A Milano al Museo del 900
23 Giu 2011
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CONVIVIALE DEL 23 GIUGNO 2011
La visita guidata da Giuliano Collina e Alberto Longatti all'Arengario

Nell'immagine: una sala dell'Arengario con un'opera di Lucio Fontana


Trasferta a Milano con il pullman e nel corso del viaggio le nostre sagge guide Longatti e Collina ci illustrano quello che andremo a vedere.
Inizia Alberto: l'Arengario fu ideato nel 1936 con lo scopo di eliminare la manica lunga del Palazzo reale per realizzare una sorta di porta di accesso alla Città storica delineata dal piano Mengoni. Il concorso bandito vide vincitore, nel 1937, l'Architetto Piero Portaluppi, cui vennero affiancati Giovanni Muzio (per garantire un'impronta classica),  Arturo Martini per le sculture ed altri.
La Giunta Moratti,  che ha voluto trovare una sede da affiancare a Via Palestro per la collezione di proprietà comunale (che conta circa 4.000 opere), ha disposto il recupero del corpo appoggiato a Palazzo reale, con il preciso obiettivo di farne il Museo del '900. I due progettisti, gli Architetti Italo Rota e Fabio Fornasari, hanno lasciato inalterato l'esterno, realizzando all'interno una salita elicoidale che termina con le sale dell'Archivio del '900, che fanno parte di Palazzo reale.
Il Museo presenta un percorso cronologico dell'arte del '900 - con opere che vengono frequentemente sostituite grazie alla ricchezza del materiale disponibile - ed è ben dotato di servizi accessori (book-shop, ristorante).  A piano terra gli spazi sono destinati a mostre temporanee.
Il testimone passa a Giuliano, che condivide il giudizio di Longatti circa il pregio del recupero, con un valore aggiunto costituito dalla splendida vista sulla Piazza e sul Duomo. Descrive il percorso museale,  commentando soprattutto le correnti che vi sono rappresentate, che da una visione completa dell'evoluzione artistica italiana dagli inizi dello scorso secolo ai giorni nostri.
La relazione - da cui sono tratti i commenti che seguono - ci accompagna sino a Milano, a pochi passi dall'Arengario e  qui la visita al Museo, un gruppo con Giuliano e l'altro con Alberto.
La prima opera in mostra è "Il Quarto Stato" di Pellizza da Volpedo, realizzato nel 1901, simbolo del movimento popolare che porterà ad una nuova coscienza sociale. Nelle sale successive dapprima opere di inizio secolo di autori  eccellenti  (Picasso, Kandinsky, Mondrian, Klee, Braque, Morandi, Matisse), per passare ai futuristi (Balla, Boccioni,  Depero, Funi)  che attingono al divisionismo lombardo di Segantini e Morbelli  per realizzare opere più  vivaci e luminose, con la caratteristica parcellizzazione del colore.
Il "Ritorno all'ordine" nato dopo la prima guerra mondiale,  con la riorganizzazione degli spazi per tornare nei Musei, è ben rappresentato da alcuni lavori che segnano il distacco dalle avanguardie di inizio secolo; si continua quindi con Carrà, De Chirico, Sironi, Severini, Martini (con splendide sculture) ed altri, se pur con qualche "buco", ripetizione o mancanza di collegamento nel susseguirsi cronologico dell'esposizione, dovuti alla struttura delle collezioni di provenienza delle opere, improntate al gusto personale del proprietario; in compenso si ritrovano artisti ormai dimenticati come Morlotti e Guttuso.
Vediamo sul percorso  i "nostri" razionalisti (Rho, Radice, Galli, Badiali) e deliziose opere di Melotti; all'arrivo di una scala, lo spettacolo offerto dalla prima sala dedicata a Lucio Fontana vale tutto il Museo e va guardato, con l'eccezione di uno splendido trittico con i famosi graffi e tagli sul metallo alla ricerca di un nuovo concetto di spazio, con il naso all'insu': un soffitto è costituito da riquadri di un grande pavimento, magistralmente recuperato, realizzato dall'Artista per un albergo; sotto  l'altro è stata ricostruita un'enorme e delicatamente contorta opera di volute di tubi di luce, che - immaginiamo soprattutto la notte - colloquia con la visione del Duomo, davvero vicino.  Nella sala successiva l'emozione di molti quadri dell'Artista, protagonista indiscusso della storia dell'arte, che ha messo in dubbio tutti i canoni della pittura a partire dalla tela.  Dopo Burri arrivano i cambiamenti:  Giuliano spiega che, a partire dagli anni 60, si modificherà l'espressione artistica, forse con la volontà - che ha guidato la pop-art di Warhol - di abbandonare l'introspezione che ha caratterizzato il passato. Non più opere aggressive e piene di materia, ma - pur senza generalizzare - minimalismo e all'apparenza superficialità, forme essenziali e ben definite, colori netti.  Nella seconda parte del Museo si vivono quindi queste nuove atmosfere (ad eccezione di due  sale dedicate a piccole sculture - teste di personaggi celebri -   di Marino Marini che meritano una visita a parte) ed in una delle prime sale è esposta una scultura del nostro Somaini, accanto ad Accardi, Tancredi, Kounellis, Capogrossi ed altri.
Una piccola sala è interamente dedicata a Piero Manzoni; poi rappresentanti dell'"arte povera" e autori contemporanei , installazioni di Kounellis, Fabro, Zorio, Merz e ancora Schifano, Boetti , Paolini, Pistoletto e  le ricostruzioni di "arte cinetica" (con possibilità di accesso in alcune con conseguente stato confusionale a causa degli effetti  ottici) di Colombo, Boriani, Varisco, Dadamaino.
Davvero un'overdose di arte, che lascia alla fine un po' storditi per l'abbondanza delle opere esposte. Guidati poi dal "responsabile al vitto" Franco Brenna (che naturalmente è arrivato al Museo con quel giusto ritardo che gli ha consentito comunque di aggiungersi al gruppo), tutti in Galleria al Savini, a conclusione di una trasferta davvero piacevole e interessante.
Un grazie agli organizzatori (Dugoni  compresa, che ci ha assistito in biglietteria) e ai relatori.

Angela Corengia

 

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