VISITA ALLA MOSTRA DI EDWARD HOPPER
28 Gen 2010

CONVIVIALE DEL 28 GENNAIO 2010
Con il R.C. Como a Palazzo Reale a Milano

Trasferta in pullman a Milano, con gli amici del Como, per visitare la mostra di Hopper. Il viaggio consente a Giuliano Collina di farci conoscere l'artista e di introdurci alle opere che vedremo. Hopper nasce, vive, e muore a New York. Come da tempo Giuliano ci insegna l'arte del '900 vuole "provocare": non è il caso di Hopper che, malgrado sia venuto in contatto in Europa con le avanguardie, di cui è coevo, non si fa condizionare né ne segue le tracce. Il suo percorso formativo è dei più classici, con la frequenza alla scuola d'Arte, gli inevitabili viaggi in Europa, in particolare a Parigi, dove Picasso dipinge "Les Madamoiselles d'Avignon" (siamo nel primo decennio del novecento) e Marinetti "inventa" il futurismo; sta insomma prendendo piede quella rivoluzione artistica (fauvismo, cubismo, astrattismo) che caratterizzerà l'arte della prima parte del secolo scorso. Egli sembra ignorare, o forse rifiuta, questi nuovi linguaggi, attratto maggiormente dagli impressionisti o dal realista Courbet.
Hopper dipinge esclusivamente l'America (salvo il periodo europeo) e prevalentemente New York; la sua pittura è senza scosse, il suo percorso artistico lineare, senza digressioni, di un pragmatismo assoluto. Rappresenta la realtà senza voler attribuire significati intrinseci, come qualcuno ipotizza definendolo il "pittore della solitudine". La sua ricerca è meticolosa, segue un percorso di lavoro tradizionale - come ben evidenziato nella mostra - preparando l'opera con schizzi e disegni preliminari, dove indica addirittura colori e tonalità.
La mostra in complesso è migliore di quelle proposte recentemente a Palazzo Reale (ma secondo Giuliano sarebbe difficile sbagliare con Hopper, anche se le sale finali - che tornano agli anni 20, lasciano perplessi), e le opere definiscono bene il percorso artistico del pittore e le influenze dei primi periodi,  rendendo ben chiara poi l'immutabilità della sua linea. Vi sono rappresentate tutte le forme espressive, dal disegno alle bellissime acqueforti, dall'acquarello agli oli ed ai disegni pubblicitari, con qualche opera di grande pregio.
Hopper è l'America come la rappresentava Chandler (e Carver aggiungerei), raramente i suoi quadri sono animati e l'unica modella è la moglie Jo, che diviene "forma" all'interno delle sue opere che non tradiscono mai sentimenti. Significativo - come ci fa rilevare Giuliano - un suo autoritratto, in cui lo sguardo è "altrove", quasi a non voler lasciar trapelare alcuna emozione guardando il proprio interlocutore.
Breve passeggiata, poi, attraverso la Piazza del Duomo e la Galleria sino al Savini, dove ci attende una cena assolutamente nelle aspettative del suo organizzatore, che fa dire a tutti "Brenna, un nome..una garanzia".
Ringraziamenti a Giuliano e Franco ma anche a Laura e Wanda, le preziose segretarie dei due Club che, malgrado contrattempi e defezioni dell'ultimo minuto, sono riuscite ad organizzare perfettamente la serata.

Angela Corengia

 

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