrano nelle disponibilità della criminalità organizzata), riconducendoli alla legalità.

Apre gli interventi Lazzarini con una riflessione: perché deve essere lo Stato – e non i privati – a gestire i beni, con il risultato che poi si arriva all’insuccesso?  Della stessa opinione è Bergamo del RC Como, che ipotizza la privatizzazione dell’Agenzia. Trabace concorda in linea di principio con queste osservazioni, ricordando che l’istituzione dell’Agenzia è relativamente recente e si dovrà comunque perfezionarne il ruolo; l’attuale compito è quello di “traghettare” la gestione dei beni sino al ritorno sul mercato della legalità, attività che prima della vigente normativa era demandata al Giudice.

A Corengia Trabace precisa che gli introiti sono equamente suddivisi tra Ministero di Grazia e Giustizia e Forze di Polizia; gli insuccessi di aziende ricollocate, cui recentemente i media hanno dato risalto, sono riconducibili ad una situazione di normale mercato che vive oggi un periodo di difficoltà.

Cavallini (RC Como) paventa il riacquisto dei beni ancora da parte della criminalità organizzata; la cosa è possibile, ma Trabace sottolinea che comunque vengono sottratte risorse (con il sequestro prima e con il riacquisto poi); l’attività  investigativa, poi,  non ha soste e gli stessi beni possono essere riconfiscati.

Ancora Lazzarini riafferma i propri dubbi sulla gestione dei beni da parte di un ente pubblico e Trabace riconferma che i successi, se pur sia complesso monitorare costantemente i beni “usciti”, sono confortanti; si sta comunque lavorando al perfezionamento delle norme per rendere più efficace ed efficiente quest’attività, che ha come obiettivo primario quello di sottrarre patrimoni e risorse alla criminalità organizzata e liberare il mercato da situazioni di illegalità che costituiscono concorrenza insostenibile a chi opera legittimamente.

Conclude Giacomo Colombo con una considerazione finale lapidaria, secondo il suo modo di commentare le relazioni quando ringrazia l’ospite: “è un primo passo cui speriamo ne seguano altri, perché è un’esperienza nuova; ben venga che si riesca almeno a sottrarre i beni.”

Angela Corengia

 

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