Il dialogo dell'Urbanista con la Città
11 Nov 2009

CONVIVIALE DELL'11 NOVEMBRE 2009 
La realizzazione  dei Piani territoriali vista dall'Archietto Sergio Dinale

Alla base del lavoro dell'Architetto che si occupa di urbanistica ci deve essere la più ampia conoscenza di tutte le componenti che fanno di un insediamento una Città vivibile e ben organizzata. Il piano territoriale è innanzi tutto un documento programmatico di natura politica, che definisce le modalità di sviluppo e in qualche modo pone dei "paletti" da rispettare, magari non sempre coerenti con l'idea di valorizzazione e crescita che il Professionista può avere. Ma questo è l'ambito in cui l'urbanista si deve muovere, prima di tutto in maniera pragmatica. Il dialogo con tutte le componenti dell'aspetto aggregativo di una Città e l'interconnessione con altre discipline (la sociologia, la filosofia, le scienze ambientali, la mobilità, l'economia) fanno parte di un unico processo progettuale che deve condurre alla definizione delle relazioni tra insediamenti e ambiente e al rapporto tra le dimensioni dello spazio privato e  di quello collettivo. L'urbanista è come uno scalatore, che deve conoscere perfettamente i mezzi necessari per raggiungere l'obiettivo dopo aver attentamente analizzato il percorso più adatto. La fase preliminare di un progetto è quindi di estrema importanza, perché bisogna coordinare tutti i pezzi del puzzle dopo aver assunto le informazioni necessarie a vari livelli: una sorta di impalcatura che deve consentire la realizzazione di un edificio. A testimonianza delle diverse modalità di approccio per lo studio di un piano territoriale Dinale propone due tra i numerosi progetti realizzati: il piano di Erba e quello di Rho, realtà completamente diverse tra loro.
Erba, al centro di un sistema - anche viabilistico - che collega la Brianza con Milano,  Lecco, e Como, presentava tutte le caratteristiche reperibili in un insediamento (nucleo storico, presenza di tutti gli habitat animali e vegetali riconosciuti dalla CEE, zone altamente urbanizzate, insediamenti industriali, commerciali e artigianali), che hanno necessitato di un radicale riequilibrio. Caratteristica piuttosto rara è l'esistenza di 7 nuclei originali, perché Erba è l'accorpamento di 7 Comuni, ciascuno con diverse caratteristiche ed una propria autonomia, con un centro storico ed una periferia. La città è ricca di infrastrutture (tutte le scuole superiori, un polo fieristico, il tribunale, un centro sportivo); sono numerose poi le grandi ville con parco, già residenza estiva dei Milanesi, che punteggiano le zone collinari e le villette sono state realizzate a macchia di leopardo un po' ovunque. Prioritario quindi è apparso mantenere le esigenze abitative esistenti, tra cui un ricco tessuto sociale fatto anche di ben 140 associazioni presenti sul territorio. Impensabile realizzare un unico centro-piazza dove ritrovarsi, meglio mantenere le singole specificità e valorizzarne le peculiarità. Da qui la scelta di  far coesistere tutte queste strutture (collegate solo da strade) anche attraverso percorsi ciclo-pedonali, con la necessità di acquisire al patrimonio comunale aree strategiche per consentire questi collegamenti e quelli con le zone di pregio ambientale.
Rho invece aveva una struttura molto semplice e di modesta qualità, un'enorme periferia di Milano senza centro storico. Sul territorio sono però presenti la nuova Fiera, l'area dell'Alfa Romeo e, in prospettiva, il punto di accesso all'Expo 2015; gli insediamenti rendevano riconoscibile la campagna circostante, al contrario di un tempo. Sull'asse del Sempione si sono avute grandi trasformazioni, con una ferrovia che si è riorganizzata per consentire il decentramento del trasporto su gomma di cui Milano è ormai saturo. Analizzando le problematiche Dinale scopre che vi sono numerose analogie con l'asse di Parigi (Città per la quale ha realizzato un progetto per la Dèfense): stessa distanza con il centro, confine con l'area metropolitana. La vocazione di Rho sembra quindi essere quella di "accogliere" i flussi che la facilità di collegamento attrae, rafforzando l'asse del Sempione, ricollegando i bacini idrografici di cui Milano è ricca, riconnettendo il centro con l'area Fiera ed Expo. L'offerta verde, che è ricca ma modesta come singola disponibilità, trova una destinazione connettiva per gli spazi d'accoglienza e per quelli pubblici.
Come ultimo esempio di "dialogo" con la Città, Dinale ci offre un esercizio di lettura di Como, centrato sul "patrimonio" ereditato dal passato e rivisto in funzione del futuro.
La Città ha tre importanti patrimoni:
" la rete ferroviaria, pressoché esclusa - sino ad ora - dal riordino urbanistico;
" la rete ecologica, ricca sotto il profilo ambientale, che non è mai stata utilizzata per migliorare la qualità dell'aria;
" la rete culturale, tra cui - fiore all'occhiello - il razionalismo.
Lo studio parte da questa analisi per giungere ad alcune considerazioni:
1) tutte le trasformazioni devono passare sul sistema ferroviario, che deve essere rivitalizzato per costituire una vera alternativa al traffico su gomma;
2) bisogna creare continuità tra i due grandi sistemi ambientali (Spina verde e collina di Garzola) consentendo anche un'aereazione, attraverso i cosiddetti corridoi ecologici, per migliorare la qualità dell'aria (meno inquinamento)  e del clima (meno umidità);
3) fare una sorta di "campo dei miracoli" del razionalismo comasco nella zona stadio, valorizzando il percorso degli edifici esistenti.
Sempre nell'ottica di un miglioramento della qualità dell'aria sarebbe poi interessante realizzare un corridoio di continuità attraverso un canale che sostituisca la tangenziale, con utilizzo dell'alveo del Cosia. Sogni, più che progetti, esercizi per immaginare una Città davvero diversa, con migliore vivibilità e con una spinta all'economia attraverso l'utilizzo delle risorse naturali e culturali presenti.
Prendendo spunto da una richiesta di chiarimenti di Fulvia Bianchi, Dinale precisa che a Como c'è un deficit di strade incolmabile, perchè non c'è spazio per potenziare la rete stradale. Necessario quindi pensare ad infrastrutture pubbliche, con un approccio diverso da quello attuale, che non prende mai in considerazione l'enorme fortuna di avere una rete ferroviaria, di cui anche i Cittadini non hanno percezione. Il mondo è cambiato: qualche anno fa Renzo Piano fece un progetto, a Lecco, con 2000 posti auto; oggi a Londra ne prevede solo 60.
Capsoni replica a Dinale che è impossibile oggi pensare ad una riqualificazione dell'area del Cosia, in quanto ormai tutto costruita. Si assiste ad una corsa forsennata di piani attuativi di riconversione delle aree ex industriali, con una visione solo politica del problema (fare cassa). In questo modo si stanno bruciando tutte le possibilità future e sarebbe auspicabile che si ponga un freno ai piani attuativi in attesa dell'approvazione del Piano del territorio.
A Masciadri, che lamenta coordinamento con i Comuni limitrofi in fase di progettazione, Dinale conferma che il Piano del territorio e la VAS servono proprio ad evitare interventi scollegati tra loro.
E' bello pensare ad una Città diversa, più vivibile e forse meno umida: per il momento però c'è da risolvere la questione del muro.. esempio di dialogo tra la Città che chiede di guardare (avanti) e chi risponde alzando barriere.

Angela Corengia

 

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