L'arte contemporanea vista da un collezionista
02 Mag 2012
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CONVIVIALE DEL 2 MAGGIO 2012
Emilio Bordoli conversa con Giuliano Collina

Nell'immagine: Emilio Bordoli, Camillo Vittani e Giuliano Collina


E’ l’arte contemporanea l’argomento scelto dai nostri due soci: Emilio Bordoli, rappresentante del “nuovo collezionismo” e Giuliano Collina, profondo conoscitore del mondo che ruota attorno alle opere d’arte. Ed è Giuliano che, prima di dare la parola ad Emilio, delimita l’arte moderna nel ‘900, definendo “contemporanea” – pur senza cesure nette tra un secolo e l’altro – quella attuale. Il collezionismo di opere d’arte è divertimento, passione, ossessione, per molti investimento; sovente nasce come  interesse, diviene mania sino a trasformarsi in vizio: molti collezionisti accumulano freneticamente a scapito della famiglia, proprio come i giocatori. Diverso l’approccio di Bordoli, un appassionato che va alla ricerca di arte contemporanea e spesso scova nuovi artisti.
Prendendo la parola, Emilio contraddice in parte Giuliano: “arte contemporanea” è per lui tutta l’arte, in quanto rappresentante del proprio tempo; poi la sua passione costituisce momento di unione della famiglia, perché condivisa dalla moglie Katia e dai figli.
Una delle caratteristiche dell’arte contemporanea è che è accessibile a tutti (se pur spesso a prezzi spropositati), contrariamente all’arte antica che di norma non può essere acquistata da privati. Partono le immagini con il famoso “L’urlo” di Munch, che proprio domani verrà battuto a New York e il cui prezzo costituirà forse un nuovo primato (119,9 milioni di dollari, prezzo più alto mai raggiunto in un’asta – n.d.r.). Spesso sono opere non uniche (come nel caso de “L’urlo” di cui ci sono 4 versioni), folli, come il “Teschio” di Damier Hirst (con 8.601 diamanti), che circolano in un mercato altamente speculativo e finanziariamente ricco.
La sua esperienza, a parte l’interesse per l’arte trasmessagli dal padre Giorgio (collezionista tra l’altro di stampe di Como), nasce dalla curiosità di capire – in termini economici – i valori reali in gioco e di entrare ad analizzare il mondo dei collezionisti. Ha quindi coniugato due interessi: quello artistico – che costituisce priorità puntando ad opere che lo emozionano – e quello dell’investimento, spesso altamente speculativo. Il collezionista ha la presunzione di “capire” quello che compra, che può costituire vero e proprio status-symbol: per Emilio è anche amore per le cose belle, curiosità, voglia di viaggiare coinvolgendo tutta la famiglia. Non servono invece grossi capitali, perché si può partire con artisti minori (che poi magari si rivalutano con grande soddisfazione); bisogna però saper frazionare il rischio e diversificare gli investimenti, proprio come si fa nel mondo della finanza. Cita alcuni esempi di clamorose rivalutazioni:
un Fontana che nel 1965 valeva 50.000 euro nel 2011 è stato ceduto a 4.351.000 euro; un Richter è passato dai 130.000 euro del 1992 ai 4.028.000 del 2011: nessun investimento garantisce questa redditività. Nel mondo degli scambi finanziari si assiste spesso a svalutazioni o a redditività modeste (le azioni di Generali per esempio in 20 anni hanno avuto un incremento del 13,90%). Ma mentre le azioni “giacciono” virtualmente in un deposito bancario, il proprietario del Richter se l’è goduto appeso al muro per 20 anni! Emilio si è fatto una sorta di regolamento del “buon collezionista”:
coniugare passione e investimento (quindi scegliere con cuore e testa);
studiare, leggere, informarsi, visitare mostre e laboratori di artisti;
ascoltare (tutti) e decidere da soli;
privilegiare l’acquisto di opere belle, anche se più costose.
Ha poi analizzato il mercato dell’arte, evidenziando il grado di rischio:
-    l’artista sconosciuto ha un rischio del 100%;
-    le opere che vanno dai 2.000 ai 10.000 euro rischiano svalutazioni del 70%;
-    le opere nella fascia tra i 10.000 e i 200.000 euro, veicolate in genere da galleristi, si riducono al massimo del 20%;
-    oltre i 200.000 euro si tratta di opere ormai storicizzate, con un rischio inferiore al 5% del valore.
Le immagini mostrano i “suoi” acquisti:  fotografi cinesi, artisti della Transavanguardia e di Arte povera, giovani orientati ai mercati internazionali.
Tutto si sviluppa in prevalenza attorno al mondo delle aste e attualmente la Cina assorbe il 42% del mercato globale (gli USA sono al 23,6%, la Gran Bretagna al 19,6%).
Concludendo Emilio così riassume la sua esperienza personale:
-    colleziona l’arte del nostro tempo;
-    valorizza in prevalenza la tradizione italiana;
-    incontra persone speciali;
-    abitua i suoi figli al bello;
-    investe in maniera sicura.
Giuliano apre poi il dibattito, concordando sostanzialmente con quanto detto in apertura da Emilio circa le definizioni di arte moderna e contemporanea: è  in realtà una suddivisione lessicale che per convenzione viene universalmente accettata.
Cesare Baj non conosce il mondo dell’arte, che – un po’ provocatoriamente - gli sembra una bella opportunità per i giovani (produrre opere e venderle in Cina); è invece collezionista di oggetti (cartoline di idrovolanti e misuratori analogici), per cui condivide quanto detto da Collina circa l’esigenza irrazionale di raccogliere cose, a volte uniche; nel mondo dell’arte il contenuto economico può raggiungere livelli molto elevati. Corengia, definendosi una “non collezionista” perché acquista solo “con il cuore” e il più delle volte contattando direttamente gli artisti, ha l’esigenza di poter godere sempre delle opere, il che crea qualche problema di spazio. Emilio concorda sull’aspetto “logistico”, risolto con le pareti dello studio e con prestiti a parenti; però – per fortuna sua – i gusti cambiano, per cui molte opere vengono “impacchettate” e sostituite con nuove acquisizioni.  Su richiesta di Vittani e di Giuliano, precisa poi che vendere è divertente tanto quanto acquistare (anche se non ama privarsi di ciò che ha): c’è il brivido della sfida sull’investimento fatto; inoltre a volte si comprano più opere dello stesso artista per poterle scambiare con altri collezionisti (proprio come si fa con le figurine, precisa Guliano). Se poi l’acquisto è fatto attraverso una Galleria (e Bordoli ne ha alcune di riferimento),  è praticamente garantita la possibilità di ricederle almeno allo stesso prezzo.
Augusto Panini ha un’esperienza di collezionista un po’ diversa. Ha evitato (per fortuna dice lui) il coinvolgimento della famiglia; poi l’approccio suo e degli amici che ne hanno condiviso la passione era sostanzialmente diverso: più arte, meno economia. Solo dopo gli anni 90 il mondo dell’arte è diventato anche business e si pensa all’investimento. Si chiede invece se ci sia ancora un buon mercato dopo le recenti norme che impongono le segnalazioni all’Agenzia delle entrate al di sopra dei 3.000 euro. La risposta di Emilio è da “tecnico”: il problema esiste per qualsiasi bene rifugio (gli immobili, per esempio); i collezionisti fanno parte di un circuito che hanno già una tracciabilità dichiarata. Ma in Italia l’ostacolo maggiore è rappresentato dall’IVA; ci sarà una probabile contrazione degli scambi, ma le opere d’arte di un certo livello rappresentano comunque una forma di  investimento privilegiata.
Secondo Longatti, che dice di capire sempre meno l’arte, è il mercato che oggi stabilisce il valore di un artista, come fu con Fontana che definisce “un’invenzione” dei mercanti; ritiene poi che l’artista contemporaneo non creda che le sue opere gli sopravvivano.  Ha inoltre  l’impressione che il collezionista sia più un caso clinico (soffre di una sindrome che lo spinge ad accaparrarsi  ciò che lo completa) che sfocia nel mondo dell’arte in maniera casuale. In Italia è rara la cultura del collezionismo che raccoglie e poi dona a Istituzioni pubbliche, anche per effetto di una politica fiscale che non prevede sgravi al riguardo.
Simpaticamente Damiano Cattaneo definisce Emilio un “vizioso”, paragonabile ad un adultero che è incapace di avere un’unica passione. Il collezionista è anche chi raccoglie piccoli oggetti che non vuole buttare e una caratteristica, secondo lui, è che il vero collezionista non pensa di privarsi delle sue cose.
Chiude Bordoli: ha parlato di “mercato” per non dover rispondere alla domanda “cos’è l’arte”, alla quale non saprebbe rispondere. Il suo modo di collezionare è questo: comprare ciò che piace, con il gusto di sapere di aver fatto un buon investimento.

Angela Corengia

 

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