Innocenzo XI Odescalchi nella Chiesa del suo tempo
25 Gen 2012
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CONVIVIALE DEL 25 GENNAIO 2012
La relazione di Monsignor Saverio Xeres sulla figura del Papa comasco

Nell'immagine: Monsignor Xaverio Xeres e Camillo Vittani


La presentazione del Relatore, il professore Monsignor Saverio Xeres, è di Sergio Lazzarini, che è stato suo allievo e ne traccia un profilo affettuoso;  come sua consuetudine,  poi, rafforza  il suo dire con la documentazione che si è portato appresso: due tra i testi scritti appunto da Xeres.
La conviviale era per la verità prevista per il 2011, perché si celebravano i 400 anni dalla nascita di Benedetto Odescalchi, ma gli impegni dell’illustre relatore hanno costretto lo slittamento di qualche mese.
Parte in quarta, Monsignor Xeres, carpendo subito l’attenzione di tutti con la sua travolgente oratoria. Benedetto Odescalchi nacque appunto a Como nel 1611, all’epoca sotto il dominio degli Spagnoli, da famiglia benestante appartenente alla borghesia cittadina (erediterà un cospicuo patrimonio). Studia dai Gesuiti ed entra in contatto con l’Oratorio, fondato nel 600 da Filippo Neri, presso la Chiesa di San Giacomo.  Si trasferisce poi a Napoli, anch’essa governata dagli Spagnoli, per laurearsi in diritto, che per lunghi secoli della storia della Chiesa fu lo studio privilegiato di coloro che rivestivano posizioni dominanti, in particolare dei Papi. La sua formazione si configura quindi negli schemi, da alcuni studiosi è considerata persino piuttosto povera e provinciale; è un giovane normale, caritatevole, ma con scarsa conoscenza degli uomini, della Chiesa e del mondo in genere. Riceve la tonsura sempre a Napoli, entrando così a far parte dello “stato clericale” che garantiva immunità penale e fiscale e apriva la strada alla carriera ecclesiastica. Due erano le regole vigenti per entrare al Vaticano: le raccomandazioni (Benedetto viene sostenuto dal Cardinal Pamphili) e gli appalti dei servizi (essendo di famiglia ricca il fratello gli compra ben tre uffici). Segue quindi la prassi dell’epoca e come primo incarico importante è Commissario fiscale: fa in sostanza l’esattore per raccogliere fondi per le guerre, che costituivano il maggior impegno finanziario per la Chiesa, nel suo caso per consentire di contrastare i Farnese di Parma. Diviene quindi Governatore a Ferrara, su delega del Papa, dove cerca di porre rimedio alle emergenze causate dalla carestia e, considerata la sua abilità in campo amministrativo, viene nominato “padre dei poveri” per i risultati che riesce ad ottenere. Anche in questo caso Monsignor Xeres sottolinea che non si tratta di riconoscimento popolare ma di comuni attribuzioni cadute dall’alto. Resta il fatto che il suo tenore di vita è modesto, predilige la vita ritirata (inconsueta per l’epoca) e si dedica con competenza e scrupolosità alle incombenze del proprio ufficio, con molte opere di carità verso i bisognosi. La carriera prosegue poi con la nomina a Vescovo di Novara (quindi deve diventare prima Prete perché il suo ruolo è stato sino ad allora solo amministrativo) e dopo due anni cede la Diocesi al fratello, sempre secondo l’uso del tempo, riservandosi una pensione di 3.000 fiorini, la metà delle rendite del vescovado. Nel 1676 diventa Papa con il nome di Innocenzo XI, in un momento in cui la Chiesa ha bisogno di riforme. In un memoriale di Mariano Sozzini, superiore dell’Oratorio filippino, vengono definite le proposte di intervento per un possibile candidato Papa, che si riassumono in tre punti fondamentali: no al nepotismo, no ai privilegi, più rigore teologico. Innocenzo XI adatta la sua politica pontificale a queste linee guida: si circonda di pochi collaboratori e rifiuta la nomina del nipote Livio a Cardinale – la figura di alter ego del Papa secondo la consuetudine – sconvolgendo gli ambienti romani. Sceglie come segretario l’amico Cardinal  Cybo, che è a libro paga del Re Sole e nomina altre tre persone di sua fiducia, Favoriti, Casoni e De Luca (uno dei migliori giuristi di Napoli), uomini di grande rigore e vicini alla spiritualità giansenista. Ciò lo mette in contrapposizione con Luigi XIV, con la Curia romana e con i Gesuiti.
Tre sono le fasi del papato.  Nella prima tenta di fare le riforme, riassestando le finanze con il taglio di molte cariche onorifiche, dei privilegi tra cui le “patenti” ed  il nepotismo.  Istituisce una commissione allo scopo che conclude i lavori con una bolla, ma deve rinunciare al progetto per la strenua opposizione dei Cardinali.
La seconda fase lo vede promotore di una crociata per fermare i Musulmani in Europa: finanzia una lega di stati cristiani (la Francia non partecipa) che contrasta l’invasione liberando dapprima Vienna e poi Budapest: l’oriente non tornerà più in Europa. E’ sicuramente la fase più felice del suo pontificato, che probabilmente gli varrà la beatificazione. La terza fase è quella del declino, che inizia con l’arrivo a Roma di Padre Molinos, legato agli Oratori e fautore del “quietismo” -una spiritualità che “lascia fare a Dio” -, in contrasto quindi con le idee dei Gesuiti e della Chiesa che invece impongono regole. L’arresto di Molinos per implicazioni peccaminose (predicava una certa libertà del corpo, quindi indirettamente comportamenti spregiudicati), molto vicino al Papa - che addirittura aveva nominato Cardinale Petrucci, amico di Molinos - e ai suoi collaboratori, mette in difficoltà Innocenzo XI. Il Sant’Ufficio si prende quindi la rivincita sulle sue velleità riformatrici, indebolendolo anche nei rapporti politici con la Francia.
Tra le accuse mosse a Odescalchi c’è quella di aver finanziato gli Orangisti per la conquista dell’Inghilterra con il ritorno al protestantesimo.  In realtà è difficile sostenerlo: il Papa non finanziò il re cattolico Giacomo II perchè nel frattempo era stato accolto dal Re di Francia.  Monsignor Xeres conclude la sua impetuosa e puntuale relazione chiarendo a Corengia  i motivi per cui fu beatificato da Papa Pio XII nel 1957:  era stato un uomo normale, pur devoto e caritatevole, in un momento in cui la Chiesa aveva bisogno di riforme per “fare pulizia”; non è quindi un personaggio straordinario, ma per allora un brav’uomo era un’eccezione, una virtù. Pio XII gli riconosce poi il merito di aver fermato l’invasione musulmana e va ricordato che il 1957 è l’anno successivo all’invasione sovietica dell’Ungheria; il nuovo invasore è quindi il comunismo e il Papa deve porsi come figura centrale per contrastare l’infedele. La beatificazione di Innocenzo XI è quindi anche un messaggio politico, che ne ripropone la figura nella modernità.
A Panini conferma poi che l’atto di fermare i Musulmani a Vienna è sì un fatto eclatante, ma è difficile capire se il mancato intervento avrebbe cambiato la storia, che non si fa con i “se”.  Monsignor Xeres si chiede infatti il motivo per cui la Francia non intervenne, concludendo che quasi sicuramente non avesse sottovalutato l’invasione ma ipotizzato che sarebbero comunque prevalsi gli interessi nazionali degli stati europei.
Oltre alla consueta acquaforte di Collina, Monsignor Xeres riceve in omaggio dall’ospite Giorgio Bordoli – il padre del nostro Emilio – una stampa che riproduce la conquista di Budapest. Relazione molto interessante, che ha una coda di approfondimento di soci che discutono a gruppetti o con Monsignor Xeres prima di lasciare la sala, con grande soddisfazione del Presidente.

Angela Corengia

 

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