PAROLE CONTRO IL SILENZIO
10 Feb 2010

CONVIVIALE DEL 10 FEBBRAIO 2010
Laura Casati parla di autismo

Relatore d'eccezione, oggi: la nostra segretaria Laura, di cui - anche attraverso il curriculum pubblicato sul bollettino e.."massacrato" dalla pronuncia improbabile di Campisani nella presentazione - possiamo andare ancor maggiormente orgogliosi. Prima della relazione viene distribuito da Dotti il rendiconto del Service Ghana, che pubblichiamo. Laura si definisce "una persona informata sui fatti" connessi al tema della sua relazione, della quale - nel titolo - già si intravede la traccia: parole come linguaggio e comunicazione, silenzio come assenza di parole ma anche di informazione e di risposte per un disturbo, l'autismo, che i più hanno conosciuto solo in occasione del  film Rain Man. Le statistiche parlano di 4,5 casi su 10.000 bambini (in USA) ma anche di un nato su 62 in Giappone,  variando da paese a paese; le previsioni sono  sconfortanti,  perché si ipotizza che i "disturbi pervasivi dello sviluppo" (così viene anche definito l'autismo) aumenteranno sino a diventare un'emergenza sociale ed economica di prim' ordine.
Sino a 40 anni fa gli autistici venivano rinchiusi nei manicomi. Questa sindrome fu studiata e descritta per la prima volta nel 1943 da Leo Kanner, uno psichiatra della Johns Hopkins; le cause  erano e sono ancora sconosciute (addirittura si pensava potessero dipendere dall'inadeguatezza materna), per il momento si esclude che siano genetiche. I sintomi si manifestano con evidenza sui tre anni: il bambino non parla più, ha atteggiamenti strani, non sorride. Sono i "bambini della luna" o i "bambini pesci", perché assenti e muti. Non esiste cura, se non per la riduzione di alcuni comportamenti o disturbi a volte associati (epilessia, deficit di attenzione, disturbi del sonno, scatti violenti); si cerca di contenerne gli aggravamenti o di migliorare semplicemente la qualità della vita, che si riduce tuttavia, in molti casi, ad una mera sopravvivenza. Ancora difficili sono le modalità di intervento per la diagnosi precoce, perché le madri spesso tendono a minimizzare il problema del loro bambino ed i pediatri non sempre sono in grado di riconoscerne i sintomi. In Italia gli esperti sono difficili da trovare ed esistono due soli centri specialistici (a Pisa e Verona) con liste di attesa di oltre un anno, quando la diagnosi precoce del disturbo è una delle condizioni essenziali per ottenere risultati migliori. Gli Stati Uniti sono in questo campo all'avanguardia, avendo da tempo adottato un protocollo per definire i livelli di indagine; i fondi tuttavia sono stati tagliati dal Presidente Bush e solo ora ripristinati da Obama. Purtroppo, durante questo periodo, chi era precedentemente in cura è regredito, in quanto è fondamentale seguire costantemente l'autistico. 
I metodi terapeutici sono individuali, perché ogni bambino presenta caratteristiche diverse: frequentemente l'intelligenza - anche elevata - è mascherata dall'assenza di interesse, la mancanza di parola non preclude la scrittura, eventi  apparentemente insignificanti (una coda ad uno sportello, per esempio) scatenano crisi di violenza o di panico. E' facile immaginare come si possano incontrare, nel tentativo di offrire il meglio ai propri figli, "avvoltoi" che approfittano di queste situazioni per vendere a caro prezzo solo palliativi di nessun valore terapeutico.
L'autistico ha una vita sociale solo se proviene da una famiglia ricca, perché l'aiuto costante di cui necessita è molto costoso. Solo due Regioni (Piemonte e Toscana) garantiscono le cure ABA (attraverso psicoterapeuti); l'integrazione scolastica in Italia - se da un lato favorisce l'inserimento sociale del bambino - necessita di insegnanti di sostegno esperti che oggi il sistema non è in grado di assicurare. I genitori si devono quindi far carico del problema pressoché da soli, con percorsi a volte insufficienti per mancanza di risorse. E resta comunque l'angoscia del dopo, in assenza di strutture adeguate che garantiscano un futuro  sostenibile ai loro figli.
Laura è mamma di Marco, autistico. Marco è fortunato, perché parla, esce da solo, è inserito in un contesto sociale, è costantemente seguito dalla sua famiglia che gli assicura interventi efficaci. Ha frequentato una scuola che potrebbe consentirgli un'occupazione ma non trova lavoro, - come molti giovani d'oggi, certo  -ma in America, per esempio,  per lui sarebbe più facile. Avrebbe un tesserino che ne identifica la disabilità, impedendogli  magari di stare in coda, favorendo le sue attività e inserendolo nel mondo del lavoro. In India si ha grande rispetto per gli autistici, perché dolcemente si entra nel loro mondo fatto di sogni trasformando le attenzioni in linguaggio: questione di cultura, la stessa che in alcuni Paesi (e anche da noi sino a non molto tempo fa) faceva "nascondere" i diversamente abili in casa - per eccessiva protezione ma spesso purtroppo anche per vergogna . L'unica vera risorsa sono le Associazioni dei genitori, di cui Marta (la sorella di Marco) ci mostra uno spot. Questi gruppi operano tuttavia senza "fare squadra", secondo una cattiva abitudine italiana, anche se stanno facendo passi in avanti con tre Associazioni che si sono riunite. L'esigenza è trovare fondi per garantire sostegno alle famiglie con figli autistici (in Italia sono circa 360.000), ma è anche quella di poter contare su aiuti di altra natura, come l'amicizia, l'ascolto, la disponibilità a "dare una mano".
E' Elisabetta Broli, Giornalista ed Editore de "l'Ordine", ad aprire gli interventi: il suo giornale è disponibile per quanto possa occorrere, a partire dalla pubblicazione della relazione di Laura e di qualsiasi altro appello, informazione o iniziativa. Brenna sottolinea quanto sia importante che chi vive i problemi metta a disposizione degli altri le sue esperienze e sollecita l'Assessore Veronelli, presente alla conviviale, a dare spazio "pubblico" a questo servizio.  Campisani si associa all'appello, garantendo - e la proposta è condivisa da tutti - il sostegno del Rotary a qualsiasi progetto e auspicando che si approfondisca, in particolare, come ci si possa rapportare con un autistico per interagire con lui e dialogare adottando il suo linguaggio.
Naturalmente l'invito non cade nel vuoto: Anna Veronelli assicura la disponibilità dell'Assessorato ad aiutare in concreto le famiglie e non abbiamo dubbi sul suo interessamento. Già è aperto uno "sportello" che offre supporto al problema della dislessia attraverso due mamme e questo può essere fatto sin d'ora anche per l'autismo.
Dugoni, che conosce il problema da un punto di vista professionale, evidenzia che in Italia da poco si è affrontata la questione dell'autismo, per cui non ci sono ancora esperti - nei vari settori di intervento - adeguatamente formati.  Il primo obiettivo deve essere quello di poter fare diagnosi precoci, perché neuro-psichiatri o psicologi intervengono solo in un secondo momento.  Suggerisce pertanto di sensibilizzare i pediatri e di organizzare incontri con gli educatori degli asili nido, adottando magari progetti pilota - se esistenti - o collaborando alla stesura di un protocollo di intervento. Laura condivide, sottolineando che i bambini non sono autistici dalla nascita, ma cominciano a regredire improvvisamente sino ai tre anni, quando la patologia diventa evidente. Importante quindi il monitoraggio costante, oltre che della famiglia, di coloro che hanno a che fare con il bambino.
La conclusione è di Antonio Sala, che vuole innanzi tutto complimentarsi con Laura sia per la relazione ma ancor più per la sua "bravura" di mamma.  Parole del silenzio, ma anche parole "nel" silenzio, perché le Istituzioni non ci sono. Il silenzio è cosmico ma non è vuoto: lo diventa solo se non lo si sa leggere. E' un problema comune a tutto il mondo dell'handicap, perché i linguaggi dei disabili sono multiformi, le abilità ci sono e vanno valorizzate, non "deviate". E' vero che la famiglia a volte si vergogna di avere un disabile in casa, ma l'emarginazione si combatte con la disponibilità degli altri, con l'impedire che la società ignori il problema  o allontani il "diverso". E' necessario insegnare le parole del silenzio. E voler imparare le parole del silenzio.
Davvero brava la nostra Laura, che è riuscita a rendere lieve una relazione su un argomento così complesso, coinvolgendoci  - con la sua solarità, il suo ottimismo ma anche la sua "rabbia" sottintesa - e stimolandoci. Saremo sicuramente al suo fianco, per quanto potremo, per aiutarla nella sua "crociata" contro l'indifferenza del Sistema e per sostenere i progetti suoi e delle tante "Madri coraggio". 
Grazie Laura!

Angela Corengia

 

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