CIAO DINO! |
Riccardo Di Bona nel ricordo di AlbertoLongatti
Eravamo tutti un po' tremebondi il 31 marzo 1976, nella sala del ristorante al primo piano dell'hotel Barchetta, convocati per partecipare alla cerimonia dell'insediamento del nuovo club rotariano Como Baradello. Tremebondi, noi 26 soci "fondatori" designati da rotariani del "paterno" club Como, già operante fin dal lontano 1927, perchè non sapevamo bene qual era l'impegno che ci sarebbe stato chiesto nè quanto tempo avremmo dovuto dedicare a questo impegno di carattere socio-culturale. Tutti, dicevo, ma dovrei dire quasi tutti. In realtà, se il discorso inaugurale del primo presidente, Generoso Siani, chiaro, preciso, circostanziato e proprio perciò preoccupante, aveva indotto ad allontanarsi subito due dei coinvolti nell'avventura, uno fra noi c'era che non aveva dubbi. Anzi, pareva che i compiti da affrontare, così come erano stati presentati, gli sembrassero troppo facili. Per quanti l'hanno conosciuto, credo non ci siano dubbi: chi si apprestava a sfidare spavaldamente il futuro non poteva essere che Riccardo di Bona, subito chiamato Dino senza inutili (per lui) formalità. Entrò subito nel club come una folata di vento, allegro, scherzoso, ostentando la sicurezza di un pilota esercitato a risolvere problemi di percorso e ad abbattere ostacoli. Da quel primo momento in poi, non cambiò atteggiamento. In tutte le conviviali sembrava che guidasse sempre le auto da corsa con le quali (come apprendemmo subito dai suoi vivaci resoconti sportivi) aveva macinato chilometri da una vita. Sempre in gara. Capimmo, in gara con se stesso prima che con gli altri. Con lo stesso entusiasmo attraversò come una freccia il suo anno di presidente, 1989-90: anzi, gli parve troppo breve, avrebbe voluto più tempo per realizzare ciò che aveva in mente. Lo disse lui stesso, tracciando un breve (le cose troppo lunghe lo infastidivano) bilancio dell'anno rotariano da leader appena concluso. Occorreva, sono parole sue, "svecchiare seguendo i tempi, dare corso ad iniziative di peso sociale e culturale, partecipare non solo con la quota ma anche con sacrificio di tempo (vedi volontariato), confrontarsi con uomini e culture diverse". Svecchiare, lanciare nuove iniziative, dare generosamente la propria disponibilità, confrontarsi con chi non si conosce. Questa era la sua idea di rotarianeità. Che in seguito non gli parve mai soddisfatta abbastanza. E forse, ripensandoci, aveva ragione. Alberto Longatti
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