Il significato della Pasqua per i Cristiani
08 Apr 2009
donmeroni1

CONVIVIALE DELL'8 APRILE 2009

Alcune riflessioni di Don Giovanni Meroni

Nell'immagine: Don Giovanni Meroni e Giovanni Agterberg


Torna a trovarci il Sacerdote "itinerante" della Val d'Intelvi (è ancora Parroco di cinque Parrocchie) Don Giovanni Meroni e l'apertura della sua relazione ci fa tornare alle lezioni di Religione: fa girare lentamente lo sguardo su tutti noi, interrogandoci con la domanda "cos'è la Pasqua? Cosa vuol dire?"  Timidamente qualcuno azzarda,  sottovoce,  una risposta: "resurrezione", alla quale fa eco un'altra domanda "cos'è la resurrezione?". L'impressione è quella che "nessuno si sia preparato" ed ai nostri tempi ne sarebbe seguito disappunto, quando andava bene, o peggio una sfuriata con relativa nota sul registro.
Invece Don Giovanni stempera l'atmosfera raccontandoci di una sua piccola allieva dell'Asilo (che bello, in Val d'Intelvi si usano ancora i vecchi termini scolastici) che, dopo aver seguito la lezione sulla Pasqua, rimprovera la mamma per non averle detto che "Gesu' è morto". E quando la mamma accenna un sorriso la rimprovera ancora: "non bisogna ridere!"
Non bisogna ridere quando si parla di Cristo, ma capire cosa significhi essere Cristiani: la vita eterna è "credere nell'impossibile". Cita un brano tratto da "Per un'etica condivisa" di Enzo Bianchi (ed. Einaudi): "L'uomo può essere umanamente felice senza credere in Dio, così come puo' esserlo un credente: non è la fede a determinare la felicità o l'infelicità di un essere umano. Del resto già i rabbini avevano sagacemente concluso che Dio ha creato una creatura in grado di dirgli"Tu non esisti, tu non mi hai creato".
Il buono muore e risorge solo nella religione cattolica. Cio'che è negato da Kierkegaar ("è impossibile che un morto risorga") per il Cristiano diventa possibile. L'ateo non può limitarsi a non credere ma deve saper motivare il suo pensiero. Riprende un passo tratto dalle meditazioni del Cardinale Zen di Hong Kong: "Ci sono atei coraggiosi che sono pronti a sacrificarsi per la rivoluzione, sono disposti ad abbracciare la croce, ma senza Gesù. Tra i Cristiani vi sono atei di fatto che vogliono Gesu' senza la croce. Ora, senza Gesù la croce è insopportabile e senza la croce non si può pretendere di essere con Gesù".
Nei giorni che precedono la Pasqua ci viene riproposto il dramma della passione al quale la Chiesa ha cercato - erroneamente a parere di Don Giovanni - di dare risposte. Ma non ci sono risposte alla domanda "perché si soffre", Cristo non da spiegazioni. La Sua pena è un atto d'amore vero, sublimato appunto dalla crocifissione. Cristo non è venuto nel mondo perché noi Lo comprendessimo, ma perché ci aggrappassimo a Lui, per afferrarci alla croce e lasciarci semplicemente trasportare da Lui verso il grande Regno della Vita.
La sua conclusione è semplice: bisogna solo credere, non ci sono risposte.
Dopo i brevi interventi di Franco Brenna e di Dotti, che sottolineano alcuni punti della relazione apprezzando la semplicità con la quale Don Giovanni ci invita a riflettere su temi così profondi, Pomentale esprime altrimenti il concetto di Fede: "credo per capire, anziché capire per credere" e Fulvia Bianchi cita la donna estratta viva 48 ore dopo il terremoto in Abruzzo come "miracolo di resurrezione". A quest'ultimo proposito, a chi  vorrebbe imprecare contro il Creatore per l'accanirsi della natura sugli gli uomini, Don Giovanni ricorda che "non è la terra che ha ucciso, ma le case e chi le ha costruite".
Agterberg, da ateo, ritiene che l'aiuto che si da al prossimo vada al di là della fede e Pomentale, condividendone sostanzialmente il pensiero, evidenzia tuttavia che noi ci portiamo dentro duemila anni di Chiesa, che in qualche modo condizionano il nostro modo di vivere. Don Giovanni replica con una frase di Gesù citata spesso da Madre Teresa di Calcutta: "Quello che avrete fatto all'ultimo dei miei piccoli lo avrete fatto a me".
Terraneo ricorda una conviviale - con il Vescovo Maggiolini - che si trasformò in un dibattito tra Franco Bocchietti (ateo dichiarato) ed il Prelato. A quest'ultimo, che concludeva dichiarando di credere se pur con dubbi, Franco replicò di avere solo dubbi, ma gli sarebbe piaciuto credere prima di morire.
Da cristiano Longatti esprime un certo disagio, perché dai discorsi fatti emergono i sentimenti della solidarietà umana, non della Cristianità. Nella vita quotidiana la Chiesa non da risposte al credente, perché i Sacerdoti devono difendere la Dottrina. Se il cristiano dibatte con il laico si scontra con chi, nella Chiesa, è lontano dalla gente e non vuole aprirsi, una sorta di fanatismo che è perdente, rispetto alle altre religioni. La Chiesa si dimostra sempre più fragile, seppellendo le proprie colpe per non dare scandalo; i cristiani costituiscono spesso un movimento di non fedeli, se pur praticanti, non disponibili al dialogo ed alla comprensione. Ritiene Don Giovanni un Prete anomalo, che si "toglie l'abito talare" per entrare in contatto con gli altri.
Don Giovanni ammette che ci sia confusione tra i cristiani anche per colpa dei Sacerdoti, che spesso non si confrontano con la gente. Ma ciò dipende da un vuoto che a volte il Clero sente; in questo senso è positivo l'intervento dell'attuale Pontefice che nel prossimo mese di giugno aprirà l'anno del Sacerdozio. A livello personale crede in quello che fa, accettando le regole imposte dal sacerdozio. Non sente, per esempio, il peso di non potersi fare una famiglia, perché vive comunque una sorta di paternità spirituale nei confronti dei suoi fedeli.
Conclude, lasciando aperta la strada del dubbio che comunque accompagna anche una fede forte, con una benedizione: "Signore, fai Tu qualcosa. La gente vuole essere ascoltata".

Angela Corengia

P.S. Oltre ad alcuni brani riportati nel testo in corsivo, Don Giovanni Meroni ci ha lasciato qualche frase che ha "fatto bene" alla sua vita. Eccole:
1. "Due notizie, una buona e una cattiva. La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno." "Due notizie, una buona è che in Italia ci sono milioni di atei. Quella ottima è che credono nella libertà di espressione":
2. Non è la strada che è impossibile, è l'impossibile che è la strada.
3. A quale tipo di martirio siamo chiamati? Cos'è in fondo il martirio? "Non possono prendersi le nostre vite perché le abbiamo già donate!" La lama del coltello non è il volto di chi è stato; la domanda da porci è, piuttosto, colui che ha dato la vita in nome di chi ha vissuto?
4. "Non conosciamo la nostra altezza finchè non siamo chiamati ad alzarci. E se siamo fedeli al nostro compito arriva al cielo la nostra statura". (E. Dickinson)
5. Dio prima patì e poi si incarnò. E quale fu la sofferenza di cui prima patì? Fu sofferenza d'amore, passione per l'uomo. "Caritas est passio" (Origene)
6. "La chiesa nasce lì, dalla contemplazione del Crocefisso amore. A fare il Cristiano non sono i riti religiosi, ma il partecipare alla sofferenza di Dio nella vita terrena". (D. Banhoffer)
7. "Dio non è venuto a spiegare la sofferenza ma a riempirla della Sua presenza".
(Bruno Maggioni)
 

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