"Lezione aperta" in memoria di Franco Bocchietti
01 Mar 2023

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1 marzo 2023 - "Fine Vita: parliamone - I diritti del malato, le cure palliative, il fine-vita volontario


Relatori : Massimo Rossi - Luca Moroni – Giuseppe Anzani - Maurizio Mori – Giovanni Agterberg

Moderatore: Marco Guggiari

 

Serata aperta al pubblico, in biblioteca, promossa e organizzata da Giovanni Agterberg e dedicata a un tema che suscita pareri contrastanti, spesso per effetto di una carente informazione. Moderatore della serata Marco Guggiari che apre con una riflessione: il fine vita può essere rappresentato con un quadrato i cui lati sono la sofferenza, la giurisprudenza, la vita del paziente e la bioetica. Qui si discute su due versanti: le terapie di sostegno che accompagnano gli ultimi giorni del paziente e l’aspetto legale. Cede quindi la parola all’avocato Massimo Rossi, difensore di Marco Cappato. La sua esperienza processuale (DJ Fabo) lo porta a considerare nel tempo i diritti dei malati trascurati, se non violati. Solo oggi la situazione è un po’ migliorata. Chi decide di porre fine alla sua vita con il suicidio assistito ha poche norme, tra cui l’articolo 32 della Costituzione quando recita “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. La sentenza 242/19 della Corte costituzionale si è pronunciata (nel processo per DJ Fabo) sul suicidio assistito, dopo aver inutilmente atteso che il Parlamento si occupasse della questione. Altra fonte normativa è quella del testamento biologico (L. 219/17), che detta norme sulle “disposizioni anticipate di trattamento” (DAT). In nessun caso si può parlare di un diritto sancito all’eutanasia. Il disegno di legge in fase di stesura sta regredendo rispetto alla sentenza 242. Le condizioni devono essere la presenza di sofferenze fisiche e psichiche e chi vuole percorrere una soluzione ha tre scelte.

-       La prima: in forza della legge del 2017 il paziente può rifiutare le cure e il medico deve accompagnare la malattia con cure palliative (comprese alimentazione e idratazione); muore con sedazione profonda, ma la soluzione non rispetta la dignità. Non si sa quanto durerà in vita sedato, con i parenti che - se presenti - assistono all’agonia.

-       La seconda soluzione è cercare l’applicazione dell’articolo 32 insieme con la sentenza 242: si può aiutare a suicidarsi (in 30 secondi si muore ma il paziente deve essere in grado di assumere la sostanza). Il suicidio assistito non è tuttavia accessibile a tutti; nelle Marche ci hanno messo due anni ad avere istruzioni dall’Asl sulla sussistenza dei requisiti e tipo di farmaco e Carboni ha avuto infine la dignità di morire in 30 secondi.

-       La terza scelta: la stessa cosa succede all’estero dove ci sono tuttavia dei costi, per esempio fissati dalla legge svizzera per il suicidio assistito. Cappato ha aiutato ed è sancito che può accompagnare.

Luca Moroni è il secondo relatore: è direttore dell'Hospice di Abbiategrasso e per molti anni è stato presidente della Federazione nazionale Cure palliative. Esordisce ritenendo le tre vie indicate da Rossi difficili da perseguire. Le cure palliative sono state introdotte con la legge 38 del 2010 e rispondono all’esigenza dettata dalla costituzione del “diritto alla salute”; è stata una legge innovativa, ancora oggi tra le migliori al mondo se pur già vecchia. Non si parla solo di terapie farmacologiche, ma di tutela della dignità della persona, per migliorare il più possibile la qualità della vita sia del malato in fase terminale - o cronico - che della famiglia. Introduce il criterio che il paziente va curato a prescindere dalla guarigione (la sofferenza non è più inevitabile): è necessaria la presa in carico secondo i suoi bisogni (quindi ridefinizione della rete assistenziale) e tenendo conto del contesto in cui vive. Gli Ospedali sono ancora il primo posto dove le persone terminali muoiono (in genere ci arrivano in fase acuta) e gli Hospice non hanno una diffusione omogenea in Italia. Grazie anche alla presenza di associazioni che si occupano di assistenza domiciliare, il nostro territorio garantisce elevati sistemi di cura, ma non è così ovunque. Molto si sta però facendo grazie al DM 77 del 22 con la riorganizzazione dei sistemi sanitari territoriali. La legge citata da Rossi sulle DAT può essere considerata una seconda norma legata alle cure palliative. Moroni si sofferma poi ad analizzare i contenuti della legge 219, in particolare riferibili a salute, dignità e autodeterminazione, alla fiducia tra paziente ed equipe sanitaria, al coinvolgimento della famiglia, alla comunicazione, alla definizione di un perimetro che il medico deve rispettare, al diritto di revoca delle scelte (che in caso di rifiuto alle cure prevede comunque una presa in carico). Quando il paziente conosce la propria patologia e condivide il piano terapeutico, operando le scelte opportune, non si parla di DAT, che sono “disposizioni anticipate” che in genere si lasciano quando si è in salute. Altre innovazioni introdotte sono l’attenzione alla specificità pediatrica e la semplificazione delle procedure di accesso ai medicinali per la terapia del dolore.

E’ poi la volta del Dottor Giuseppe Anzani, presidente emerito del Tribunale di Como, che molto si è dedicato all’argomento. Il “fine vita” presuppone l’essere vivi. Tutti vorremmo un lieto fine, ma la fragilità della vecchiaia, per esempio, non sempre è al centro dell’attenzione. Anzani ama la vita e sente la morte come un nemico, un errore. E’ quindi sorpreso dall’idea di dover anticipare la morte e cita Sartre: “la morte è la perdita del divenire”. Nel mondo, prima di considerare il fine vita c’è il problema di arrivare a un’età decente e la medicina – peraltro non accessibile a tutti – cerca di contrastare la distruzione dell’essere. Rivolgendosi ai relatori che l’hanno preceduto – e che appoggiano la libertà di uscire dalla vita – ricorda la partita a scacchi con quattro mosse:

-       la pietà: il malato senza speranza, dolorante, accompagna l’idea della morte;

-       l’autodeterminazione: capire cosa si sceglie (bene o male);

-       la suggestione: l’eutanasia viene prospettata in modo eroico; il rifiuto di sospendere la nutrizione è il solo modo efficace per morire;

e infine una riflessione maturata durante il Covid: che senso ha far finire la vita? Con Sartre condivide l’idea che il suicidio non sia né una soluzione né un atto eroico, perché la morte è assurda e priva di senso. Per concludere cita Padre Davide Turoldo: “..con quale passione, vita, ti amavo e ora con la morte, ultimo dovere, vorrei sdebitarmi e pagare lietamente il pedaggio d’entrata”.

Giovanni Agterberg si definisce uomo pragmatico e lo è anche sul fine vita. Cita velocemente dati che riguardano l’eutanasia nel mondo e la genesi della legalizzazione dell’assistenza a morire. Analizza poi i criteri che il medico deve rispettare prima di accogliere una richiesta di eutanasia (requisiti di accuratezza) e altri criteri che devono essere rispettati.

Propone poi argomenti pro e contro l’eutanasia basati su una raccolta di informazioni da operatori sanitari, pazienti e familiari e chiude rapidamente il suo intervento (che per intero è riportato nella sezione HOME/INTERVENTI SOCI nel sito http://www.rotarycomobaradello.it/) per dare spazio al professor Mori. Anche quest’ultimo ha fatto avere un testo (sempre riportato in calce a quello di Agterberg), ritenendo di non aver affrontato in maniera esaustiva l’argomento, preferendo commentare le tesi del Dottor Anzani, che ritiene totalmente sbagliate. Viviamo in un mondo diverso da quello che cita il dottor Anzani. La rivoluzione biomedica controlla il mondo organico, con una vita prolungata: oggi si parla di inizio vita e fine vita, non più di vita e morte. Nel fine vita si hanno problemi diversi da quelli della vita, perché – per esempio – si soffre senza speranza, condizione peggiore della morte. Per il bene delle persone non si devono verificare situazioni estreme senza libertà, come per lungo tempo è accaduto a Eluana Englaro: la vita esige prospettive. Una replica di Anzani che ravvede incoerenza in quanto asserito da Mori: se la vita è mia e voglio essere libero di decidere, non sto considerando che la vita è fatta di relazioni. Secondo la fede di Anzani la morte non esiste, perché la vita è per sempre. Mori è allineato sul concetto di relazioni e, a maggior ragione, chi mi sta vicino non potrà che condividere le mie scelte. Stiamo affrontando un mondo nuovo.

Moroni ha una visione laica delle relazioni, con scambio di pensieri, emozioni e affetti che le cure palliative salvaguardano, tutelando il tempo di vita e riportando valore alla persona malata. Pochi i casi in cui le cure palliative non risolvono e la sofferenza diventa intollerabile, il che fa affermare che non sono la soluzione sul fine vita.

Angela Corengia

 

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"Il Catalogo del mondo: Plinio il Vecchio e la Storia della Natura " Massimiliano Mondelli
Inizio: 08.05.2024, 14:00
Luogo: Dopo le visite alle mostre pranzo conviviale al ristorante Antica Darsena
Visita in S.Pietro in Atrio e Broletto con Massimiliano Mondelli presidente dell'Accademia Pliniana

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