Eli Riva - segni in Città |
02 Apr 2025 | |||
RIUNIONE DEL 2 APRILE 2025
La figlia Giovanna in un percorso in città per trovare le opere realizzateda da Eli Riva Nell'immagine: Daniele Roncoroni con Giovanna Riva Giovanna Riva si sta dedicando alla memoria del padre Eli, grande artista. Ci presenta uno dei libri da lei realizzato “Eli Riva – 1921-2007 – Segni nel territorio” e le slide mostrano alcune delle opere che vi sono pubblicate. Gillo Dorfles di lui scrisse: “Ha lavorato troppo. E non si è dedicato a curare la sua immagine”; così è stato, lui di se’ diceva “desidero tanto lavorare nella vigna del Signore” e non si è preoccupato di lasciare altro che le sue opere. A 17 anni va a bottega come cesellatore e a Milano, negli anni di guerra, frequenta, come studente lavoratore, le Accademie serali (Brera, "del Castello"), conseguendo nel 1944 il diploma presso il liceo artistico di Brera. Le slide mostrano le prime sue opere giovanili (1939-40), le Aquile sulla facciata della Questura di Como che gli furono commissionate dagli esponenti locali del regime. Nel 1950, a 29 anni, realizza una scultura visionaria di porfido egizio con richiami di Brancusi e Medardo Rosso: da qui inizia a coltivare l’idea di realizzare sculture “spaziali”, senza basi. Sempre dei primi anni Cinquanta (52-53) la Via Crucis realizzata a cesello, ideata per una piccola chiesa di Madrona (suo paese d’origine) e dal 2018 a Sant’Agata: l’originalità dell’opera è che su una lastra di 7 mq. di rame sono riportate tutte le stazioni della Via Crucis, solo volti che creano un percorso circolare. La primissima opera di commissione pubblica (54) è costituita dai putti della fontana di Villa Olmo, che avevano subito una grave usura nel tempo e rifece totalmente su disegni originali. Numerose sono le opere commissionate da privati, che abbelliscono gli androni dei nuovi fabbricati sorti con il boom edilizio o le abitazioni (colonne e panchine, portoni, pavimenti in mosaico, pannelli,), cui appartengono anche le “piastre”, opere di rottura. Realizzate negli ani 56-57 su incarico di professionisti (arch. Luigi Zuccoli, ing. Gianni Mantero), sono lastre grezze organizzate in piani tenute insieme da bulloni a vista, un’incursione nell’astrattismo. Interessanti poi i “ritratti” di amici famosi (tra cui Aldo Galli, Sant’Elia, Giuseppe Scacchi, Luigi Palma) scolpiti con materiali diversi e un’opera considerata “storica: il portale della Parrocchiale di Chiasso. Abbandonati i canoni classici, con il piano diviso in quadri, realizza una superficie unica che accoglie il discorso figurativo. Riva ricorda poi che sono passati cinquant’anni dal progetto per la riqualificazione di Piazza Cavour, vincitore del concorso a inviti indetto dal Comune di Como. Un progetto che Eli Riva considerò “fatto di nulla”: risanamento della superficie e pavimento di masselli di marmo colorati per accogliere la vita dell’acqua, con i disegni delle panchine. In Duomo realizza interventi sull’altare maggiore: il tabernacolo – in argento dorato – e la predella ai piedi dell’altare in legno intarsiato a colori. All’Università dell’Insubria di Como l’epilogo del suo pensiero: per ricordare Francesco Casati realizza un’opera senza base, come inseguiva dalla giovinezza, che condensa il progressivo passaggio dal figurativo all’astrattismo: scultura che vive nello spazio e si fa architettura e viceversa. Il tempo scorre via velocemente, ci sarebbe ancora molto da dire. Ma Giovanna Riva rimanda al libro citato per chi di noi volesse continuare a conoscere Eli Riva, considerato l’ultimo erede dei “magistri cumacini” per quel suo lavorare il marmo “a taglio diretto”, come gli scalpellini delle valli lombarde. Angela Corengia
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