Il Presidente in Israele
14 Nov 2010
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La visita di Roberto Dotti per il service 2010-2011

(nell'immagine da sinistra: il Direttore dell'Holy Family Fratel Carlo, Silvia e Roberto Dotti e il Presidente del R.C.Nazareth Yusef Sourji)


L’aereo atterra a Tel Aviv poco dopo le quattro di mattino e quando è ancora buio, fuori ad aspettarci c’è Fratel Carlo, guanelliano di Tartano in Valtellina, che si è alzato a notte fonda per venirci a prendere all’aeroporto: da oltre vent’anni è in Israele vicino agli handiccapati, direttore dell’Holy Family di Nazareth, profondo ed attento conoscitore della realtà israelo-palestinese, esperienze in Russia e Afganistan: con la sua lingua araba parlata senza accenti o inflessioni sarà la nostra insostituibile guida. Usciamo dall’aeroporto, infastiditi dai continui controlli iniziati a Milano, alla partenza, e proseguiti senza tregua fino all’arrivo, quando ormai è l’alba, percorriamo l’autostrada in direzione nord diretti a Nazareth, superiamo i monti del Carmelo nelle cui grotte hanno vissuto gli eremiti ed il profeta Elia e scendiamo nella piana di Esdrelon.

rotary_baradello_israele_1A sinistra c’è Megiddo (nell'immagine), l’antica e misteriosa città sulla Via maris che portava i mercanti dall’oriente fino al Mediterraneo e di fronte a noi Armageddon: lì la Bibbia - libro dell’Apocalisse, (vers. 16-6) - dice che si svolgerà la battaglia finale tra le forze del Bene e quelle del Male ed iniziamo ad entrare nell’atmosfera che ci affascinerà per tutto il viaggio. Alle prime luci arriviamo a Nazareth. Ai tempi di Gesù non era altro che un piccolissimo villaggio sulle montagne piene di grotte e anfratti e anche David Roberts, nel suo viaggio del 1839 che lo ha portato in Egitto, Giordania e Palestina, così ce la dipinge.   Aveva detto Natanaele quando Filippo, per la prima volta, gli parlò di un predicatore che percorreva le strade della Galilea: Nazareth, cosa può venire di buono da Nazareth? Ora è una grande città dai due volti: la caotica e rumorosa zona araba - Nazareth è oggi amministrata dagli arabi Palestinesi - e le ampie colline che la circondano dove è stata creata Nazareth Illit, moderna ed ordinata, per ospitare la gran parte del milione di ebrei russi che hanno lasciato le Repubbliche russe quando è crollato il muro, beneficiando della Legge del ritorno, l’aliyab, in vigore, secondo lo storico Benny Morris, dall’ormai lontano 1881 e che garantisce a ogni ebreo del mondo di poter tornare in

L’Holy Family dell’Opera Don Guanella di Nazareth (nell'immagine): entriamo dal cancello nell’antico monastero delle clarisse, alla sinistra ci sono dei filari di ulivi e poi cipressi e palme, sulla destra c’è la bandiera italiana ed i padiglioni, oggi deserti perchè è domenica, ma nei quali domani ritorneranno 195 bambini e 160 tra maestre, assistenti, psicologi, medici e cuoche.

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Nelle vie di Nazareth il traffico delle macchine, dei furgoni carichi di frutta, dei pullman dei turisti che vanno verso la Basilica è già caotico e rumoroso e così sarà fino a notte; tra i viali dell’Holy Family i rumori sono sfumati, la pace è irreale e ci porta il profumo dei datteri e della Galilea. Saremo svegliati prestissimo, il giorno dopo, da una musica diffusa e delicata che invade la Scuola e che accoglie i ragazzi che arrivano da tutta la Regione; li aiuta a sentirsi ben accolti, quasi fossero ancora a casa. Sarà una mattina splendida: entriamo nelle aule, salutiamo le maestre Sabah el kheir (Buon giorno), e ci sentiamo rispondere, dopo un attimo di sorpresa per essersi sentite salutare in lingua araba, Sabah en nur (Sia per te un giorno luminoso). Le maestre capiranno subito che il mio arabo finisce quasi lì, ma ormai siamo diventati amici e cominciamo a lavorare insieme per un giorno per quei bambini splendidi che frequentano la scuola.

Certo è che ci invade una grande tristezza quando entriamo nella Sala degli angeli; sono quasi una ventina i bambini colpiti da sindromi più gravi e che non hanno speranza di sopravvivere; nelle ultime settimane quattro se ne sono andati, si deve solo dare tutti noi stessi per fare che vivano la loro breve vita nel modo più sereno possibile, per far sì che si sentano amati e considerati. (nell'immagine).

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E qui, davanti a questi bambini, si vede come non contano niente le diversità di etnia, di religione, di provenienza, di stato civile; contano solo l’impegno e l’amore di tutti, maestre, educatori, bambini, genitori, che sono musulmani, ebrei, arabi, cristiani, israeliani, drusi, in una comunità che rappresenta, sotto la guida degli amici Guanelliani, un’unica pacifica comunità.

Gerusalemme (nell'immagine sotto) è una di quelle città che ci ha affascinato fin da quando eravamo bambini: le chiare mura di Solimano il Magnifico (Suleiman, forma araba di Salomone) che cingono la città vecchia e la Cittadella di David e il pinnacolo del Tempio sul quale il diavolo condusse Gesù (Tentazioni, Luca, 4, 1-13; Matteo, 4, 1-11; Marco, 1, 12-13), i vicoli del quartiere musulmano, il Cenacolo, la Via Crucis, la Cupola della roccia (Qubbet es Sakhra) con la caverna che fu luogo di preghiera di Davide e di Salomone, costruita sulla roccia dove si compì, secondo la tradizione ebraica mishanica, il sacrificio di Isacco.

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Una mappa medioevale ebraica di Gerusalemme (nell'immagine sotto) fissa qui il centro del mondo, ed altrettanto fece Dante ponendola al centro dell’emisfero boreale (Divina Commedia, Purgatorio, 2. 3).

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Abbiamo dormito al villaggio di Betania (Marta e Maria, la guarigione del lebbroso, Matteo, 26, 6-13, Luca, 10, 38-42), sulla strada che da Gerusalemme scende a Gerico, proprio addossati al muro alto nove metri che, in quel punto, ha circondato un asilo ed ha reso impossibile a più di 50 bambini arabi di frequentare una scuola cristiana, efficiente e con maestre dolcissime.          Per qualche mese, dopo che il muro era stato costruito (nell'immagine), una piccola porta è rimasta aperta per consentire ai bambini palestinesi, e solo a loro, di frequentare l’asilo: alle otto di mattina entravano dalla zona occupata e alle quattro del pomeriggio facevano ritorno a casa.

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Ad aprile quando sono stato lì la prima volta era così ma a ottobre, quando sono ritornato, l’accesso era già chiuso e la porta blindata era sbarrata: a tenere aperto quel piccolo passaggio per i bambini non ci sono riusciti nè il Papa nè il Patriarca di Gerusalemme: ora i bambini non vanno più all’asilo e sono in giro per le strade dei quartieri arabi. E questa situazione non la si trova solo a Betania o Gerusalemme, è la stessa in tutti territori occupati.Ed è triste perchè noi sappiamo l’importanza che ha una educazione sana, l’essere accolti in un ambiente sereno, pulito, l’essere circondati dall’affetto fin dai primi anni di vita e quanto possono dare le nostre istituzioni cristiane.

Con il Rotary Club Nazareth, che conta 43 soci, cristiani e musulmani, abbiamo instaurato ottimi rapporti: ci aspettano in Israele in primavera, ricambieranno la visita a Como, a maggio.Yusef Srouji (nell'immagine del titolo con il Presidente) ne rappresenta l’anima: è stato Presidente del Club e poi Governatore del Distretto di Israele che conta circa 60 club; ama l’Italia, ha studiato alla scuola italiana di Nazareth e lì ha conosciuto sua moglie con la quale è sposato da oltre cinquant’anni. E’ un arabo cristiano, la sua famiglia è di origine siriana, venuta in Palestina nel 1700.Ci ha invitato a cena, abbiamo apprezzato il menu arabo fatto da una miriade di salsine arabe dolci, salate e piccanti, e poi agnello e montone e, per finire, il dolce preparato dalla moglie, a casa sua, a Nazareth alta, sull’ampio terrazzo che si affaccia sulla piana di Esdrelon, sul Monte Tabor e sulla Giordania. E’ con il Rotary Club Nazareth che realizzeremo il nostro progetto.

In primavera il nostro Club sarà in Israele e nei Territori Occupati perché vogliamo portare direttamente e personalmente il nostro contributo a favore degli handicappati dell’Holy Family e dei bambini palestinesi. Sarà anche l’occasione per i nostri soci credenti di tornare sui luoghi della vita terrena di Gesù: Nazareth, il Lago di Tiberiade, il Monte delle Beatitudini, Cafarnao, il Santo Sepolcro (9), il Monte degli ulivi e, per i soci attenti alla realtà sociale, di vedere i luoghi che non rientrano nelle rotte abituali del turismo religioso: il Golan, i territori Occupati, Me’a She’arim, il Quartiere di Gerusalemme abitato dagli ebrei ultraortodossi, l’ormai "abbandonata" Gerico, Qumram, dove furono ritrovati, nelle giare delle grotte, i "rotoli" manoscritti del 200 a.C., Masada.  Senza che possa mancare il classico bagno nel Mar Morto.

Roberto Dotti

 

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