IL MONDO FINIRA'… PRIMA O POI
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Non so voi, ma personalmente ho le idee molto confuse sullo stato del pianeta. O meglio, sono abbastanza convinta che la situazione sia grave, ma non ho ancora capito se l'apocalisse ci colpirà nel 2012 o tra vent'anni  (il che potrebbe interessarci da vicino) o se avremo ancora il tempo per trasferire problemi (certi) e soluzioni (forse) ai nostri figli.  E ancora:  dovremo soccombere a causa del comportamento scellerato dell'umanità attuale e precedente (intossicazione, soffocamento, ustioni, annegamenti…) o, risparmiati per bontà divina da una fine lenta ma inesorabile, verremo colpiti dal meteorite che sta preoccupando ora i nostri astronomi?

Cerco di informarmi cautamente, attingendo notizie qua e là ma privilegiando fonti autorevoli e scientifiche,  senza prestare troppa attenzione a quei media che fanno "terrorismo ecologico". Ho anche un po' seguito i lavori della recente conferenza di Copenhagen, confidando ingenuamente sul fatto che le Nazioni Unite accertassero la gravità della situazione e conseguentemente adottassero provvedimenti adeguati. Non voglio commentare i risultati di COP 15, perché mi inoltrerei nei meandri della politica, quand'anche economica, che finge di voler trovare soluzioni globali mentre, con difficoltà, riesce a guardare poco al di là dei propri interessi locali .

Allo stato attuale i miei approfondimenti portano a queste riflessioni:

- l'Organizzazione mondiale di Meteorologia conferma un aumento medio della temperatura globale di 0,75 gradi dal 1900 ad oggi, con gli anni più caldi concentrati nell'ultimo decennio. Una delle conseguenze è il ritiro dei ghiacciai, con dati significativi che ci dimostrano come, dal 1850 al 2007, la loro superficie si sia dimezzata. Un bel punto fermo, quindi, che ci fa ipotizzare fenomeni di desertificazione, Maldive risucchiate dall'Oceano, Venezia sommersa definitivamente e maggiori difficoltà di balneazione a Rimini, dove con il famoso tram di Govi dovremmo affrontare un viaggio interminabile. Ma poi un'altra autorevole ricerca ci informa che nel 1940, con temperature più basse che ai giorni nostri, le radiazioni solari erano più forti a causa della minor presenza di aerosol  (eufemismo per definire le sostanze inquinanti nell'atmosfera), causando lo scioglimento più rapido dei ghiacci. E allora: dovremo adottare maschere antigas  auspicando che "l'aerosol" - che siamo in grado di produrre senza fatica - ci protegga sempre maggiormente dalle radiazioni solari, rallentando così i processi di desertificazione? Oppure rendere l'aria più respirabile, riducendo la fascia di inquinanti nell'atmosfera, con il rischio di essere arrostiti dalle radiazioni solari rafforzate, sempre che non si venga prima  sommersi dalle acque dei ghiacciai sciolti?

- E' pressoché unanimemente accettato che sia indispensabile ridurre le emissioni di CO2 , responsabili dell'effetto serra.  Abbiamo appreso anche nel corso della Lezione aperta che tutte le soluzioni adottate per il contenimento energetico - se pur necessarie anche per affermare il nostro rispetto per il Pianeta - possono produrre solo l'effetto della classica goccia nel mare. Bisogna passare a fonti  energetiche alternative meno inquinanti e a tecnologie innovative che riducano le emissioni, ma qualunque sia la soluzione adottata sarà molto costosa. Come potranno quindi i paesi cosiddetti emergenti, che hanno talvolta gravi problemi di sopravvivenza delle loro popolazioni, affrontare investimenti gravosi per risolvere l'attuale situazione del Pianeta, di cui non si sentono responsabili? La scelta sarà comunque quella di migliorare la qualità della vita, ma sarà arduo dare priorità all'ambiente quando i bambini muoiono ancora di fame.

Il quadro è a dir poco sconfortante e la soluzione dei problemi non può essere ulteriormente rinviata. Non c'è più spazio per "integralisti ambientali" o "negazionisti del problema": bisognerà trovare strade intermedie che possano conciliare gli interessi umani con quelli dell'ambiente (che poi alla fine sono una sola cosa),  tenendo conto di  dinamiche economiche e di potere che non potranno essere sottovalutate. Un compito difficile per chi deve decidere, che ha tuttavia compreso che la minaccia esiste e va affrontata.

Molti sostengono che una politica di contenimento dei consumi energetici e di utilizzo di risorse non inquinanti offra più vantaggi che sacrifici, garantendo - oltre che una migliore qualità della vita - nuove opportunità di lavoro. Questa affermazione mi pare, per il momento, l'unica che abbia trovato consenso pressoché unanime, anche se ancora poco praticata.

Ciascuno di noi, tuttavia,  può applicare soluzioni coerenti con quelle che chiediamo ad altri di adottare, pur consapevoli di portare "gocce al mare": ridurre anche di un solo grado la temperatura dei nostri ambienti spesso surriscaldati, evitare il congelamento da condizionatori d'aria, utilizzare impianti e tecnologie a basso consumo energetico, rinunciare a girare in città con auto sempre più ingombranti e dai consumi comunque assurdi, ridurre gli sprechi.. Possiamo fare in realtà molto di quel poco che contribuisce a risolvere i problemi e non dobbiamo tirarci indietro, facendo nostro il monito del filosofo Hans Jonas: "Agisci in modo che le conseguenze delle tue azioni siano compatibili con la permanenza di un'autentica vita umana sulla terra."

Buon anno a tutti!

Angela Corengia

 

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