Omaggio a Giuseppe Pierpaoli
11 Gen 2012
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CONVIVIALE DELL’11 GENNAIO 2012
La visita alla mostra allestita dalla Famiglia comasca

Nell'immagine: il catalogo della mostra


Inizio d’anno in trasferta, presso la sede della Famiglia comasca che ospita la mostra dedicata a Giuseppe Pierpaoli allestita da Michele.
La prima impressione di chi l’ha frequentato è che la sede sia troppo piccola per contenere tutto il nostro Peppo,  che si evidenzia in maniera ancora più eclettica di quanto lo abbiamo conosciuto. Il primo ricordo è di Camillo Vittani, che inizio’ la sua “vita” rotariana insieme con lui e gli fu vice-presidente nel 1991/92. Peppo aveva già allestito, sotto la Presidenza Ratti, la “Mostra di frontiera” in San Francesco e nel suo anno curò, con il RC Lugano, la “Mostra dell’editoria italiana e ticinese”, per organizzare la quale spesero numerose serate avvolti nelle sue nuvole di fumo. La memoria va ad una breve vacanza trascorsa nella sua casa in Val d’Intelvi: il viaggio sulla Volvo nera (la macchina di Batman) con in braccio il suo gatto, le sere passate davanti al camino a scambiarsi ricordi e confidenze.
A Longatti il compito di tracciarne la figura artistica e professionale, che svolge con l’affetto di chi ebbe il privilegio di godere della simpatia e del calore dell’amicizia di Peppo. La mostra non gli rende completamente omaggio perché necessariamente compressa negli esigui spazi della Famiglia comasca, che così lo ricorda sul libretto edito per l’occasione: “Giuseppe Pierpaoli amava la vita, trasmetteva agli altri il suo entusiasmo, la sua costante voglia di avviare iniziative, di costruire qualcosa insieme….” Pierpaoli fu architetto per vocazione: disegnava con grande facilità e aveva sempre più di una matita, trovando fogli anche di fortuna (chi non ricorda gli schizzi sui menù delle conviviali). Per passione fu pittore ma non “della domenica”, avendo studiato a Brera e insegnato. Anche le donne che sposò, Rosella prima e Marisa poi,  dipingevano ed assecondarono sempre il suo lato artistico. Le due attività proseguirono in parallelo, con reciproca influenza di un linguaggio sull’altro.  Così  Alberto chiude il suo intervento sul piccolo catalogo della mostra: “Giuseppe Pierpaoli non ha mai smesso di abbinare la pittura all’attività di architetto. Era un suo modo di cogliere sempre e comunque aspetti del quotidiano, di esprimere moti dell’animo, di concentrare sguardi nell’ambito domestico. Forse anche di mettere ordine ai pensieri, ai sogni: o di cercare una sosta all’impegno razionale, alle motivazioni professionali di costruttore, per dare sfogo a un mondo interiore, alla sua ricerca di sensibilità affettiva.”
E’ poi Michele a guidarci attraverso la mostra, per lui occasione di mettere ordine nell’immenso lavoro del padre (schizzi, disegni, modelli  e progetti architettonici, quadri e sculture) che iniziò anche prima dei 14 anni a disegnare e proseguì sotto la guida di Salardi. La passione (ma anche l’abilità innata) gli derivava dalla mamma pittrice e per tutta la vita si dedicò all’arte, anche durante i 50 anni in cui esercitò la professione di architetto. La scelta di Michele nel selezionare i progetti non è stata dettata da qualità tecniche particolari, bensì dalla volontà di esprimere il linguaggio che nasceva comunque sempre dalla matita: il disegno fu la base di tutto il suo lavoro. Così vediamo alcuni dei tanti progetti, realizzati e no: Palazzo Rusconi, un innovativo restauro che non si sottrae a interventi di contemporaneità, il nuovo Collegio Santa Chiara (aveva 29 anni) con le vetrate di Salardi, il progetto del 1967 per il Palazzo Igiene di Viale Lecco (l’attuale autosilo), che prevedeva la salvaguardia degli scavi che si integravano in una corte interna. Ancora: interventi all’isola Comacina (1965) per valorizzare le “Case per artisti” del Lingeri e creare un museo, il quartiere di Via El Alamein del 1970 e condomini in Via Borgovico, il restauro della Villa Imbonati a Cavallasca del 1987 -il primo lavoro con Michele-, il progetto per il concorso della nuova sede del setificio e quello del 1967 per la sua casa in Val d’Intelvi. Allestì alcune mostre per il Rotary e la Famiglia comasca, partecipo’ ad un concorso per la sede universitaria di Venezia, realizzò progetti per edilizia scolastica, progettò il restauro di San Carpoforo e del castel Baradello (per il Rotary) e i giardini di Via Balestra e una bella Piazza Cavour con al centro la fontana di Cattaneo e Radice, oltre al “Giardino delle rose” di Via Sant’Elia. La prospettiva era per lui strumento facile  come lo fu l’uso di tecniche pittoriche diverse.  Nella seconda sala troviamo i dipinti di 60 anni di vita artistica, che passano da accenni metafisici all’astrattismo, dal post-impressionismo a ritratti e nudi femminili,  dal figurativo al geometrismo, dalle sculture alle nature morte, cavalcando ogni tecnica e forma espressiva con grande capacità.
Anche Giuliano Collina sottolinea la grande velocità di segno, che si ritrova sino alle opere più recenti; Peppo fu un artista completo che attraversò alcuni movimenti del ‘900 interpretandoli a suo modo,  passando dalle influenze di Salardi a quelle di Braque, di Cantatore, di Casorati e Cagli, testimoniando anche quello che fu la pittura comasca del dopoguerra.
Con un ringraziamento a  Piercesare Bordoli, Presidente della Famiglia comasca, che vuole tracciare un ultimo ricordo affettuoso di Peppo, si conclude la visita alla mostra. Cena all’Osteria del Gallo.

Angela Corengia

 

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