La Casa del Floricoltore
05 Ott 2022

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RIUNIONE DEL 5 OTTOBRE 2022

 

La visita alla villa progettata da Giuseppe Terragni

 

Nell'immagine: Luigi Cavadini, Cesare Baj e Maria Cristina Ferrari



Ci sono angoli di Como pressoché sconosciuti ai più e la “Villa del floricoltore”, progettata da Giuseppe Terragni, è uno di questi. Il nostro presidente, dopo aver recentemente conosciuto l’avvocato Maria Cristina Ferrari – pronipote del “floricoltore” Amedeo Bianchi -, ha colto la palla al balzo per una visita, invitando una guida d’eccezione – il critico Luigi Cavadini – che proprio recentemente ha dato alle stampe un libro sul razionalismo.

La villa originariamente nasce come casa rurale (quindi in edilizia agevolata), costruita nella vasta area che raggiunge la ferrovia dove si estende appunto il vivaio del floricoltore. Arriva ad essere commissionata a Giuseppe Terragni perché il fratello Attilio cura la recinzione dell’area e originariamente i lavori, effettuati in economia, avrebbero portato ad una spesa di 60/70.000 lire, che subito lievita a 110.000 lire. Tre progetti, dal 1934 al 1936: il primo con un solo piano rialzato su un vuoto, con una struttura a palafitta che viene poi mantenuta; il secondo – obbedendo al committente - costituito da due piani sfalsati, contestato dal Comune perché sarebbero stati utilizzati materiali di provenienza straniera. L’ultimo progetto, che recepisce in toto le richieste di Bianchi, porta allo stato attuale. La struttura è un parallelepipedo con la parte a terra vuota, per un’ipotesi di serra o deposito di materiali. Senza dir nulla al progettista, il signor Bianchi fa poi tamponare il volume per ricavarne locali abitativi. La facciata ha una cornice disassata che conferisce dinamismo, come pure la scala a “cascata” con i gradoni in pendenza. Il materiale utilizzato è cemento, poi rivestito da mattoni pieni da 38 cm. La luce è portata da finestre “a nastro” laterali, che si allungano lungo tutta la parete. rotary_baradello_22_casafloricoltore2

Salendo al primo piano, Cavadini si sofferma sulla porta d’ingresso a scomparsa e sui pilastri che si ergono da terra per tutta l’altezza della casa ed “entrano” nei locali sovrastanti; la facciata, dall’esterno, è un quadro astratto poi copiata da Radice. Al secondo piano di particolare pregio un grande camino. E’ la proprietaria, Maria Cristina Ferrari, a guidarci nel suo studio al primo piano e nell’abitazione della mamma al secondo ed è davvero un privilegio di cui siamo grati.

Credo sia molto interessante ora il contributo di Alberto Longatti, che ringrazio.

Angela Corengia

 

La Casa del Floricultore, illustrata da Luigi Cavadini al gruppo di rotariani, è un esempio significativo di come le architetture di Giuseppe Terragni eseguite per volontà di committenti privati risentano pesantemente della spiccata differenza fra l’inventiva moderna del progettista e le esigenze tradizionaliste di chi l’ha chiamato per dargli l’incarico. Terragni non cercava di imprimere ai suoi progetti un presunto “stile” razional/funzionale ma operava con un suo metodo, flessibile secondo le necessità e tuttavia dotato di precisi criteri strutturali ed estetici (armonia delle proporzioni, rifiuto della simmetria, leggerezza dei volumi, trasparenza ecc.). Nel caso del fabbricato in questione, eretto su un terreno spoglio della periferia sud/ovest con tracce del precedente sfruttamento rurale, il fatto che fosse destinato all’abitazione di un floricoltore parve a Terragni da caratterizzare particolarmente valorizzando il mestiere del proprietario. Di qui la decisione di sospendere due piani abitati su una rete di pilotis liberando lo spazio a pianterreno per una parziale esposizione floricola - fiori e strumenti agricoli - come una sorta di vetrina visibile da lontano.

Le finestre a nastro opportunamente orientate avrebbero poi inondato di luce i locali destinati all’abitazione. Ma il committente voleva soprattutto sfruttare quest’ultima per sè e la famiglia, oltre a pretendere ed ottenere dal progettista varianti che migliorassero, a suo giudizio, la comodità dell’insediamento abitativo ad un costo accettabile: e decise autonomamente di tamponare il vuoto sottostante al fabbricato che così assumeva sempre più il ruolo di una elegante piccola villa borghese. Meno leggera ed elastica, certo, ma per lui più confortevole. Il risultato, che Terragni cercò invano di ripristinare secondo l’idea originaria, oggi è interessante da interpretare anche per le vicende che l’hanno contrassegnata. Non visibile da lontano e certo non identificabile in modo certo come una specifica Casa per Floricoltore, è protetta invece da una cornice di piante ad alto fusto che garantisce la privacy degli inquilini. Però, diciamolo a mo’ di conforto, protegge anche dal confronto con il disordine dell’abitato sorto in vari periodi nel vasto terreno circostante.

Alberto Longatti

 

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