La tradizionale benedizione pasquale |
04 Apr 2012 | |||
CONVIVIALE DEL 4 APRILE 2012 Nell'immagine: Camillo Vittani con Monsignor Isidoro Malinverno Ritrovo nella storica gelateria Ceccato per la tradizionale “benedizione” pasquale, quest’anno affidata a Monsignor Isidoro Malinverno. Le sue riflessioni prendono spunto da due brani del Vangelo di San Marco. Nel primo (8,31-33), che introduce alla passione, leggiamo che Gesù “cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire..” Don Malinverno si sofferma sulla parola “DOVERE”: non è un destino cieco e ineluttabile, al quale Gesù non può sottrarsi, ma è il piano di Dio per salvare gli uomini. Cristo “deve” prendere su di sé le nostre colpe fino a subire una morte ingiusta, dopo essere stato rifiutato dal potere religioso (i sacerdoti), culturale (gli scribi) e politico (gli anziani). E il passo prosegue con Gesù che risponde al rimprovero di Pietro “Mettiti dietro di me, Satana!” Pietro siamo tutti noi, che non vogliamo il sacrificio di Cristo; ma Lui ci invita a fidarci, a seguirlo, introducendo un concetto rivoluzionario: non è l’uomo che serve Dio ma Dio che serve l’uomo. Nel capitolo 16 (1-7), circa otto mesi dopo i fatti citati, Gesù ha subito il processo ed è stato giustiziato insieme con due malfattori comuni. I corpi sono stati frettolosomente staccati dalle croci, dopo aver accertato la morte, per non turbare i festeggiamenti della Pasqua ebraica e gesù è stato deposto in un sepolcro nuovo, vicino al Calvario. Siamo al primo giorno dopo la festività e il passo racconta della “RESURREZIONE”: la fede sta in questa parola, perché Gesù è morto da uomo e risorge da Dio. Essere cristiani significa accogliere questo annuncio con la certezza che Gesù è vivo – non resuscitato come Lazzaro, che alla fine comunque morirà – come vivi siamo noi, risorti nel Battesimo e per volontà di Dio liberati dal peccato. Vivo non nel ricordo o negli affetti di chi ama, ma veramente, corporalmente vivo. Si tratta di un concetto decisivo, unico tra le religioni, che distingue i cristiani da tutti gli altri. E provocatorio, perché fa apparire i credenti come un po’ folli agli occhi degli altri, non trattabile: o si crede nella resurrezione - prescindendo da un’elaborazione del pensiero e considerandola “fatto” - o non si crede. Ma è soprattutto trasformante, perché se è vero che un uomo è morto sulla croce e oggi è vivo, tutte le prospettive sull’esistenza sono rivoluzionate. Nasce una nuova visione dell’universo, della vita, del presente e dell’eternità che è appunto la visione cristiana, che deriva da un FATTO accertato storicamente (anche se non da tutti accettato), non da una filosofia. Un fatto che deve essere continuamente richiamato alla nostra attenzione, perché è “eterogeneo” rispetto alla mentalità corrente: al “nascere, vivere, morire” si aggiunge “RISORGERE”. Monsignor Malinverno prosegue con un brano dalla seconda lettera di San Paolo a Timoteo, nella quale, tra l’altro, lo invita a ricordare che “Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti”. E lo esorta: “Se moriamo con Lui vivremo anche con Lui, se con Lui perseveriamo con Lui anche regneremo, Se Lo rinneghiamo anch’Egli ci rinnegherà. E se noi mancheremo di fede Egli rimarrà fedele, perché non può rinnegare se stesso”. L’augurio finale è quello di avere la certezza – che ci permette di continuare il nostro mestiere di uomini - che stiamo camminando insieme a un Risorto verso l’incontro con Lui. Buona Pasqua a tutti. Angela Corengia
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