I Cinesi sono differenti..
22 Feb 2012
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CONVIVIALE DEL 22 FEBBRAIO 2012
Il Dottor Marco Croci  analizza il colosso che sta diventando prima potenza mondiale

Nell'immagine: il Dottor Marco Croci con Camillo Vittani


Il professor Marco Croci è l’autore del libro che il Presidente Vittani ci ha regalato a Natale e viene presentato da Federico Canobbio come un viaggiatore-antropologo sensibile, come dimostra la sua descrizione delle “poesie che evaporano”, contenuta appunto nel volumetto.
Croci entra rapidamente in argomento: durerà a lungo lo sviluppo della Cina, dove tenderà e noi come ci porremo nei suoi confronti? Chi lasciava presagire un crollo repentino dopo la crescita vertiginosa cui abbiamo assistito in questi anni è rimasto deluso: oggi la Cina ha riserve abbondanti - grazie ad investimenti in miniere sparse in tutto il mondo – soprattutto di terre rare, che hanno applicazioni in quasi tutti i settori delle attuali tecnologie più avanzate. Il basso costo della propria mano d’opera rende questa potenza estremamente competitiva e la domanda interna dei suoi 1,35 miliardi circa di abitanti, associata ad un’esportazione vitale, fa da traino ad un’economia ancora in forte sviluppo. Alla fine degli anni Settanta soltanto il 18% della popolazione cinese viveva in aree urbane. Oggi, il numero di persone che vive in città è di oltre 600 milioni, destinati ad incrementare. Nella Repubblica popolare cinese è infatti in atto un esodo costante e spontaneo di persone, che dalle zone meno sviluppate del Paese “emigrano” nei centri urbani: operai a basso costo ma anche giovani laureati in cerca di un lavoro che maggiormente corrisponda ai loro desideri di avanzamento sociale. La quasi totalità di costoro non tornerà più nelle famiglie d’origine. La Cina ha vissuto velocemente la trasformazione da economia agricola a industriale e poi a quella tecnologica, processi che hanno definito cambiamenti radicali:
•    nei rapporti fra generazioni, con un’età padre-figli che è mediamente salita;
•    nell’uso delle tecnologie che ha rivoluzionato il modo di vivere (telefoni cellulari, computer);
•    nel progressivo inquinamento ambientale, che oggi necessita di interventi mirati per arginarlo e di investimenti eco-compatibili;
•    nello stabilizzarsi dell’indice di natalità, che non prevede uno sviluppo smisurato avendo adottato politiche di controlli sulle nascite.
La Cina torna a essere massima potenza dopo esserlo stata per sette secoli su dieci e non possiamo permetterci di ignorarla. E’ un mondo duro, estremamente gerarchico, con una élite di straordinaria ricchezza e senza democrazia, perché il potere è gestito all’interno dell’aristocrazia. I vertici sono molto colti ma restano cinesi, con la volontà di diventare leader nel mondo senza perdere la propria identità. E’ difficile per noi entrare nella loro mentalità se non se ne comprende la filosofia, che non ha punti di contatto con la nostra: l’occidente tende al miglioramento della società attraverso la massima espressione individuale; in Cina si parte dalla collettività, che deve essere tranquilla e ben regolata per avere un perfetto funzionamento. Gli individui si inseriscono quindi in un percorso tracciato dall’alto per avere un’armoniosa società, a partire dal nucleo più piccolo, la famiglia. Questo spiega per esempio (pur mantenendo la nostra contrarietà) la pena di morte, che colpisce 56 reati - compreso il falso in bilancio e l’evasione fiscale -: punire - sino ad “eliminare” - coloro che dolosamente minano l’equilibrio sociale è prioritario rispetto alla tutela del singolo. Il concetto di “anima”, che in occidente è individuale ed eterna,  in Cina non esiste; non c’è né un prima né un dopo, perché l’energia  (qi, forza della vita) si esaurisce  con la morte. Si onorano gli antenati per quello che hanno lasciato, non per ciò che sono stati e l’obiettivo di tutti è quello di inseguire il denaro e il successo.
Un altro mondo che si inserisce nel nostro e ci dobbiamo convivere, cercando di gestire insieme le problematiche, inevitabili quando i valori sono così diversi. Capirli prima che loro capiscano noi (sono abilissimi nel copiare e veloci nell’imparare) senza perdere la nostra identità e contrastandoli con un’arma che ci è propria: l’intelligenza.
Longatti apre gli interventi: una peculiarità cinese è la grande capacità di lavorare per lunghi periodi e sembra difficile poterla affrontare solo con l’intelligenza. E’ necessario, secondo Croci, che si recuperi il senso della collettività per fare azione comune nel contrastare “l’invasione” cinese, senza perdere di vista le positività che possono emergere.
L’equazione di Renella  (l’Italia sta alla Cina come il Canton Ticino sta all’Italia) lo rende pessimista sulla possibilità di contrastare economicamente questa potenza. Pensa però che l’India abbia chances migliori, perché il grado di istruzione dei giovani è molto elevato e ha una forte mentalità competitiva. Replica Croci: l’India è per noi molto più comprensibile, perché hanno sistemi democratici e fondamenti religiosi analoghi ai nostri. Ma ha qualche riserva sullo sviluppo globale a livello di massima potenza: il tasso di natalità è senza controllo e provocherà problemi ingestibili e il grado d’istruzione è elevato ma in piccole zone, contrariamente alla Cina, che ha capillarizzato il livello di conoscenza su tutto il suo vasto territorio. Un esempio: la classifica degli studenti migliori è nazionale, il che consente alle Università di selezionare le eccellenze.
A Carli Moretti Croci precisa che non esistono controlli sui prodotti inquinanti e inquinati – nemmeno per i farmaci -, per cui sia per il consumo interno che per le esportazioni non si hanno garanzie di sicurezza (i danni provocati con dolo solo però puniti con la pena di morte). Non c’è una cultura della “qualità”, per esempio il 70% della produzione di energia elettrica è con utilizzo del carbone, anche perché c’è ancora una prevalenza della domanda sull’offerta (l’inversione da noi è avvenuta negli anni 90).
Longatti torna al fenomeno dell’immigrazione per ipotizzare un lento adattamento dei giovani alla civiltà occidentale; Croci lo ritiene poco probabile, perché c’è un’ossessione identitaria per un Cinese, che discende – per il 93% della popolazione – da un’unica etnia, quindi non è assolutamente “programmato” per assorbire altre culture.   Lo status resta quello di ospiti e anche i Cinesi di seconda e terza generazione mantengono le loro radici. Questa considerazione è smentita da un ospite della serata, il vice-questore dottor Eliseo Santoro, che cita studi del Ministero degli Interni.
Colombo sottolinea come sia difficile, per l’industria italiana, mantenere competitività con quella cinese: il costo della mano d’opera ha un divario incolmabile e l’assenteismo non raggiunge l’1%; molte nostre aziende superano il problema con un “made in Italy” realizzato qui da Cinesi, che lavorano con gli stessi ritmi e costi del paese d’origine, sottraendo comunque possibilità di impiego ai nostri lavoratori. Questo è un esempio, secondo Croci, di come nel nostro paese si trovino soluzioni nei momenti difficili; è come se ci si avvicinasse alla filosofia cinese dello “sbucciare una mela alla volta”, l’arte di sfruttare le condizioni che si trovano sul terreno e di scendere a compromessi quotidiani per affrontare i problemi.
A Pierpaoli precisa che non esiste uno sviluppo pianificato, ci sono solo indicazioni di massima con regole da osservare; alla domanda “capitalismo socialista o socialismo capitalista?” Croci risponde che è dimostrato che il capitalismo può convivere con strutture autoritarie; il caso della Cina è di un sistema benevolo che si fonda sul successo economico.
Chiarisce poi a Corengia che cultura e informazione sono governate dall’alto, con censure e controlli adottati – e subiti - come regola; i giovani che vengono in occidente per motivi di studio, malgrado si trovino a convivere con un’assoluta libertà di espressione delle idee, non sembrano  voler ritornare in Cina per proporre cambiamenti, anche perché sono un’assoluta minoranza. Coloro che vanno all’estero fanno parte delle stesse famiglie (in Cina solo 700 sono i cognomi) e provengono per la quasi totalità da una piccola zona; ricreano una micro-comunità del tutto simile a quella di origine, con le stesse regole e gli stessi ritmi e quando un cinese muore all’estero deve trovare sepoltura in patria. Il concetto di sogno non esiste, la prima facoltà universitaria di psicologia risale a sei anni fa, l’aria non è un elemento fondamentale, non c’è ironia né tanto meno satira.
Gervasini trova contraddittorio il primato cinese di corruzione con il modello sociale del Paese.  Anche in questo caso la risposta rimanda a una filosofia di vita che vede il compromesso al centro: la corruzione è una sorta di ammortizzatore sociale tra la verticalità delle regole e la possibilità di aggirarle per aprire porte e raggiungere i risultati.
A tempo ormai scaduto altri sono gli interventi (Pifferi del RC Como, Renella) e quando si arriva a parlare della grande risorsa che abbiamo, la creatività che nasce dal caos.. ci si ferma per rispetto nei confronti dell’amico Giorgio Casati, che sorride sornione.
La conclusione di Croci è che solo la multiculturalità ci farà sopravvivere e fortunatamente la nostra natura ci porta in questa direzione.

Angela Corengia

 

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