Gasherbrum II.. sogni e rinunce |
08 Feb 2012 | |||
CONVIVIALE DELL’8 FEBBRAIO 2012 Nell'immagine: la Dottoressa Annalisa Fioretti con camillo Vittani – Relazione della Dottoressa Annalisa Fioretti: Gasherbrum II.. sogni e rinunce Tanti alpinisti “veri” – nostri soci ma anche ospiti - per la relazione della dottoressa Annalisa Fioretti, membro della commissione centrale medica del Club alpino italiano: la sezione di Como del CAI è rappresentata dal presidente Vittorio Gelpi e dal tesoriere Stefano Botta, figlio dell’indimenticabile Alberto che viene ricordato dal Presidente in apertura di serata. E’ Anna Maspero, collega e amica della relatrice che è pneumologa, a introdurla: fisico asciutto (Vittani la definisce uno “scricciolo”) e viso abbronzato da montanaro, abbigliamento sportivo ed essenziale di chi è abituato a viaggiare con lo zaino in spalla. Scorrono le immagini di un servizio che il TG3 Rai le ha dedicato: un’intervista in cui racconta la sua vita di medico (che ha tra l’altro studiato il mal di montagna al CNR) e di donna sposata con due figli piccoli, che può inseguire la sua passione di alpinista grazie anche all’aiuto del marito, perché le spedizioni richiedono assenze da casa e impegno. Donna tra le pochissime a raggiungere con le proprie forze risultati importanti in montagna, in un mondo che è prevalentemente maschile: non a caso, sottolinea, quando si tratta di suddividere i carichi prima di affrontare le ascensioni il suo zaino è sempre tra i più pesanti, mentre qualche compagno ha la fortuna di viaggiare ben più leggero. La sua esperienza sul Gasherbrum probabilmente non sarebbe passata agli onori delle cronache se non avesse rinunciato a raggiungere la vetta per soccorrere un portatore pachistano colpito da edema. E già che c’era, essendo la più leggera del gruppo, è stata anche calata all’interno di un crepaccio profondo 30 metri per recuperare – bagagli compresi – un ingrato alpinista inglese, che non solo non le ha dimostrato riconoscenza, ma forse le ha “fregato” anche qualche capo d’abbigliamento. La passione con cui ci descrive la spedizione è coinvolgente: le immagini mostrano i luoghi della marcia di avvicinamento al gruppo montagnoso, da Islamabad attraverso la Karakorum Highway sino a Skardu, ultima tappa “cittadina”, dove si fanno gli approvvigionamenti e si prepara il materiale. Ad Askole, un piccolo villaggio già a 3.000 metri di altitudine (il trekking consente di affrontare gradatamente il dislivello) si inizia a dormire in tenda per proseguire poi lungo la valle del Baltoro, non senza aver fatto un bagno propiziatorio (in realtà un pediluvio) nell’Indo, come vuole la tradizione locale. Il caldo e la polvere sono fastidiosi; ai piedi del ghiacciaio si allestisce un campo e si sacrificano le caprette che hanno accompagnato i portatori lungo il viaggio per divenirne il cibo giornaliero. Da qui si può partire per iniziare a vedere il Gasherbrum (GII) sino al successivo campo base. La scalata si interrompe però per soccorrere il portatore pakistano, in condizioni di estrema difficoltà a causa del maltempo; si ritorna al campo base dove è stata allestita l’unica camera iperbarica funzionante in dotazione e il ragazzo ce la fa: il suo sorriso sarà la migliore ricompensa per Annalisa. Ai primi cenni di miglioramento delle condizioni climatiche si torna a salire, con zaini pesanti mediamente 17-20 chili. Arriva il secondo sos per salvare il ragazzo inglese che è nel crepaccio da più di un’ora (il recupero del bagaglio costringerà Annalisa a “penzolare” per più di 15 interminabili minuti a 30 metri di profondità - senza riuscire a farsi sentire dai compagni – e sarà questo il momento di massima paura): altra sosta forzata e bufera che inzuppa i soccorritori, provocando una bronchite a Fioretti. La febbre è alta e la costringe a ritornare: è la fine del sogno. Le immagini proseguono poi con un filmato realizzato da alcuni amici emiliani partecipanti alla spedizione, il cui motivo conduttore è costituito da canzoni popolari dialettali. Gli interventi che seguono, di Vittani e Maspero, sollecitano altre curiosità prontamente soddisfate: la spedizione continuò e in vetta arrivarono in due. L’adattamento all’altitudine si raggiunge con il trekking di avvicinamento, che porta da 2.000 a 5.000 metri; più volte poi, ad altezze importanti, si sale e scende – montando e rimontando le tende -. La fame è poca e l’alimentazione è “fai da te”, leggera ed energetica: grande successo del grana padano degli emiliani. I disturbi maggiori sono costituiti da cerchio alla testa e stordimento, spesso non si ha voglia di uscire dal sacco a pelo e si ha una sorta di scollamento dalla realtà; per questo è molto importante riconoscere i propri limiti e sapersi fermare; andar “fuori di testa” è abbastanza facile: una ragazza, dopo aver raggiunto la vetta, si è lanciata nel vuoto in preda a un delirio euforico. Dorian Pessina, che si è documentato sull’argomento della serata, fa rilevare che il GII ha una percentuale bassissima di vittime (0,44%), addirittura meno delle Grigne, una cima poco “sanguinaria” quindi: Fioretti conferma, non è una scalata particolarmente difficile, soprattutto per spedizioni adeguatamente preparate e che possono avere a disposizione mezzi tecnologicamente molto avanzati. Ci sono anche scalatori che “giocano sporco”, arrivando senza preparazione alcuna e usando l’ossigeno: in questo caso chi ci rimette la vita può essere il portatore. Dopo i complimenti di Fulvio al marito di Annalisa, che le consente di appagare la sua passione occupandosi nel frattempo dei figli, un’ultima precisazione a Pomentale: la camera iperbarica utilizzata ad alta quota è una sorta di sacco a pelo, pompato come fosse un materassino da mare; consente di “scendere” sino a 3.000 metri, stabilizzando il paziente. Per chi volesse saperne di più, e sicuramente Fioretti ci ha coinvolto con la sua passione, il sito di Annalisa: www.a8000metrieoltre.it. Angela Corengia
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