L'ISOLA DEL RAZIONALISMO
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Appunti di Damiano Cattaneo

 

"Isola del razionalismo" è il termine, abbastanza felice, con il quale è stato individuato il comparto urbano che contrappone la Casa del Fascio alla ULI - Unione dei Lavoratori dell'Industria. "Contrappone", perché i due edifici - pur condividendo un comune programma urbanistico, la destinazione d'uso pubblica, la puntuale corrispondenza geometrica, molti aspetti lessicali cari al credo razionalista - sviluppano una sostanziale antinomia dell'espressione architettonica.
Grave e compatta, monumentale, non priva di enfasi celebrativa, di straordinario impatto emotivo non solo per la assoluta purezza delle geometrie ma soprattutto per la sensazione di grandezza che emana, la Casa del Fascio sembra voler fissare un punto fermo nel tempo e nello spazio, non ammette dubbi o ripensamenti, quasi crudele nell'accezione latina di "immanis" a voler comunicare solo certezze.
L'ULI, al contrario, articolata e diafana com'è, negazione della passione e dell'istinto, ricostruzione di una natura indistinta per trasformarla in natura ordinata dell'uomo, certamente non vuole trasmettere certezze, porre semmai domande.
Motion, l'ULI; emotion, la Casa del Fascio.
Poesia: la Casa del Fascio di Terragni,- secondo Dahl Rocha-; filosofia: l'ULI di Lingeri e Cattaneo, perché il poeta cerca la verità delle sue idee nella forma, il filosofo nel pensiero.
Io credo che questa sostanziale distinzione tra i due edifici non solo non sminuisca l'interesse del comparto, anzi rappresenti una peculiarità - se non la principale peculiarità- dell'"isola del razionalismo". Ciascun edificio diventa interlocutore e complementare dell'altro. La filosofia - osservava d'altronde Enzo Paci - è il metodo che ci permette di comprendere la poesia.
A confronto sono due mondi: la Casa del Fascio rappresenta il primo vero riconoscimento ufficiale della nuova cultura architettonica - non sono ancora realizzati l'Asilo Sant'Elia e le opere più significative della maturità di Terragni; l'ULI è ormai il commiato del razionalismo comacino in un clima di incipiente dissoluzione bellica. In mezzo corre meno di un solo decennio, ma un decennio indimenticabile che ha saputo proporre questa città ai vertici dell'architettura mondiale.
La città, sarebbe inutile negarlo, non ha accolto con unanime, entusiastico consenso le due costruzioni. La Casa del Fascio venne giudicata troppo anonima, lontana dagli indirizzi tipologici sanciti dal Concorso di Bologna del 1932, avrebbe potuto essere un generico edificio direzionale, non la sede riconoscibile del potere politico dell'epoca, priva com'è di una Torre Littoria - vero "faro" del regime - e di un'adeguata distinzione edilizia delle altre componenti funzionali, non tanto ai fini di una coerenza architettonica ma della riconoscibilità di questa tipologia. Terragni si sarebbe affrettato a ben più ortodossa risposta nel progetto della Casa del Fascio di Rebbio, rimasto sulla carta ma poi sostanzialmente riproposto in quel di Lissone. Al termine del conflitto mondiale, poi, complice la volontà diffusa di rimuovere gli spettri di un passato anche ostentatamente non più condiviso, non pochi ne auspicarono addirittura la demolizione e molti condivisero le devastazioni e la successiva deplorevole incuria cui la fabbrica per alcuni anni venne di fatto abbandonata.
Non molto dissimile, in fondo, la sorte dell'Unione dei Lavoratori dell'Industria, realizzata tra mille difficoltà, vuoi perché da più parti giudicata opera faraonica per dimensioni e dai costi proibitivi in rapporto alla destinazione funzionale prevista, vuoi per le restrizioni sui materiali impiegati imposte dalle vicende belliche. Al termine del conflitto, dopo un solo ventennio dall'ultimazione ( cui, giova ricordarlo, non seguì alcuna inaugurazione) ne venne disposta una ristrutturazione per la configurazione attuale, che ne ha mortificato le peculiarità salienti.
Cosa rappresenta l'ULI nel panorama architettonico generale e, almeno per Cesare Cattaneo - a prescindere da Lingeri -, nello specifico della sua opera ? Io credo non un punto di arrivo ma una tappa del percorso all'obbiettivo - finale e irraggiungibile, e purtroppo tragicamente interrotto - di "svicolarsi dal materialismo e riacquistare la coscienza dell'unità". Già Husserl aveva scritto che "il pericolo dei pericoli" per l'umanità era la stanchezza, stanchezza di non voler andare verso qualcosa che non fosse già stato fatto e concluso; in questo senso l'impegno di Cattaneo, documentato dalle poche opere realizzate e non solo dai numerosi scritti pubblicati, è davvero instancabile. "Il nostro spirito - osserva- non cerca di dividere ma di congiungere, cioè di estrarre dalla pluralità della materia una legge universale, dunque raggiunge la meta solo raggiungendo l'unità".E aggiunge: "Le case brutte sono quelle dove gli elementi non riescono a fondersi in una proporzione, equivalgono a quello che in chimica dici un miscuglio invece che una combinazione. Nelle case belle tutto è invece legato da una sola proporzione che ne diventa la legge lirica; e ti piacciono perché in esse vedi non i singoli elementi ma la sintesi in una proporzione generale, o se vuoi un'espressione di quell'unità che è nel tuo spirito....Io intendo per proporzioni tutte quelle che scaturiscono dalla percezione spirituale delle forme..."
Strumento per raggiungere l'unità è dunque la sintesi, quell'intuizione dello spirito che supera l'equivoco dell'approccio all'architettura con un atteggiamento della mente analitico, tipico del concetto bidimensionale di un architetto ordinatore di linee invece che di tutti i mezzi d'espressione che si possono adunare in un edificio. In buona sostanza Cattaneo ribadisce la necessità di saldare la frattura tra costruzione e architettura, tra architetto e ingegnere, memore dell'insegnamento della Scuola di Chicago, verso forme pure che fondano costruzione e architettura in un'unica espressione.
Se dovessi individuare un carattere e una peculiarità dell'ULI, segnalerei la coerenza. Coerenza nell'applicare anche nel progetto e nella realizzazione dell'opera i concetti già espressi più volte nelle relazioni e negli scritti. Quella coerenza che "fa paura a chi vegeta immerso nelle contraddizioni della materia". Quella coerenza che diventa sobrietà, di arte e di vita, che è punto di arrivo piuttosto che di partenza, che "accompagna l'ingresso nel regno finale della sintesi".
"Raggiungere un risultato - scrive Cattaneo - col minimo dei mezzi per la strada più breve...La sobrietà assoluta.. .Il famoso pudore di espressione dei classici non è poi questo infrenare ogni espressione, ogni parte dell'opera, incatenandola sempre in un più vasto ordine superiore ?"
Concetti, quelli della sintesi unitaria e della sobrietà d'espressione, sinceramente condivisi e perseguiti nelle applicazioni concrete, ma non personali.
Sobrietà. Il filosofo greco Pittaco, uno dei sette saggi, non diceva forse: "Amo la casa dove non vedo nulla di superfluo e dove trovo tutto il necessario." ?
Sintesi nell'unità. Un'arte sintesi di tutte le arti, di arte e scienza, di azione e pensiero, è anche l'auspicio di Valéry e certamente in Paul Valéry la cultura degli anni '30 individua uno tra i maestri di più convinta adesione. L'esigenza di un rapporto interdisciplinare tra le arti, l'esigenza di una loro più profonda unità, tra poesia e musica ma anche tra musica e architettura è una costante del pensiero di Valéry; la matematica, l'astronomia, le scienze lo affascinano: i miti sono Leonardo, Novalis (si ricorderà la passione di Novalis per la matematica e per la fisica), Wagner. Resta curiosa a riguardo la composizione "Anphion" ad opera di Arthur Honegger, che tenta di "fondere" poesia architettura e musica.
In Lingeri e Cattaneo sembra appunto più accentuato l'influsso di Valéry che non quello - allora imperante (anche perché più facile da mettere in pratica) - di Matila Ghyka, più convinta la sintesi universale, con specifica applicazione alle molteplici dimensioni del tema architettonico, che non quella squisitamente formale di un proporzionamento geometrico fondato sul ricorso quasi meccanico al rapporto aureo.
"La struttura dell'architettura è l'architettura della struttura.- scriveva Rogers - ...significa che la caratteristica tipica dell'architettura è l'ordinamento dei suoi elementi di sostanza: è l'armonia spirituale della materia fisica."
D'altra parte, anche Auguste Perret ha sostenuto che la composizione di una ossatura è importante perché sta alla costruzione come lo scheletro all'animale: "è questa la base stessa dell'architettura. Se la struttura non è degna di rimanere in vista l'architetto avrà assolto male alla sua missione."

Damiano Cattaneo
19.04.2010

 

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