Alcool e adolescenti: che fare?
25 Mar 2009
relatorialcoolgiovani

CONVIVIALE DEL 25 MARZO 2009
Patrizia Dugoni  suggerisce come affrontare il problema

Nell'immagine: Giuseppe Pianura, Riccardo Gelera, Sante Frantellizzi,  Patrizia Dugoni e Giovanni Agterberg


Sua eccellenza il Prefetto dottor Sante Frantellizzi, rotariano appartenente al Club di Latina, è l'ospite d'eccezione della conviviale, con il Presidente, un Consigliere ed il Direttore dell'A.C.I. Como, rispettivamente i nostri Soci Riccardo Gelera e Giuseppe Sani ed il Dr. Giuseppe Pianura.
Con l'ausilio di slides la nostra Socia Patrizia Dugoni - che ben conosce il tema come psicologa e psicoterapeuta  - introduce l'argomento della conviviale, riportando i dati consigliati dall'OMS sui limiti massimi giornalieri  dei tassi alcolemici: 20 grammi di alcool per la donna (2 lattine piccole di birra, o 2 bicchieri di vino o due bicchierini di superalcolici) e 30 per l'uomo (3 lattine di birra, 3 bicchieri di vino, 3 bicchierini di superalcolici). Esclusi totalmente dal consumo di alcool i giovani da 0 a 16 anni, non avendo gli enzimi per metabolizzarlo, le donne in gravidanza o che allattano, gli alcolisti, chi guida mezzi da trasporto, coloro che usano macchine da lavoro o che svolgono prestazioni che richiedono perfetta efficienza psicofisica, chi prende farmaci influenzabili dall'alcool.  L'assunzione di alcolici oltre i suddetti limiti comporta rischi che arrivano sino alla dipendenza, che si presenta con il bisogno di aumentare le dosi, con sintomi di astinenza, con un desiderio persistente di assunzione, con interruzioni o compromissioni delle attività lavorative. Chi è dipendente solitamente non se ne rende conto in tempo. Gli effetti vanno poi dall'euforia, all'ebbrezza , all'ubriachezza sino al coma, divenendo una vera e propria malattia. Sotto il profilo psicologico l'alcol non migliora lo stato di benessere ed altera la personalità.
I bevitori più assidui sono i giovani e le donne; la legge vieta la vendita degli alcolici ai minori di 16 anni. L'assunzione di alcool da parte dei giovani non è solo sporadica (con le conseguenze spesso mortali degli incidenti stradali), ma diviene una costante della fase adolescenziale, quando il ragazzo vive un periodo di contraddizioni, rompe con i legami familiari ed ha bisogno di passare molto tempo all'interno di un gruppo. I luoghi d'incontro privilegiati sono il bar o il pub; l'alcool seda quindi tranquillizza, fa sentire disinibiti e brillanti. Spesso è usato con sostanze tossiche, aumentandone  l'efficacia: l'assunzione di alcool con droga è la prima causa di morte tra i 16 ed i 18 anni.
L'alcolismo provoca alterazioni della sfera cognitiva ed affettiva, del comportamento, del carattere e della personalità. Inoltre si registra un blocco dello sviluppo psichico e biologico e può sfociare il altre dipendenze. Oltre il limite di 0,50 grammi/litro - previsto dalle norme del codice della strada - si assiste ad una riduzione della capacità visiva  e del raggio del cono visivo (quindi ridotta visibilità laterale), a sonnolenza e stanchezza. Se a questi effetti sommiamo atteggiamenti tipici dei giovani (sottovalutazione del rischio e sopravalutazione delle proprie capacità) e l'inesperienza nella guida, arriviamo ai risultati disastrosi che sempre più frequentemente fanno notizia. Ecco quindi che diviene fondamentale che non si guidi dopo aver bevuto, né si accettino passaggi o si offra da bere a chi deve guidare.
Che fare? Innanzi tutto prevenzione a 360 gradi, informazione e formazione, con un coinvolgimento generale dei soggetti che hanno a che fare con i giovani. In questo senso va la campagna promossa dall'ASL, che chiama a collaborare educatori e genitori, polizia e vigili urbani, autoscuole ecc.
Ancora: far rispettare il limite dei 16 anni per la vendita degli alcolici e proibire l'uso di veicoli potenti ai neo-patentati può servire, ma non va dimenticato che i giovani (e spesso anche i genitori)  sottovalutano il problema e che la trasgressione è tipica dell'adolescenza.
Dopo un breve intervento di Baj, che auspica anche forme di repressione, prende la parola il Dottor Frantellizzi. L'argomento oggi trattato sta molto a cuore alle Istituzioni, che hanno messo in atto un servizio di "vigilanza mirata". In Prefettura c'è un Comitato per la sicurezza stradale, formato da rappresentanti di ASL, Autoscuole, Motorizzazione civile ecc., che ha istituito corsi per istruttori di scuole guida finalizzati a dare le opportune informazioni ai giovani durante le lezioni per la patente. Bisogna poi che il Legislatore regoli la vendita degli alcolici ai minori di 16 anni, rispettata forse nei bar ma totalmente elusa nei supermercati. La famiglia - prima ancora che altri - deve poi riappropriarsi della propria funzione educatrice, lavorando molto sull'informazione e vigilando sui comportamenti. Anche per le sostanze stupefacenti l'ASL sta istituendo ambulatori mobili, per avere un controllo immediato dell'automobilista fermato.
Capsoni, riallacciandosi all'intervento di Baj, concorda sulle forme repressive e ritiene interessante la campagna di prevenzione adottata in Svizzera, con manifesti terrificanti che riproducono incidenti stradali. Anche Botto condivide l'idea di serie punizioni (sospensione dalla scuola, dalle attività sportive ecc.), così come attualmente si fa in America: i ragazzi che vengono fermati dalla Polizia e portati al Commissariato tendono ad evitare il ripetersi di tale esperienza.  Rileva poi come siano spesso i genitori i primi a chiedere che si chiuda un occhio per il proprio figlio, mentre il segnale deve essere quello che la Legge va rispettata.
Franco Brenna è in controtendenza: bere è una moda (come in passato lo era il fumo), ma fa parte della nostra cultura e delle nostre tradizioni, in quantità controllate giova alla salute. Senza dimenticare che c'è tutto un mondo economico che ruota attorno agli alcolici e non a caso i bar sono gli unici esercizi commerciali che non stanno risentendo della crisi. La campagna va quindi finalizzata a combattere l'alcool nocivo, così come fatto in passato per il fumo.
Fulvia Bianchi evoca l'educazione civica dei tempi andati come mezzo d'informazione, prima che sia il Direttore ACI, Dottor Pianura, ad intervenire. Per riassumere il fenomeno si deve parlare di problema culturale e di tendenza a violare le regole. L'ACI si sta attivando per una serie di interventi ben indirizzati, tra cui la proiezione di video di incidenti nelle scuole e nei centri commerciali (Bennet si è già dichiarato disponibile).
Chiude Dugoni, cercando di replicare agli intervenuti. Per affrontare il problema bisogna tener conto di tutti gli elementi ed agire a vari livelli (biologico, psicologico ecc.), quindi non "o".."o" ma "e".."e". Per quanto riguarda i cartelli e le forme repressive bisogna tener conto che per molti giovani potrebbero costituire stimolo ad affrontare il rischio o sfida; con ciò non si dice che debbano essere evitati, ma supportati da altre iniziative di prevenzione. Oggi sono gli stessi ragazzi, dopo un'adeguata campagna di informazione, a produrre cartelli sull'argomento per sensibilizzare i loro coetanei. Serve poi un monitoraggio costante, a qualunque livello a cominciare dalla famiglia, dei comportamenti dei giovani, non senza aver capito come riconoscere segnali di disagio. La prevenzione e l'informazione deve quindi raggiungere anche gli adulti, che devono imparare a identificare i limiti e ad offrire aiuto e difesa solo quando servono, senza esagerare con atteggiamenti protettivi. Bisogna ricordare che gli errori servono a crescere. Dopo la bella frase conclusiva tratta dal Piccolo Principe: " E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante", provocatoria la domanda finale di Patrizia: "quanti di noi sono responsabili e maturi?"..

Angela Corengia

 

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