APPUNTI DAL VIAGGIO IN ISRAELE
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L'articolo di Alberto Longatti pubblicato su "La Provincia" del 10 aprile 2011

 

Tornare in Israele a pochi anni di distanza da un pellegrinaggio nei luoghi santi non può che provocare un senso di disagio per la constatazione che nulla è cambiato nello stato di forzata coabitazione israelo-palestinese, nella frammentazione  della minoranza cristiana, nell'isolamento dei nomadi, nella volontà dei coloni di guadagnare altro terreno. Le volute serpeggianti del "muro" s'insinuano ancora negli abitati dividendo i quartieri di Betlemme e Gerusalemme dove vivono insaccati i palestinesi, ai confini della "striscia" di Gaza e del Libano la tensione è più forte che mai e ogni tanto esplode in episodi di violenza. Una situazione (armata) di stallo sulla quale vigilano gli israeliani, attenti a difendere il territorio sul quale si sono insediati, coscienti che intorno a loro, in Siria, in Egitto, in Libia sta avvenendo un ribaltamento di posizioni di potere che potrebbe dare una scossa a tutto questo castello di  fragili equilibri condominiali. E intanto esercitano un ferreo controllo sulle manifestazioni pubbliche, cercano di fertilizzare i terreni aridi lungo il Giordano, non cessano di costruire grattacieli, piazze, giardini, di migliorare i mezzi di comunicazione a lunga e media distanza.

Ma il gruppo di amici che hanno partecipato nei giorni scorsi al viaggio organizzato dal club rotariano Como Baradello aveva altri scopi che non la preoccupante constatazione di un perdurante conflitto. Lo scopo era quello di recare un gesto di pace e di solidarietà dove comunque è ben presente il senso dell'umana convivenza e la sollecitudine per chi ha bisogno di aiuto. In primo luogo, volevamo raggiungere a Nazareth la scuola per disabili "Holy Family" retta dai Guanelliani, che attualmente ospita duecento bambini e adolescenti estremamente  bisognosi di cure, assistenza e specialmente di affetto, tanto affetto. A loro abbiamo portato fra l'altro alcuni dispositivi sperimentati a "Sim-patia" che consentono a disabili totali di comunicare con gli altri, mediante un computer, anche con la minima vibrazione del volto e il movimento dei globi oculari. Strumenti di grande utilità per gli operatori della "Family" dove non si fa distinzione alcuna fra etnie e condizioni sociali ma si apre le braccia a tutti, sollevando le famiglie da una condizione insostenibile di sudditanza assistenziale e certo non dove è impossibile avere a disposizione tutte le apparecchiature delle quali i bravi guanelliani e i loro collaboratori si sono dotati, facendo ricorso a ingegnosi espedienti ed a tecniche particolari per sollecitare impulsi e stimolare i sensi di piccoli pazienti che spesso sono costretti dalla malattia all'immobilità assoluta.

A Nazareth il gruppo comasco ha fatto anche conoscenze interessanti, incontrato nuovi amici che hanno già veduto Como e desiderano tornare nei luoghi che hanno dichiarato di apprezzare molto. Un'altra manifestazione di umanità, una stretta di mano fra mondi diversi e lontani, che diventa davvero un abbraccio caloroso quando si è realizzato il secondo obbiettivo del viaggio, la visita recando qualche piccolo dono al convento/scuola delle suore di Betania alla periferia di Gerusalemme. Qui, attraverso le loro testimonianze, abbiamo appreso quanto sia possibile fare per dare un apporto educativo ai figli dei nomadi, che vivono nel deserto in baracche spostabili con le risorse di una stentata pastorizia e qualche vendita di monili artigianali ai turisti. Ma per i loro discendenti non ci sono scuole né possibilità di migliorare non si dice l'istruzione generica, ma una minima conoscenza del mondo. Ecco il compito che si sono assunte le bravissime, sorridenti, efficienti suorine, portatrici di pace dove la pace è ancora un miraggio.

L'abbiamo cercata anche noi, come tutti quelli che hanno fede, nel consueto itinerario dei luoghi santi, dove talvolta si fatica ad avere la giusta disposizione d'animo mescolandosi ad una folla di turisti animati soltanto dalla curiosità per ciò che si fatica a comprendere. Ma la confusione dei mercati e le troppe costruzioni, più celebrative che devozionali, dove si rinserrano i segni del passaggio e della passione di Cristo, non hanno smorzato a Nazareth la suggestione del monte Tabor, scenario della Trasfigurazione, con il convento francescano, né a Betlemme la Basilica della Natività, a Gerusalemme la Basilica della Resurrezione, il Santo Sepolcro e il Monte degli Ulivi, tanto per seguire i passi che ogni visitatore compie. Ma l'impressione di tenue dolcezza che incute il lago di Tiberiade, il rispetto che merita la devozione degli ebrei al cospetto del "muro del pianto" e la stupefacente ricchezza dei siti archeologici, fra cui spiccano il grandioso anfiteatro eretto da Erode il Grande a Cesarea Marittima, i resti di Meghiddo, la città/fortezza sulla "via Maris" che da Oriente conduceva al mare, le grotte di Qumram, la fortezza di Masada appollaiata sulla cima di una montagna espugnata dai romani lasciano non meno indelebili tracce nella memoria di questo incantevole e tormentato Paese dove aleggia uno spirito che non è solo frutto di sedimentazioni storiche.

Lo si prova, lo si sente materialmente addosso, camminando fra i dossi del deserto semiroccioso. Don Giovanni, il sacerdote che ci ha assistito spiritualmente nel viaggio, officiando una Messa su un rozzo altare di sassi, ha ammonito di abbandonarsi al silenzio che impera nel deserto. Perchè nel silenzio è percebile qualcosa di arcano. La voce di Dio, ha detto. Certo qualcosa che sovrasta le nostre esistenze: e ci fa recuperare per un attimo il silenzio che è in noi, lontani dal frastuono della vita quotidiana in città.

Alberto Longatti

 

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