Immigrazione: politiche e sfide dell'Italia in Europa
07 Apr 2010

CONVIVIALE DEL 7 APRILE 2010
Il Rettore dell'Università di Perugia - Professoressa Stefania Giannini - analizza il problema della mobilità.

Stefania Giannini - Rotariana -  è docente universitaria (addirittura Rettore dell'Università per stranieri di Perugia) e introduce la sua relazione con una domanda: "siamo ancora un paese unitario e se sì con quali componenti di base?" Un bel quesito su cui i "difensori  del territorio italiano" potrebbero confondersi, considerando la storia del nostro Paese che ha visto invasioni e dominazioni diverse, culture che si sono stratificate in maniera totalmente difforme; i dialetti costituiscono vere e proprie lingue talvolta incomprensibili anche ai confinanti, la cucina è ricca di diversità, persino i tratti somatici sono differenti. Da qui parte Giannini, per una revisione (mutuata dal Ministro Frattini) del concetto di "immigrazione", che diventa  "mobilità".

Nell'Unione Europea a 27 stati membri, con circa mezzo miliardo di persone, gli immigrati con cittadinanza straniera sono più o meno 28 milioni e la cifra raddoppia se si considera chi nel frattempo ha acquisito la cittadinanza del Paese ospitante. I principali flussi provengono dagli Stati del vicino Est (32%), dall'Africa (22% di cui due terzi dal settentrione), dall'Asia (16%) e dalle Americhe (15% per lo più dai Paesi latini). Nei loro confronti sarebbe necessario adottare un atteggiamento equilibrato: rappresentano infatti sia un potenziale di crescita e di sviluppo, se integrati a tutti i livelli sociali (scuola, lavoro e territorio), ma anche un potenziale fattore esplosivo di disgregazione sociale. L'Italia è uno dei primi Stati europei per numero di immigrati con oltre 4 milioni censiti, di cui 600.000 nelle scuole su 820.000 minori. La concentrazione massima è al nord, nelle aree urbane e nelle regioni zone industrializzate, ma anche l'agricoltura e l'allevamento oggi necessitano di mano d'opera straniera per sopravvivere. L'atteggiamento degli Italiani è diviso tra chi ritiene gli stranieri indispensabili (circa un 46%) e chi li considera responsabili del disagio e dell'insicurezza sociale (poco meno del 50%).
L'Europa ha in realtà una sfida comune e duplice: una interna (la gestione dei flussi migratori in continua crescita) e una esterna, con l'esigenza di definire una propria identità puntando su alcuni pilastri politici, culturali ma anche linguistici. Diversi sono gli approcci al problema dell'integrazione:
- Il modello tedesco, che si sviluppò nel dopoguerra prevalentemente con immigrati turchi e italiani, identificava  lo straniero come "lavoratore ospite", strettamente funzionale ad un'esigenza economica temporanea che poi prevedeva il rientro in Patria. Lo straniero costituiva un'identità staccata dal contesto sociale del Paese;
- Il modello francese tende invece all'assimilazione, con alla base un'attività educativa che - dalla scuola primaria - renda gli immigrati "francesi". Ma l'annullamento progressivo dell'identità forse non è stato in grado di produrre un'integrazione effettiva, considerati  i  recenti incidenti nelle banlieuses;
- Il modello anglosassone (adottato in Usa, Canada e Gran Bretagna) prevede una convivenza pacifica nel rispetto delle identità culturali degli stranieri. In apparenza un sistema perfetto, che tuttavia presenta difficoltà di dialogo multiculturale e finisce soprattutto, paradossalmente, con il rafforzare la segregazione ed indebolire la capacità di incidenza politica;
- Il modello italiano, infine, sembra aver adottato l'obiettivo di  accoglienza e integrazione: ciò evidenzia la presenza, nelle scuole primarie, di 194 lingue diverse, con un crollo delle iscrizioni alle scuole secondarie e la pressoché totale assenza di accesso ai Licei. La causa di questi insuccessi è, secondo Giannini, la non perfetta assimilazione dell'Italiano, essendo la lingua (giustamente considerata Diritto umano) fondamentale per un processo di integrazione; il problema degli insuccessi scolastici diventa quindi "sociale", con alti tassi d'abbandono e giovani in qualche modo allo sbando.
La legislazione italiana, dagli anni ottanta,  ha cercato di regolare le condizioni di permanenza degli stranieri con politiche di immigrazione (norme per l'ingresso e il soggiorno) e politiche per gli immigrati (accesso ai servizi e diritti di coloro che sono ammessi a risiedere nel territorio). In tempi più recenti invece si è affrontato il problema di coloro che sono entrati  in Italia senza autorizzazione. Norme e sanatorie hanno cercato di regolare gli ingressi dei lavoratori stranieri in maniera coerente con le esigenze del nostro Paese, creando tuttavia un percorso ad ostacoli per coloro, per esempio, che decidono di frequentare una scuola Italiana.  Un'adeguata politica di accoglienza ed inserimento è fondamentale per ottenere risultati anche sul piano della lotta alla clandestinità e della tutela della sicurezza; per questo i problemi vanno affrontati sul piano culturale partendo dal basso, con percorsi di informazione prima di tutto agli insegnanti che dovranno essere in grado di valorizzare le differenze linguistiche e culturali. Fondamentale poi è la collaborazione con i Centri territoriali e le strutture che operano nell'ambito dell'integrazione, a partire dai corsi di alfabetizzazione e di formazione professionale. In questo ambito rientrano anche percorsi di educazione civica e approfondimenti  per migliorare la conoscenza culturale e, quindi, il rispetto reciproco. Ad oggi sono state adottate misure frammentarie e disorganiche, soprattutto a causa di finanziamenti esigui e non coordinati in un piano univoco. La conclusione di Giannini è che non si può solo programmare uno sbarramento dei flussi:  bisogna lavorare sulla dimensione culturale per favorire l'integrazione di coloro che entrano o che già vivono sul nostro territorio.
Fluida ed efficace la relazione, che apre un dibattito interessante anche se i tempi sono contenuti.
Massimo Gervasini fa osservare come frequentemente gli imprenditori vedano i lavoratori stranieri come un'opportunità per produrre maggiori redditi (mano d'opera irregolare, orari di lavoro prolungati e diritti negati): su questo fronte sarebbero  necessari interventi che garantiscano uguali diritti, anche per non penalizzare le maestranze locali. Chiede poi a Giannini un parere sull'ascesa della  Lega lombarda al nord, un movimento che fa della lotta all'immigrazione la sua bandiera.   La risposta è un'ipotesi che meriterebbe un approfondimento socio-culturale: la lega enfatizza il problema della sicurezza, cavalcando le paure dei cittadini che vanno ad identificare nello straniero il "nemico" che sottrae lavoro e delinque. Ma la criminalità è conseguenza di una situazione di disagio ed emarginazione e il più delle volte il lavoro "rubato" non trova italiani disposti a farlo. Del resto un modello analogo è stato già vissuto in Italia, con le migrazioni dal meridione negli anni del boom industriale al nord: la convivenza era difficile e le dinamiche identiche a quelle odierne. Ma non si può risolvere a priori il problema della sicurezza, che è solo un sintomo della difficoltà di integrazione, senza affrontare la questione nel suo intero contesto culturale.
Anna Maspero, che ha il merito di averci fatto conoscere Giannini (sua "compagna di spiaggia"), condivide l'importanza della lingua nel processo di integrazione; come Medico assiste quotidianamente persone che non sono in grado di esprimersi: è indispensabile puntare, anche come Rotary, sui corsi di alfabetizzazione.
Franco Brenna ritiene di dover attribuire qualche colpa alla politica, che dove funziona raggiunge risultati. Porta come esempio Novellara, in Provincia di Reggio Emilia, dove l'elevato numero di stranieri si è perfettamente inserito nella Comunità locale. Non così a Prato, dove i Cinesi  costituiscono un' autonoma e disintegrata colonia, o in Calabria (e in genere nel profondo Sud), dove la criminalità organizzata (mafia, camorra ecc.) assorbe - integrandoli perfettamente nelle maglie della propria struttura - gli immigrati. Teme che la disorganizzazione del Governo centrale non possa essere risolta con il decentramento federalista, che potrebbe causare risultati ancora più devastanti. Fulvia Bianchi, condividendo sostanzialmente la chiamata in causa della politica,  ricorda il recente tentativo del nuovo Sindaco di Prato di far convivere l'imprenditoria locale con quella cinese, incentivandone l'emersione.
A Brenna Giannini replica sottolineando la negatività della parcellizzazione degli interventi, che registra oasi di assoluta integrazione sovente anche grazie all'Associazionismo; sul federalismo ritiene indispensabile un coordinamento centrale e un decentramento di talune competenze, che tenga conto, tuttavia, di squilibri territoriali. Auspica poi, riferendosi all'intervento di Bianchi, che Prato riesca a risolvere i suoi problemi, legati anche alla totale mancanza di censimento degli stranieri presenti sul territorio. Sempre a Bianchi chiarisce che la Bossi-Fini, demandando alle Ambasciate l'accertamento di offerte di lavoro in Italia per poter autorizzare gli ingressi, di fatto preclude gli scambi culturali, negando per esempio il visto a studenti o ricercatori. Si sta lavorando per proporre un emendamento al riguardo.
Torna poi alla domanda iniziale: siamo ancora un Paese unitario?  La risposta, che tiene conto dell'osservazione di Pomentale ("non lo siamo mai stati"), è positiva per quanto concerne la nostra immagine culturale all'estero, malgrado la complessità del territorio. Cita al riguardo l'esempio di una scuola cinese che propaganda lo studio in un'Università calabrese con l'immagine della Torre di Pisa: per la maggior parte dei Paesi è già complicato capire che l'Italia è al centro del Mediterraneo.
La nostra unità è la somma di identità che ci consente di avere forza all'estero, dove la cultura, la creatività, le Arti italiane sono universalmente riconosciute. E' necessario rafforzare la "regia generale" per far sì che anche in Italia queste risorse costituiscano base di un dialogo con coloro che entrano nel nostro Paese, per un reciproco rispetto che porti a valorizzare l'integrazione coerentemente con il messaggio diffuso da Bruxelles ai singoli Paesi europei:  "diversità è ricchezza".Un'interessante "lezione" che auspichiamo possa continuare in occasione dell'uscita del saggio che Stefania Giannini sta scrivendo: ci ha promesso che verrà a presentarlo e Anna Maspero si è impegnata a riportarla a Como.

 

Angela Corengia

 

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