Ercole Ferrata, un Intelvese protagonista del Barocco a Roma
14 Set 2011
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CONVIVIALE DEL 14 SETTEMBRE 2011
La relazione del professor Ernesto Palmieri

Nell'immagine: Ernesto Palmieri con Camillo Vittani


Trasferta in Val d'Intelvi, a San Fedele, per la conviviale organizzata da Damiano Cattaneo.
Ritrovo al Museo Andrea Brenta, dedicato - come ci spiega il Presidente di Appacuvi (Associazione per la protezione del patrimonio artistico intelvese) Dottor Livio Trivella, a tutti i patrioti e commilitoni della Val d'Intelvi.  Sulla targa all'ingresso leggiamo che il Museo è stato realizzato nell'abitazione di Andrea Brenta, "che combattè con Garibaldi e con l'esercito piemontese, partecipò alla liberazione di Como e della Valtellina, capeggiò la rivolta mazziniana del 1848, respinse l'attacco dell'esercito austriaco salvando la Val d'Intelvi e - tradito dai codardi - fu condannato a morte con i suoi commilitoni l'11 aprile 1849. Cadde gridando "Viva l'Italia e i miei nove figli".
Nella sala a piano terra Cattaneo introduce brevemente il relatore Professor  Ernesto Palmieri, grande appassionato  e conoscitore degli artisti e maestri intelvesi, oltre che eccellente fotografo (tutte le slides proiettate sono state realizzate da lui) e produttore di frutta e verdura.
Ercole Ferrata è tra i più prestigiosi artisti intelvesi  e Palmieri ci racconta la sua vita attraverso la biografia che ne fece Filippo Baldinucci, storico dell'arte che conobbe  lo scultore. Ferrata nacque nel 1610 e - giovanissimo  - "andò a bottega" da  Tomaso Orsolino, un manierista barocco di Genova, dove imparò a realizzare i Cherubini che lo  resero poi famoso. Si trasferì quindi a Napoli - dove eseguì numerosi lavori di cui Palmieri ci mostra le splendidi immagini - poi a L'Aquila e infine a Roma. Qui realizzò alcune opere per la Basilica di San Pietro, lavorando a fianco di Bernini che addirittura gli consegnò i marmi da scolpire. Passò poi alla bottega di Alessandro Algardi, dove divenne l'allievo preferito;  il suo terzo importante maestro fu quindi Pietro da Cortona. Le numerose opere che ci vengono mostrate sono caratterizzate da una vena di dolcezza che declina a volte in tenera malinconia; l'arte di Ferrata fonda classicismo e barocco, discostandosi dalla rigidità di stile di Bernini. Grande è la qualità dei panneggi e dell'espressività dei volti; notevoli anche gli stucchi che realizzò con maestria quasi unica.
A 75 anni tornò a Pellio, dove  istituì la prima condotta medica e farmaceutica della val d'Intelvi e portò i bozzetti lignei che aveva realizzato per destinarli ai ragazzi che avrebbero intrapreso la sua professione. Nel suo testamento destinò i crediti che vantava verso i Comuni della Valle per istituire una cappellania.
Ferrata fu ideale rappresentante della professionalità dei maestri vallintelvesi, che si distinsero nel mondo per la fedeltà alla parola data, la serietà economica ed il rispetto dei termini di consegna.
E' ormai buio quando lasciamo il Museo, ma il tempo è volato grazie alle meravigliose immagini delle opere e la grande capacità di catturare l'attenzione del relatore. Ci aspetta una polenta e brasato quasi autunnale.
Grazie a Damiano Cattaneo, che ci ha fatto conoscere un altro pezzo dell'enorme patrimonio del nostro territorio.

Angela Corengia

 

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