Piero Collina - Poeta dialettale comasco
23 Feb 2011
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CONVIVIALE DEL 23 FEBBRAIO 2011
La relazione di Alberto Longatti accompagnata dalle letture di Diego Gaffuri.

Nell'immagine: Alberto Longatti


Nell'elegante sala Pasta del teatro Sociale la presenza è elevata, malgrado le conviviali serali siano in genere poco gradite, soprattutto in occasione di qualche importante partita di calcio.
Oggi abbiamo salutato per l'ultima volta Riccardo Di Bona e, dopo il minuto di silenzio, è Alberto Longatti, con lui tra i soci fondatori del Club, a dedicargli un pensiero, qui riportato in apertura. In particolare Alberto ricorda che Dino, nell'anno della sua Presidenza, portò il Baradello a donare alla Città la catalogazione di tutti gli spartiti musicali del Duomo, lamentandosi  poi per la breve durata del mandato presidenziale, che non gli aveva consentito di fare di più.
Alberto ci introduce poi nel mondo di Piero Collina, in particolare in quello di Poeta in vernacolo comasco, la cui fama è legata, oltre che alla fondazione della Famiglia Comasca, al poema ispirato ai Promessi Sposi. Definire "Poeta dialettale" Collina è riduttivo, perché fu a tutti gli effetti un Poeta italiano, secondo Alberto post-moderno. Forse non nel senso più corretto del significato (l'opposizione al concetto di progresso), ma per un suo desiderio di "uscire dal moderno". Collina viveva infatti con uno sguardo sempre rivolto al passato, per una mancanza di fiducia nei confronti del tempo in cui viveva, che considerava artificioso, non naturale, imposto dalle convenzioni sociali. Gli anni della sua adolescenza erano stati i migliori: da qui il bisogno di recuperare "quella" genuinità, di gustare le gioie della giornata sin dalle piccole cose (mangiare, bere, dormire), di amare la sua terra. Era nato nel quartiere del "Rungiun" - più precisamente in Via Carloni - quando Como era un insieme di Borghi, che ben troviamo descritti nella sua opera insieme con il recupero di sensazioni e di semplici gesti quotidiani. Momenti di commosso lirismo - sempre comunque trattati con arguzia - nella poetica degli addii, con il brivido della morte per la consapevolezza di non essere eterni, nella "nustalgia" del piccolo mondo paesano perduto, ben rappresentata anche nell'"addio monti.." dei Promessi sposi.
La nuova versione dialettale trasforma il capolavoro manzoniano in una narrazione in versi che attualizza nello spirito informatore la vicenda, pur mantenendo la massima fedeltà al testo originale, perché la storia che si svolge nel '600 avrebbe potuto svolgersi nell'800, storia del passato ma anche di un presente che si racchiude nel senso della vita. Le scene, quasi teatrali, ne favoriscono la revisione, che non è parodia ma la ricostruzione di un mondo simile in cui proiettare le proprie osservazioni.
Grazie alle successive letture di brani e poesie da parte di Diego Gaffuri, che fu amico di Collina e interprete delle sue opere, ci si immerge in questo "tempo andato" e si riesce agevolmente ad apprezzare il sorprendente talento dello Scrittore, percependo il significato del suo messaggio poetico.
E' poi Franco Soldaini a voler ricordare Piero Collina, conosciuto nel 1983 e da allora - e fino alla sua scomparsa - legato da un'amicizia che aveva nella cucina lariana il massimo punto d'incontro. Memorabili gli scontri di Collina con Pupi Brenna su questo tema: il primo - se pur riottoso - nell'ammettere che il Comasco non aveva niente, il secondo a difendere invece  una tradizione culinaria locale.
Un ultimo aneddoto di Alberto sul bis di una Poesia chiesto dal Presidente: quando Don Aldo Galli volle edificare il Sacrario di Garzola, Collina scrisse un ipotetico dialogo con Don Antonio (il precedente Parroco che aveva per primo pensato alla nuova Chiesa), pubblicato su La Provincia per lanciare una sottoscrizione pubblica, che portò poi alla realizzazione del progetto.
Peccato per gli assenti, soprattutto per coloro che hanno sacrificato una bella conviviale per vedere la squadra del cuore sconfitta…

Angela Corengia

 

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