Giorgio Luraschi ci ha lasciato, dopo aver tenacemente contrastato il male che - si sapeva - lo avrebbe sconfitto. Ma erano anni che diceva di essere prossimo alla fine, per cui nessuno più ci credeva e si cominciava a pensarlo immortale. E immortale lo è diventato sicuramente, non solo per Simona, Licia, Lucio e Cesare ma nella memoria degli amici, dei suoi studenti, di una Città che ha amato e studiato con grande passione.
Giorgio Luraschi, com'era CIVIS ROMANUS, CIVIS COMENSIS Nello specificare i motivi che l'avevano indotto a pubblicare un raccolta dei suoi scritti dedicati alla Como antica (New Press, 1997), Giorgio Luraschi ha posto in primo piano "l'amore per Como, la città che da sempre mi ospita e che è anche l'unica in cui potrei vivere". L'unica. Alla quale rendere omaggio per "la sua bellezza, la sua storia antica e nobile". Certo non da meno dell'altra città, Genova, "nella quale - precisava - ebbi appena il tempo di nascere" nel 1942, però con un contatto mantenuto soltanto attraverso il tifo calcistico. Era uno spettacolo vederlo partire, armato di sciarpe, cappellini, trombette di marca genoana per sostenere, sgolandosi, la squadra del cuore ad ogni trasferta. Ma lui, come sanno benissimo anche i suoi amici rotariani che oggi lo ricordano con struggente affetto, teneva sempre ad essere interamente se stesso, senza nascondere l'esuberanza del suo temperamento. Nemmeno quando si addentrava nei suoi amati studi sulla classicità, come nella silloge citata, vera e propria "summa" della ricerca storica di un'intera vita, mescolando citazioni erudite con aneddoti personali. E scusandosi per non aver dedicato sufficiente impegno agli studi perché "distolto" (annotava proprio così) dall'insegnamento universitario. Certo non condividono questo suo rammarico gli studenti che in lui hanno sempre avuto un docente scrupoloso ma umanamente disponibile e fornito di un bagaglio culturale di una sterminata varietà di temi sul mondo romano. Nelle sue entusiaste rievocazioni, punteggiate di esclamativi quando accennava alle doti eccelse di Giulio Cesare, la romanità era il modello sociale al quale ci si dovrebbe sempre ispirare: la civiltà della fermezza e della tolleranza, la patria del diritto e dell'operosità intelligente, creativa, lungimirante. In sua compagnia, i reperti archeologici conservati in vari Paesi apparivano sempre in tutta la loro importanza testimoniale: ascoltando le sue spiegazioni, era come percorrere una strada perennemente radiosa, popolata da personaggi che avevano trovato il modo giusto di stare assieme con un corretto sistema di rapporti reciproci. Specie se quella città ideale era Como, l'urbs cesariana per eccellenza, bella più di ogni altra. Sapeva tutto, ma proprio tutto del territorio lariano, seguendo da vicino ogni scavo, ogni nuova scoperta, ricostruendo persino, sulla scorta delle lettere di Plinio il Giovane o dei resoconti di Strabone, le abitudini quotidiane, le preferenze gastronomiche, la fisionomia dei nostri progenitori. Civis Comensis ineguagliabile in quanto civis Romanus, fortunato abitatore "alla periferia dell'impero" di un insediamento urbano tanto strategico per posizione quanto degnamente realizzato. Guai a chi si fosse attentato a deturparlo, offendendo la nobiltà delle sue origini. Al culto della romanità, culla delle antiche virtutes di stirpe, appaiava senza stridori una fede profonda in Cristo, rinsaldata da indagini sulla Sindone. E quando si è manifestato il terribile male che gli ha eroso le ossa, lentamente, ha reagito con lucida consapevolezza. Pochi credevano nell'ineluttabilità del suo destino, vedendolo rialzarsi, eretto e sereno come sempre, dopo ogni caduta, ogni fallimento terapeutico. Merito soprattutto di due angeli custodi, la figlia Licia e la giovane moglie Simona, che l'hanno rincuorato, assistendolo con amorosa sollecitudine. Simona ha voluto donargli anche due figli, che gli somigliassero, con il suggello anche dei nomi scelti da lui, Cesare e Lucio Pio, vivente testimonianza delle sue due anime, di cristiano e studioso della romanità. Come ha mostrato anche una toccante fotografia pubblicata sullo scorso numero del nostro bollettino, ha fatto a tempo ad assistere al loro battesimo, il 19 giugno scorso e, accarezzandoli, di sentirsi rinvigorire. "Riprenderò le lezioni all'università", ha detto agli amici in quell'occasione. Ma il suo sangue impoverito dall'aggressione subdola del male l'attendeva all'ultima prova. Alberto Longatti Giorgio Luraschi rotariano. Socio onorario del Baradello fin dai primi momenti della sua costituzione, ne ha seguito le vicende con coinvolgimento e costanza, sempre pronto a mettere a disposizione del club il Suo sapere di docente universitario. Le relazioni svolte durante le conviviali, pur rivolte, anzi proprio perché rivolte ad un uditorio amico, erano sempre preparate con cura assoluta, spesso offendo al club in anteprima le novità scientifiche che lo storico ed il giurista con l’acribia che gli era propria sapeva trarre di volta in volta dalle ricerche archeologiche attuate in città e nel territorio. Rotariano perché ha profondamente servito la comunità comasca, con una incessante militanza civile nel settore che gli era proprio, quello della cultura: dalla salvaguardia delle vestigia romane alla tutela in generale dei monumenti storici comensi, dal legame mai tramontato con il glorioso liceo Volta alla fondazione dell’Università, dalla partecipazione attiva alla vita della Società Archeologica Comense a quella della consorella Società Storica. Si ricorderà Giorgio Luraschi, a Como, nella Sua formazione con figure a loro volta davvero grandi: basti citare Paolo Maggi e Matteo Gianoncelli. Lo si ricorderà tra quegli studiosi e quelle personalità che, nella diversità delle competenze e delle idee, hanno caratterizzato Como durante la seconda metà del Novecento ed in questo secolo: si pensi, ad esempio, al rapporti di Luraschi con Gianfranco Miglio, con Pietro Gini, con Giorgio Rumi, con Alessandro Maggiolini, con Antonio Spallino, con Giulio Casati. Ricorderanno Luraschi gli storici del diritto romano (il Suo libro del 1979 Foedus. Ius Latii. Civitas. Aspetti costituzionali della romanizzazione in Transpadana è tuttora fondamentale), gli archeologi (la Rivista archeologica dell’antica provincia e diocesi di Como, diretta da Luraschi per decenni, è ormai divenuta una delle principali pubblicazioni del settore in Italia settentrionale), gli studiosi di storia romana, i filologi classici, gli epigrafisti: perché la ricerca scientifica di Luraschi era puntualmente (ed orgogliosamente) giuridica, ma fondata su una profonda conoscenza a tutto campo dell’antichità classica. Lo ricorderanno migliaia di Suoi studenti di Pavia, di Parma, dell’Università cattolica, della Statale di Milano e, nell’ultimo decennio, di Como. Tutti affascinati dalle Sue magistrali ed entusiasmanti lezioni, incentrate su Roma antica, ma attuali come non mai. Lo ricorderemo anche per quella lezione suprema che ha offerto nell’affrontare per anni e dominare fino all’ultimo la malattia, con determinazione, serenità, costantemente attivo nello studio (presto sarà in stampa il Suo fondamentale contributo per il volume della Storia di Como dedicato all’antichità) e sempre presente in tutti i Suoi impegni personali, universitari, associativi, sociali. Sergio Lazzarini
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