Surfing the tsunami: a spasso nella città digitale
14 Nov 2012
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CONVIVIALE DEL 14 NOVEMBRE 2012
La relazione del Professor  Guido Martinotti, Sociologo urbano

Nell'immagine: Sergio Lazzarini, Guido Martinotti e Giacomo Colombo

 


Relazione del professor Guido Martinotti:

 

 

L’appello accorato per la partecipazione alla conviviale serale del Presidente ha avuto successo, facendo comparire anche qualche socio con scarse frequenze.

La serata si preannuncia dotta già dall’introduzione del relatore, presentato da Sergio Lazzarini come un’autorità del suo campo: il nome del Professor Martinotti - “Sociologo urbano” al’Università Bicocca - e sue considerazioni sono citati in alcuni testi, di insigni studiosi, che Sergio naturalmente ha trovato e dai quali  ci legge brevi citazioni.

Per chi scrive, già il titolo della relazione crea qualche sospetto, facendo temere l’inadeguatezza del cronista.

Martinotti conosce bene Como, perchè nel 1966 fu chiamato dall’allora sindaco Spallino per realizzare uno studio sociologico sulla città murata. Il tema che tratterà è complicato: stiamo vivendo un passaggio ben definito, che nel grafico della popolazione mondiale evidenzia l’incrocio, in questi anni, di coloro  che vivono in città rispetto a quelli di campagna; i primi stanno superando, con molta rapidità, i secondi, comportando mutamenti radicali dal punto di vista urbanistico e nella struttura sociale.

La città è un prodotto tecnologico della specie umana; da Bruno Latour (sociologo e antropologo) acquisisce il termine “feticcio”, per identificare un prodotto che ha effetti su chi lo realizza, modificandone i comportamenti attraverso contenuti simbolici fortissimi.

C’è ambiguità tra ciò che vediamo (il prodotto materiale) e l’entità di chi l’ha concepito, cioè l’uomo di tutte le epoche con eccezione di alcuni popoli nomadi che non conoscono il concetto di città (i Tartari per esempio). Si ha competenza e conoscenza sul modo di passare dall’oggetto a chi l’ha realizzato: si ricostruiscono facilmente epoche di esecuzione identificandone le civiltà di riferimento; poco invece si riesce a sapere sul versante opposto, cioè sul rapporto tra il costruttore e il prodotto, sugli effetti conseguenti.

Nel titolo della relazione il professore parla di “tsunami”, sottindendendo l’idea di un’onda che viviamo spontaneamente (facendo appunto surfing) anche attraverso l’utilizzo della rete, una potenza ancora da sviluppare.

Nel 1938 il sociologo Louis Wirth scrisse un saggio sulla città che fissava tre variabili: le dimensioni, la densità e l’eterogeneità sociale; tutto ciò è rimasto immutato e indiscusso per 50 anni, ma oggi non funziona più.  Il concetto di grandezza ha perso i confini, perché le città si sviluppano con le periferie a creare continuità con gli insediamenti circostanti; a parità di densità di popolazione le superfici “consumate” sono maggiori; in una città contemporanea non si “entra” ma si “arriva” e la campagna alle sue porte è pressoché scomparsa. Se non c’è dimensione definita, non si è più in grado di quantificare la densità e il mutamento dell’insieme è talmente veloce che rende la città indefinibile. Mutata anche la componente umana: c’è chi ci vive, chi ci lavora, chi la “usa” attraverso la mobilità, anche dell’informazione. Quindi anche l’eterogeneità della sua popolazione è totalmente diversa.

Qualche esempio: Amazon.com coniuga mobilità tecnologica (il trasporto per la consegna) con quella della rete; in passato l’energia ha avuto – per almeno 100 anni – un costo relativamente basso, quindi gli insediamenti potevano concentrarsi nelle città; ora si deve necessariamente invertire questa tendenza, trovando un punto di equilibrio tra costi di trasporto e ricavi. Mutato il concetto d’informazione, che ancora fino agli anni 50/60 era “di piazza” (cioè presupponeva  l’incontro tra persone); oggi la tv include un pezzo di società e l’informazione è mobile e miniaturizzata, ci possiamo portare appresso tutto quello che ci serve. A parità di condizione sociale le case tendono ad essere più comode e più grandi, perché ci si vive di più, spesso isolandosi. Ciò non significa necessariamente che si vive “fuori dal mondo”: la connessione sostituisce il viaggio ma non riduce le relazioni interpersonali, che – anzi – sono potenzialmente illimitate. Gli aspetti sociali di questi mutamenti sono talvolta eccezionali; si pensi alla possibilità offerta ai sordomuti (solo in Italia sono circa 60.000) di poter comunicare velocemente via sms, oltre naturalmente attraverso internet. Addirittura si sta arrivando a progettare e realizzare oggetti grazie alla banda larga.

La raffigurazione dell’uomo futuro, in passato, era quella di un grosso cervello su un corpo esile (tipo ET); oggi è il contrario: il fisico è al centro dell’attenzione e le tecnologie sostituiscono sempre più il cervello. Quindi grande fisico e piccola testa.

Apre gli interventi Fulvio Capsoni, non completamente in sintonia con il relatore: sotto il profilo urbanistico si può avere un controllo, attraverso le norme, per limitare il consumo del territorio; in questo modo si interviene anche sul numero degli abitanti.

Anche Giovanni Moschioni ha qualche nota dissonante: non condivide, infatti, il nuovo concetto di case, che secondo Martinotti sono sempre più grandi e abitate. Esistono realtà dove addirittura sono solo uno spazio per dormire (Giappone, per esempio) e anche da noi si vive sempre meno in casa, a meno che non ci si lavori.

Pierpaoli fa una domanda un po’ complicata: poichè  le attività di produzione non materiale (che nella nostra epoca e in diverse aree geografiche stanno soppiantando le produzioni fisiche) possono non avere particolari vincoli localizzativi anche grazie alle autostrade informatiche, quali dovranno essere le capacità delle città per attrarre queste attività ed investimenti?

Martinotti replica facendo rilevare che le analisi qui tracciate sono conseguenti all’acquisizione ed elaborazione di dati precisi, dai quali emerge, per esempio, che la nostra agorà è il tinello; basta aggirarsi per una città la sera, per rendersi conto che non c’è nessuno in giro. La prova: in due città – Parigi e Tokio – le abitazioni sono piccolissime e le città sono vissute molto all’esterno. Certo per i più le case sono scarsamente utilizzate (non vale per chi ci lavora) e le auto sono diventate una sorta di estensione abitativa, con tutta una serie di accessori che le rendono confortevoli. Così come estensioni erano una volta i cinema, dove si andava a qualsiasi ora.

Il discorso sui Piani di governo del territorio è sicuramente condivisibile a proposito della limitazione dell’uso del suolo. Ma gli effetti sono ancora tutti da verificare e, da sociologo, analizza quello che accade ora non quello che succederà.

A Pierpaoli chiarisce che le attività di tipo immateriale (terziario anche avanzato) si sviluppano o si spostano – per effetto dell’adattamento ai cambiamenti - sulla base di vocazioni e trasformazioni legate a produzioni preesistenti. Il tutto comunque nel rispetto della regola di trovare il punto di equilibrio tra nuove tecnologie e mobilità.

Ancora: è in sintonia con Capsoni, che fa rilevare come i centri commerciali siano le agorà attuali; molti li definiscono non luoghi” ma è il contrario, sono nuove sedi che l’uomo ha voluto.

A Franco Brenna, che vorrebbe si potesse prevedere il futuro di Como, che sta abbandonando la propria vocazione industriale per trovare strade alternative (turismo, terziario?), ribadisce l’impossibilità di fare ipotesi, lavorando solo su elementi certi acquisibili nel presente. Cita tuttavia un interessante esperimento di qualche anno fa del Centro Volta, che tendeva ad implementare la digitalizzazione spinta in città. Questa pianificazione “tecnologica” è altrettanto importante come quella del territorio; Como può essere una “città intelligente”, ma bisogna partire con interventi seri (dalla regolamentazione del traffico, per esempio) che prevedano sperimentazioni di nuove tcnologie. Federico Canobbio replica, come Centro Volta, che la ricerca citata da Martinotti è stata abbandonata per mancanza di finanziamenti. Per contro si sta ora lavorando sul fronte del risparmio energetico.

Conclusione a Sergio Lazzarini, particolarmente lieto del dibattito generato dalla relazione del professor Martinotti. E soddisfatto il Presidente, sia per la buona partecipazione dei soci che per l’interesse suscitato dall’argomento trattato.

 

Angela Corengia


 

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