Johannes Agterberg: "Fine vita: parliamone"
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Lezione aperta in memoria di Franco Bocchietti - Relazione sul tema: Fine-vita - parliamone

 

Johannes Agterberg

 

IL FINE – VITA VOLONTARIO NEL MONDO

 

Sarà la mia esperienza imprenditoriale e di essere nato e cresciuto nei Paesi Bassi perché il mio approccio nel realizzare un progetto si basa soprattutto su dati e fatti da fonti attendibili. Lo stesso principio ho applicato quando ho iniziato circa 10 anni fa lo studio sul tema eutanasia e assistenza medicalmente assistita in seguito eutanasia.

 

Prima di iniziare con gli argomenti sensibili un po' di dati e il contenuto delle leggi

L’eutanasia è legalizzata in 11 paesi e 10 stati americano con una popolazione complessiva di circa 440 milioni di cui 240 milioni in Europa più della metà della popolazione dell’Unione Europea. Sono in discussione in altri paesi proposte di legge tra cui 10 stati americani e Argentina. In altri paesi la discussione è avanzata come in Francia e il Regno Uniti.

 

Le persone che sono deceduto in seguito all’eutanasia soffrono per circa 60/70% di tumori, seguito da affezioni cardiache e polmonari e la poli patologia. Dove è permesso l’eutanasia di malati mentali e psichiatrici i casi non superano il 2%.

La grande maggioranza muore nella propria residenza e l’età media si avvicina a 80 anni.

 

Ma come nasce la legge che permette l’eutanasia a morire?

La legalizzazione dell’assistenza a morire è un processo lungo. Inizia con tiepidi dibattiti, un dialogo tra sordi tipo “La nostra opinione è questa e deve valere per tutti”, la nascita di movimenti pro-eutanasia, i sondaggi (quelli statisticamente validi), mostrano una crescente posizione dei cittadini a favore delle legalizzazione, lo spostamento dalle ideologie alla messo nel centro della discussione il malato che soffre, le sentenze di Corti Supreme che permettono l’eutanasia rispettando rigidi criteri di accuratezza e finalmente il legislatore decide di intervenire promulgando una legge. Questo punto è confermato dal fatto che in tutti i paesi in cui oggi è in vigore una legge che consente l’eutanasia, già prima dell’approvazione della legge i sondaggi fatti avevano rilevato che più del 70% dei cittadini era favorevole alla legalizzazione della pratica. A stare alle rilevazioni diffuse, l’80% dei cittadini italiani è a favore di una legislazione che consenta l’eutanasia, e questa percentuale sembra essere in continuo aumento. A ben considerare la situazione, da questa cifra si deduce che una minoranza del 20%, tiene in scacco una larga maggioranza.

 

Per quanto riguardo il dialogo quando si discute sulla vita, è impossibile continuare il dibattito, perché i contendenti rimandano a “orizzonti valoriali” incompatibili, e non è possibile neanche il confronto perché vedono mondi diversi e realtà opposte. A volte è la “guerra culturale, mentre altre volte è la pacifica convivenza tra “stranieri morali” che vivono gli uni accanto agli altri cercando di collaborare su altre tematiche e di non urtarsi sulle questioni circa la vita, sulle quali il contrasto resta insoluto.

 

La legislazione

Analizzando le leggi o in alternativo le sentenze, si nota in grandi linee un’omogeneità tra, da me definiti, i criteri di accuratezza, che il medico deve rispettare prima di accogliere una richiesta di eutanasia.

I requisiti di accuratezza, comportano che il medico:

  • abbia avuto la piena convinzione che si trattava di una richiesta del paziente ben ponderata e ripetuta nel tempo:
  • sia convinto che per il paziente si trattava di sofferenze insopportabili e senza prospettive di miglioramento,
  • abbia informato il paziente della situazione clinica in cui si trova e sulle prospettive che ne derivano,
  • sia giunto alla convinzione, insieme al paziente, che nessun’altra soluzione fosse ragionevole per lo stato in cui si trova,
  • abbia chiesto il parere di un altro medico o collegio di medici indipendenti che abbiano visitato il paziente e abbiano scritto il loro parere sui criteri di accuratezza
  • abbia eseguito scrupolosamente, dal punto di vista medico, l’eutanasia

Esistono altri criteri tra altro

  • Il paziente è residente nel paese/stato;
  • È maggiorenne;
  • È previsto l’obiezione di coscienza;
  • Hanno accesso solo pazienti con malattie somatiche con qualche eccezione;
  • Il decesso è previsto entro un certo periodo:
  • Il malato deve redigere una richiesta scritta in presenza di testimoni;
  • Per pazienti non più in grado di esprimere la loro volontà, può valere le disposizioni anticipate di trattamento le cosiddette DAT.
  • Esistono tempi di attesa tra richiesta e applicazione dell’eutanasia.

 

Legiferare per introdurre l’eutanasia significa anche mettere fine alla pratica dell’abusivismo. Qui mi riferisco naturalmente ai medici compassionevoli che insieme al malato e preferibilmente con i suoi cari decidono di mettere fine alla sua esistenza indegna. Non sono disponibili dati attendibili perché ricerche per quantificare il fenomeno non esistono in Italia- Si stima però che siano migliaia di casi.

Gli argomenti contro l’eutanasia e la risposta

L’analisi che segue è basata su innumerevoli incontri con medici che applicano l’eutanasia, i familiari di malati deceduti a causa dell’eutanasia, quella più emozionante era l’intervista alla madre di Britney Mainard, il caso che ha fatto il giro del mondo, l’intervista ai politici, presidenti e membri delle Commissioni di Controllo Eutanasia in Belgio e Olanda e la lettura dei giudizi di dette commissioni e gli incontri con attivisti da tutto il mondo. Ho letto centinaia di storie e racconti, spesso strazianti, riguardo i malati che soffrono in modo infernale senza la minima speranza di miglioramento. Quello che mi ha colpito di più oltre l’attenzioni per il malato le cure anche palliative da medici, infermieri e soprattutto la famiglia è il sollievo dei familiari non perché sono contenti che se ne è andato ma finalmente non soffre più. Nessuno è abbandonato, considerato uno scarto o un peso economico, proprio come auspicato da Papa Francesco.

 

Riguardo le cure palliative, come esposto così chiaramente da Dott. Moroni, segnala qualcuno mi ha chiesto ma qual è la differenza tra la separazione profonda continuativa o permanente o terminale e l’eutanasia. Nei due casi si tratta di una decisione medica, con il consenso del paziente, che nei due casi causa il decesso. Devo ammettere che non lo so.

 

Passiamo agli argomenti contro l’eutanasia

Come detto prima non parlerò di ideologie o posizioni religiosi

L'argomento più importante usato dagli anti-eutanasia, in tutto il mondo secolarizzato, è il pericolo del pendio scivoloso. Evocare che esiste un pendio scivoloso, significa rivendicare che una certa azione può causare una serie di eventi sequenziali negativi, che spaventano: e questa è la mossa che risulta molto efficace. per esempio: se si legalizzasse l’eutanasia, col tempo si scivolerebbe inesorabilmente verso l’eutanasia non-volontaria prima e poi anche verso quella involontaria, cioè terminare i pazienti anche contro la loro volontà.

Si teme una crescita virtualmente indefinita del ricorso all'eutanasia per tutti i casi di “vita costosa” per la collettività, come esempio i neonati malformati, i minori, gli anziani dementi o i malati psichiatrici, e via dicendo. Una dinamica questa che rischierebbe di produrre effetti particolarmente marcati tra le persone economicamente più svantaggiate. Poiché l’essenza dell’affermazione del pendio scivoloso sta nell’idea che, una volta che ci si mettesse sulla cima del pendio, non saremmo poi più in grado di impedirne la discesa, la risposta ovvia è che si deve evitare di salire sulla cima, ossia in termini più espliciti, che si dovrebbe evitare di ammettere sin dall’inizio l’eutanasia.

Al centro dell’affermazione del rischio del pendio scivoloso, quindi, c’è un radicale pessimismo riguardante la nostra capacità di regolamentare efficacemente il comportamento: a ben vedere non siamo capaci di individuare e sorvegliare i confini tra il comportamento accettabile e quello inaccettabile.

Quello sopra presentato è una formulazione breve dell’argomento del pendio scivoloso. Si tratta ora di controbattere la tesi di chi usa il pendio scivoloso per contrastare la legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio medicalmente assistito, e al riguardo credo possano essere considerati i seguenti argomenti.

 

Le argomentazioni per controbattere le tesi dei “pendio scivolisti”.

Quando si considera la questione del fine-vita, va sottolineato che di solito le leggi che introducono l’eutanasia sono approvate a larga maggioranza da parlamenti eletti democraticamente. Analizzando dette leggi, le memorie, i resoconti delle sedute parlamentari e le linee guida per i medici, si nota chiaramente la preoccupazione dei parlamentari per evitare che si verifichi una deriva di qualsiasi natura nel senso indicato dal pendio scivoloso. A questo proposito si può rilevare che pressoché ogni legge riguardante la morte volontaria contiene precisi paletti o rigorosi requisiti, come già da me esposti, che il medico deve seguire quando procede alla pratica dell’eutanasia: tutto questo viene specificamente previsto proprio al fine di prevenire (e annullare) il pericolo del pendio scivoloso. l’analisi della documentazione in mio possesso mostra che i pericoli paventati sono ben lontani e che il criterio della volontarietà viene rigorosamente rispettato. In questo senso, il richiamo al pendio scivoloso non pare suffragato dai fatti.

 

Dall’analisi dei rapporti periodici emessi dalle istituzioni sanitarie locali predisposte, riguardanti la corretta applicazione delle leggi, si evince che non risultano casi di eutanasia non volontaria. Certo ci sono state diverse circostanze in cui alcuni medici (per esempio nei Paesi Bassi) hanno violato i requisiti di accuratezza previsti dalla normativa. Tuttavia, tali casi sono o archiviati o i medici sono stati tutti assolti dai relativi tribunali perché si trattava di infrazioni minori p.e. la dose del farmaco letale era diverso da quella consigliata

 

Che le normative incluse nelle leggi, per evitare il pendio scivoloso, funzionino lo si deduce dal fatto che, nel mondo intero, non ci sono stati medici condannati per aver violato le norme sull’eutanasia (escludendo, ovviamente, i medici che infliggono la morte per loro ragioni criminali: situazioni che non vanno affatto confuse con quelle esaminate).

 

Riguardo l’eutanasia non volontaria studi hanno fatto emergere che in molte situazioni la causa dell’eutanasia non sta tanto nel fatto che l’interessato non abbia esplicitamente dato il consenso, ma piuttosto nel fatto che il medico non intendeva affatto accorciare la vita né che il trattamento medico intrapreso avesse l’obiettivo di accorciare la vita. I dati a disposizione non confermano affatto che ci sia una pericolosa tendenza che ci fa scivolare verso conseguenze indesiderate o aborrite.

 

Alimentare il dubbio che nessun insieme di controlli o restrizioni è in grado di garantire con assoluta certezza l’esclusione di un qualche singolo caso di abuso. Nessun sistema di regolamentazione è perfetto, e quindi non è possibile dare l’assoluta assicurazione che tutto fili sempre liscio e che non ci siano abusi. È per questo che i pendio scivolisti richiamano con forza il cosiddetto “principio di precauzione” al fine di sostenere lo status quo. Infatti, il precauzionismo è invocato nella sua versione più forte e conservatrice, quella per cui va precluso ogni cambiamento finché non sia dimostrato che fare un passo verso l’ignoto sia sicuro al 100%. Poiché questo grado di certezza non è raggiungibile, siamo condannati a non far niente.

 

Applicato ai temi di fine-vita, questo significa continuare nello status quo che vieta l’eutanasia. Il risultato di questa mossa retorica è che non solo l’eutanasia risulta impossibile per quei pazienti che vogliono una morte medicalmente assistita al fine di evitare a loro le sofferenze infernali, ma anche che riescono a escludere quel più ampio gruppo di pazienti che potrebbe essere rassicurato e confortato dalla consapevolezza che l'eutanasia sarebbe per loro un’opzione nel caso in cui le loro sofferenze diventassero insopportabili in futuro.

 

Secondo i pendio-scivolisti l’eutanasia porterà inevitabilmente alla soppressione delle persone contro la loro volontà per ragioni economiche, cioè per evitare spese nella fase del fine-vita. Questa supposizione, però, non tiene conto del fatto che le procedure per l’eutanasia suppongono la partecipazione e/o la collaborazione unanime di vari medici e di altri operatori sanitari. Il punto è importante importantissimo perché fa emergere la presenza di un controllo reciproco che è garanzia di correttezza. Diventa difficile pensare che un gruppo di operatori sanitari tra loro indipendenti convenga nell’ipotesi di uccidere una persona per “risparmiare”.

Questa considerazione non considera poi l’elevato standard etico-deontologico che solitamente caratterizza la classe medica: a volte in Italia si tende a sottovalutare quest’aspetto, che invece è molto sentito e valorizzato all’estero, me essa ha un notevole peso al punto che il non considerarla può suonare offensivo nei confronti della professione medica e del senso di correttezza al riguardo.

 

Nelle situazioni di fine-vita, i più fragili e vulnerabili sono coloro che più soffrono: chiedono la morte assistita proprio per evitare queste sofferenze che fa paura di più della morte. Il divieto di eutanasia non è una misura che protegge i vulnerabili, ma al contrario è un modo con cui i non-vulnerabili impongono ai vulnerabili (a chi soffre) di non uscire dalla loro condizione miserevole.

 

La stanchezza di vivere

Considerando che esista una confusione, anche creata da giornalisti ignoranti dell’argomento, tra la poli patologia cioè un accumulo di malattie della vecchiaia e la stanchezza di vivere o la vita compiuta, ritengo necessario un chiarimento.

Sono in atto in Belgio e nei Paesi Bassi discussioni per mettere a disposizioni ad anziani sani, stanchi di vivere, un mezzo letale per morire come e quando vogliono. L’eutanasia di queste persone è assolutamente vietata, è un crimine.

Va detto che la non disponibilità di tale mezzo e in generale la mancanza di una legislazione, causa la ricerca disperata tramite Internet per trovare un mezzo letale di cui l’importazione è vietata. Non ci sono dati quantitativi, ma deduco che non sono pochi considerando che sono stati individuati 368 siti truffaldini.

 

Altri argomento usati dai “pendio scivolisti “sono:

  • come fa il medico accertare che le sofferenze sono infernali al momento della richiesta il paziente
  • si comincia con l’eutanasia di malati somatici, poi i malati dementi e psichiatrici, gli anziani con poli patologie, poi i minori e poi i neonati

 

In primo luogo, è il malato, ripeto il malato, che decide che soffre in modo infernale, il medico deve soltanto accertare se esistessero ancora alternative ragionevoli di un miglioramento duraturo della condizione di salute evitando l’accanimento terapeutico. Si non esistono deve accettare la volontà del paziente.

 

Sull’impossibilità di accertare l’insopportabilità delle sofferenze faccio alcune domande

Un medico di famiglia che segue per anni un suo paziente vedendo il peggioramento della condizione di salute fisica e psichica non capisce che la persone è alla fine dei suoi sforzi per affrontare ulteriori sofferenze, inoltre, in presenza di ripetute richieste di mettere fine alla vita?

Un oncologo che ha curato centinai di pazienti, non riesce ad interpretare la reazione disperata di un paziente quando propone un altro intervento chirurgico, o chemio o radioterapia che potrebbe avere solo un effetto positivo per un breve periodo?

Lo stesso vale per un neurologo che ha in cura per anni un malato di SLA.

Perché escludere i minori dall’assistenza a morire? Anche loro possono soffrire in modo infernale e sono ben capace di decidere sulla sospensione del loro trattamento medico.

Non è un atto di amore? quando i genitori decidono di interrompere le sofferenze della loro creature per esempio nata con la spina bifida e sanno che loro figlio muore entro breve o comunque va incontro a una vita non degna di questo nome?

Lascio a voi la risposta.

 

Conclusione

L’analisi fatta non è completa, anzi è limitata ad alcune delle considerazioni più ricorrenti. Ho cercato di Sostenere che la tesi del pendio scivoloso non è supportata dai dati di fatto, e anzi questi sembrano smentirla. Se quanto sostenuto ha qualche validità, allora il pendio scivoloso è una strategia retorica per riaffermare lo status quo. Il problema è che una percentuale significativa ci crede e, pur essendo minoranza, riesce a tenere in scacco il resto. L’auspicio è che la situazione cambi presto.

 

Un appello e un consiglio

Compilate tutti il testamento biologico. Certo solo il 0,4% dei cittadini italiani l’ha compilato. Chi dice che è un flop, per me è un successo strepitoso ottenuto da diecine di associazioni e centinaia di volontari. È scandaloso che il Ministro della Salute viola una legge dello stato che prescrive un’adeguata informazione dei cittadini. È scandaloso che un’associazione di volontari deve raccogliere i dati sui biotestamenti anziché detto Ministero entro 6 mesi dopo il fine di ogni anno.

Un appello ai medici: rompete per favore quel tabù che non si può parlare della morte. So che non è facile e si vuole una preparazione specifica. Ripeto non dimenticate però che una buona preparazione al fine-vita rende meno profondo e più breve il periodo il lutto per chi rimane

Finisco con una richiesto al Presidente dell’Ordine dei Medici di Como. In assenza dello Stato iniziate voi con la divulgazione delle informazioni sui diritti dei pazienti, la compilazione del biotestamento e continuare la formazione dei medici per metterli in grado di discutere sul fine-vita e aiutare i pazienti a compilare il biotestamento, Per esempio cominciate mettere a disposizioni negli studi medici, gli ambulatori e altri centri sanitari un apposito fascicoletto informativo

 

Concludo con l’affermazione dell’ex-arcivescovo di Canterbury, George Carey: fare soffrire i malati è attualmente profondamente non-cristiano.

Johannes Agterberg

 

 

 

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