Il Carnevale di Schignano |
13 Mar 2024 | |||
RIUNIONE DEL 13 MARZO 2024 Una tradizione antica del territorio nella relazione di Gerardo Monizza
Al Ristorante Gesumin, il Carnevale di Schignano è stato oggetto delle relazioni di Gerardo Monizza, editore e autore di un piccolo studio sui significati del Carnevale (ha sottolineato proprio l'aspetto di un evento che coinvolge tutta la gente di Schignano) e Stefania Padrazzani, ingegnere, teatrante, ricercatrice, ma soprattutto schignanese (che ha scritto un ormai introvabile libro molto specifico sulle modalità straordinarie di un Carnevale studiato da storici e antropologi). Riportiamo il contributo trasmesso da Monizza, che ringraziamo. Il carnevale di Schignano, paese sulla sponda occidentale del Lario, è una manifestazione tra le più originali del nostro territorio; sicuramente tra le più antiche; certamente la più ricca di vivacità. Non è un carnevale tradizionale (insomma con mascherine e coriandoli...) benché proprio alla tradizione si ispirino i momenti più "magici" del suo lungo percorso. E’ una rappresentazione popolare, che anima le strade del paese, nel tempo che va dalla notte dell’Epifania fino all’alba del giorno delle Ceneri. Ecco, l'evento inizia nelle case: sono giorni di lavoro, quando si preparano maschere di legno e costumi; anche giorni di divertimento nelle osterie, sempre luoghi di riunione, un tempo esclusivamente maschili ma finalmente aperti anche al mondo femminile. Il Carnevale di Schignano è antico (ma non si sa quanto) e ricco di significati. In particolare, si mettono in scena ricchezza (i bej: riccamente vestiti, con pance enormi, cappelli piumati e colorati) e povertà (i brüt: una tuta da lavoro, una vecchia valigia vuota, una seggiola per riposare...) sotto il controllo della sigurtà (ovvero la "legge"). Ora è uno spettacolo aperto al pubblico; un tempo era una rappresentazione destinata agli abitanti del paese che, di anno in anno, potevano assumere, in maschera, anche ruoli differenti. Non esiste un copione; non si segue un vero schema; c’è una sorta di canovaccio non scritto trasmesso oralmente, che spiega come i personaggi si debbano muovere; tutti sono “muti” tranne la ciòcia (che brontola da mattina a sera ed è interpretata da un maschio). Gerardo Monizza
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