“Misteri per caso”
10 Ott 2007
L1010254Panini

CONVIVIALE DEL 10 OTTOBRE 2007
"Misteri per caso"
Reportage dal deserto egiziano di Augusto Panini


Il tradizionale "picnic" all'atelier Tenco, ospiti di Giuliana ed Augusto Panini, è ormai un appuntamento fisso e graditissimo. Buffet ricco di prelibatezze, tra cui - senza offesa per gli esclusi - vorrei segnalare i biscotti di Carla Merlotti, le polpettine di Anna Bozzone, l'uva bianca di Gianna Ratti  e, servito come dessert data l'ora di arrivo della coppia, il minestrone freddo di Simona Gelpi (citazione doverosa considerato il complicato rapporto di Simona con la cucina).
L'argomento della serata è una novità anche per Augusto, che  ci illustra di solito "l'Africa delle perline": ma ormai è divenuto un viaggiatore-guida della compagnia dei "Turisti per caso", quindi  - in anteprima rispetto a Rai3 - ci porta nei misteri di un'Africa sconosciuta anche a lui.
Le splendide immagini proiettate ci accompagnano nella spedizione al Gilf el Kebir nel deserto occidentale egiziano, più comunemente chiamato "deserto libico".
A differenza dei deserti mauritano, maliano, nigeriano, libico ed algerino, dove le carovane percorrono da secoli antiche vie per congiungere saline, pozzi, oasi, villaggi o umidi ouadi, questa zona è completamente disabitata da millenni a causa della totale mancanza di acqua  e di qualsiasi altro minerale (sale, oro). Solo presenze, a volte misteriose,  che ci rimandano al Paleolitico, al Neolitico e sino al secondo periodo faraonico (2.000 anni fa).
Le prime immagini ci portano dall'oasi di Dakla a 700 km a sud del Cairo, sino ad un deserto bianco candido formato da depositi fossili marini del periodo olocenico, milioni di resti che testimoniano la presenza di un Oceano nel Sahara. I pinnacoli che si elevano dalla sabbia sono fragili sculture di sedimenti fossili stratificati ed al minimo contatto si sfaldano.
Il viaggio continua, attraverso il mare di sabbia che porta al Plateau del Gilf el Kebir, sino ad incontrare una collina che si innalza come un faro lungo la pista ideale tra Dakla e l'oasi di Kufra in Libia: ecco il primo sito misterioso, Aba Bullas. Qui, ai piedi di una piramide naturale, si allineano i resti di quattrocento orci in terracotta per la raccolta dell'acqua. Oggi il pozzo più vicino è a 400 chilometri, ma tra il 4.000 ed il 2000 a.c. doveva esserci nelle vicinanze un'oasi che asciugandosi aveva lasciato qualche pozzo. Il luogo è di grande suggestione: non si può fare a meno di pensare ad Erodoto che parla di un'oasi rigogliosissima e molto importante in questa zona, la leggendaria Zerzura. Il Conte Laszlo de Almasy (quello del "Paziente inglese") spese un'intera esistenza in queste valli di dune rosa e giallo ocra alla ricerca dell'oasi, ritrovando solamente un antico ouadi modestamente umido - dove qualche acacia ancora oggi riesce misteriosamente a sopravvivere - ed una grotta neolitica stupendamente affrescata.
Proseguendo, si incontra il Plateau del Gilf el Kebir, che non nasconde grandi misteri ma imponenti testimonianze di quando l'altopiano era un'isola grande quanto la Lombardia, attraversato da fiumi impetuosi e disseminato di laghi. Su quelle che furono le sponde di questi bacini sono oggi adagiate macine, pestelli ed utensili vari, coltelli in selce, pastoie per trattenere animali d'allevamento, piccoli arpioni e frecce. Paesaggio surreale, con sabbia di "polenta" da cui spuntano fantastiche sculture gigantesche, numerose tracce di sepoltura (più di 3.000 tombe) ma anche resti di presenze più recenti (latte di benzina, piastre, "orme" consolidate di pneumatici degli anni 40 e persino una carcassa di auto di uno sfortunato esploratore). E poi un'imponente grotta, scoperta nel 2002 e quasi totalmente insabbiata, con la volta superiore affrescata con pigmenti rossi, gialli e bianchi. Sono visibili più di 1.500 figure (ma chissà cosa si nasconde ancora): scene di caccia, animali - taluni acefali -, mani, immagini riflesse, danze rituali e nuotatori. La discesa fa scoprire un paesaggio diverso chiamato "gran mare di sabbia", che con i suoi 1.000 chilometri di dune divide Siwa dal confine con il Sudan.
Il secondo "mistero" si materializza risalendo appunto verso Siwa, con l'apparire del "Silica glass desert" e delle sue rocce di vetro. Sulla composizione di questo deserto hanno lavorato per anni scienziati e ricercatori di tutto il mondo, per cercare di capire cosa abbia causato la fusione della sabbia e la conseguente vetrificazione. Sono state elaborate tre teorie: l'impatto di un meteorite (ma non c'è traccia di cratere), il contatto con una cometa che avrebbe "strisciato" per ottanta chilometri la superficie terrestre e,  la più affascinante, una fusione atomica! Quest'ultima ipotesi si ricollega alla presenza di civiltà avanzate - magari  extraterrestri - in epoca antecedente ai Faraoni ed è suffragata dal Mahabharata, un testo sacro Indù del 2.000 a.c., che parla di una battaglia avvenuta in epoca non specificata tra il nord Africa e l'Arabia, nel corso della quale "si sono sprigionate fiamme così luminose da essere paragonate alla luce di 1.000 soli rosa in tutto il loro splendore, causate da un'arma sconosciuta, gigante messaggero di morte, che ridusse in cenere una razza intera…I corpi erano così bruciati da essere irriconoscibili, i vasi fusi senza apparente causa e gli uccelli divenuti bianchi. Dopo poche ore il cibo era infetto ed i sopravvissuti morirono tutti nel giro di pochi mesi". Sembra davvero la cronaca di una guerra nucleare!
L'oasi di Siwa, con i suoi laghi e le case di fango, ci introduce all'ultimo mistero del viaggio, perché è la Città che Cambise volle inutilmente cancellare: il Re persiano vi mando' un'armata di 50.000 uomini per distruggere l'oracolo di Amon, ma la moltitudine di soldati scomparve nel nulla senza lasciare tracce. Tempesta di sabbia? No, è intrigante pensare che il mistero debba essere più fitto.
Grazie a tutti - cuoche, cuochi e "portatori" di generi alimentari e bevande - ed in particolare a Giuliana ed al suo prezioso e gentile collaboratore Rudy.
E grazie ad Augusto, che ci mostra ogni volta immagini davvero splendide e fa conoscere luoghi sconosciuti ai più. Questa volta però ha aggiunto un alone di mistero che ha reso i suoi racconti di viaggio ancora più interessanti…

Angela Corengia

 

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