CONVIVIALE DEL 24 MARZO 2010
Fulvio Capsoni parla dell'esperienza di progettista del restauro di Casa Schiavetti
Parlare di ospitalità, in casa Schiavetti, è limitativo: l'accoglienza è arricchita dall'apporto personale dei Padroni di casa, che curano tutti i particolari di una superlativa cena a base quasi prevalentemente di prodotti della "loro" terra (verdure, frutta) e del "loro" allevamento (zamponi e cotechini di maiali di famiglia, peraltro, come vuole sottolineare Attilio, mai conosciuti direttamente).
Per meritarci tutto questo ben di dio, però, dobbiamo prima ascoltare l'interessante relazione di Fulvio Capsoni, che ha curato il restauro della casa in cui ci troviamo. Quattro anni di ricerche, idee e lavori che hanno coinvolto anche quella che Fulvio definisce "la Committenza illuminata", con Attilio che chiede e progetta a fianco dello staff Capsoni. L'edificio, già della famiglia Primavesio, fu ristrutturato a partire dal 1760 ad opera dell'Architetto Simone Cantoni, esponente importante del neoclassicismo, lo stesso di Villa Olmo e di numerose costruzioni comasche (ex Banca d'Italia, facciata del Seminario in Via Cattaneo, Liceo Classico con il recupero delle colonne romane di San Pietro in Atrio ecc.). Gli interventi di Cantoni sono evidenti nelle finestre, nei portoni, nei cornicioni e nelle balaustre, come pure, secondo Fulvio, nello scalone d'accesso. Gli affreschi di due sale, realizzati dagli stessi abili artigiani di cui Cantoni si servì anche a Villa Olmo, sono stati riportati al loro antico splendore. La casa subì poi rimaneggiamenti successivi - particolarmente devastanti dopo il 1941 - e qualche recente "saccheggio". Era stata edificata sul decumano che dalla Porta Pretoria portava al lago e da qui è probabile che passò anche Giulio Cesare; a pochi metri di profondità sono state ritrovate le tracce del Foro, che si estendeva sino all'ex Fulda. I muri portanti erano sospesi nel vuoto, a testimonianza di un'antica realizzazione su palificazioni nell'acqua melmosa: quando il lago si ritirò, rendendo asciutta la zona, i pali si disintegrarono. L'intervento è stato accurato sin nei particolari, con una ricerca meticolosa dei materiali più adatti e la realizzazione di ambienti (come la cucina) studiati secondo le esigenze degli Schiavetti, anche se Simonetta confessa di aver chiesto solo un piccolo "eremo" tutto suo che è stato sì realizzato, ma senza riscaldamento. I pavimenti di pregiato noce sono stati interamente asportati e restaurati prima di rimetterli in opera e si è cercato di ripristinare tutte le parti dell'edificio che meritassero di essere salvaguardate; tutto questo associato ad un'alta tecnologia per l'insonorizzazione delle solette, per il riscaldamento a pavimento ed altre soluzioni decisamente all'avanguardia. Esperienza unica, secondo Capsoni, la collaborazione di Attilio che ha contribuito in modo determinante all'ottima riuscita del progetto, realizzato passo per passo non senza ostacoli e fatto "convivere", nella parte esterna della corte, con la seconda ala del fabbricato, di altri proprietari, che poi da su Via Natta. Arrivano i primi piatti, che chiamare antipasti è sicuramente riduttivo, prima del "taglio" degli zamponi (con pistacchi) da parte di Attilio, serviti con lenticchie e purea di patate "della casa". Mele cotte, sempre di famiglia ed altre squisite dolcezze per concludere, con vini eccellenti ed un favoloso Recioto da dessert imbottigliato dallo stesso Attilio. Grazie a Simonetta e Attilio e alla loro straordinaria accoglienza: mentre ci accomiatiamo il profumo del sigaro di Brissago - che ben si intona con il resto della casa - ci accompagna sullo scalone. Se non fosse per le auto parcheggiate nel cortile, ci aspetteremmo di sentire arrivare la carrozza..
Angela Corengia
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